È la perenne lotta tra la fedeltà a Dio e lo spirito del mondo, quella richiamata ieri mattina dal Papa. Nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, divulgata in sintesi dalla Radio Vaticana, Francesco si è soffermato sulla prima lettura, tratta dal primo libro dei Maccabei, con l’arrivo sulla scena di Antioco Epifane, «radice perversa», nuovo sovrano del regno seleucide, colui che cercò di ellenizzare Israele; e accanto a lui la comparsa di israeliti «scellerati», che propongono di svendere la propria identità per un’alleanza con le nazioni pagane vicine, «perché, da quando ci siamo separati da loro, ci sono capitati molti mali».
Le guide del popolo, ha detto il Papa, abbandonano le proprie tradizioni per andare a trattare con il re, con entusiasmo. Come se dicessero: «Siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente». Ma negoziare con il re «la fedeltà al Dio sempre fedele» è «apostasia», «adulterio». «Questo – ha rimarcato – è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità». Bergoglio ha quindi fatto riferimento a un libro a lui caro, Il padrone del mondo, scritto nel 1907 da Robert Hugh Benson, pastore anglicano convertito al cattolicesimo, che tratta proprio di «quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia». Anche oggi, infatti, si pensa che «dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente». L’esito di questo cedimento, come narrato dal libro dei Maccabei, sono però «le condanne a morte, i sacrifici umani». «E pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani?» ha detto il Papa, «se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono». «Quello che ci consola – ha concluso – è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri». Con il Papa ha concelebrato l’arcivescovo Pietro Parolin, segretario di Stato.
da Avvenire
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