I racconti del piffero, tra sorrisi e perle di saggezza



di Fabio Piemonte                                   

Una raccolta di 15 brevi storie di fantasia, piene di spunti di carattere storico e spirituale, di incursioni critiche nel contesto culturale attuale, con un tema di fondo: «Dio c’è, anche quando sta in silenzio». Freschi di stampa I racconti del piffero (Fede & Cultura) di Rino Cammilleri. «Dio c’è, anche quando sta in silenzio» e non solo per coloro che hanno occhi per riconoscerlo, cuore vigile e mente attenta a cogliere i segni della Sua presenza nella realtà che ci circonda. È questo il leitmotiv de I racconti del piffero (Fede & Cultura 2021, pp. 176) di Rino Cammilleri - firma nota ai lettori della Bussola - che richiamano nel titolo, come una dolce melodia, la sinfonia del Padre disponibile anche on demand per quanti desiderino sintonizzarsi docilmente sulle sue frequenze. È una raccolta di quindici brevi storie. C’è quella di Tobia Nicodemi, scrittore mitomane che si convince che avrebbe dovuto sparare al Papa per poter vedere un suo libro tra i bestseller con tanto di «fascetta esaltatoria». Commette quest’atto e le cose gli sembrano andare come previsto, ma «il successo genera invidia e stalker». Così, durante la presentazione di un suo libro, paga con la vita l’aver ignorato un autore desideroso di fama e successo a tutti i costi proprio come lui. In un altro racconto, invece, l’autore ironizza proprio sul fatto che i libri più venduti siano decisi a tavolino dai grandi editori prima di entrare nelle librerie e come spesso basti un bollino adesivo sulla copertina con le migliaia di copie vendute a fare di un romanzo un bestseller, a prescindere dal fatto se tale numero sia vero o falso.

Messer Jacopo degli Uguccioni è un eretico condannato al braccio secolare dell’Inquisizione, che decide di farsi preparare da un mago un elisir che gli consenta una morte apparente e un risveglio dopo cinquant’anni. Ma, anche in questo caso, le cose non vanno come l’uomo auspica che accadano perché, per grazia, la realtà è infinitamente più grande e misteriosa della sua capacità di controllarla. Così il risveglio ritarda di secoli e il protagonista viene catapultato nel contesto attuale in cui «si poteva bestemmiare anche ad alta voce per strada senza che nessuno se ne meravigliasse». Nel partecipare a un incontro pubblico sulla famigerata Inquisizione, egli finisce col tesserne un’apologia, adducendo diverse ragioni per mostrare come, al contrario della sua fama, «tale istituzione fosse mite e anche troppo misericordiosa». Eppure, quando manifesta liberamente il proprio pensiero politicamente scorretto, come accade di frequente, non constata alcuna democraticità da parte dei suoi interlocutori: «Fin lì gli era sembrato che in quel mondo si potesse parlare come si voleva, ma adesso che si era permesso di dire la sua lo si linciava». In questo racconto fanno capolino anche altri riferimenti velati ma non troppo ai temi caldi al centro del dibattito bioetico, tra cui l’eutanasia.

Nel “Dialogo tra un venditore di caldarroste e un vacanziere” spuntano interessanti aneddoti storici, tra i quali uno relativo a «Filippo II, il quale era un devoto, devotissimo: si figuri che quando un messaggero trafelato gli comunicò la vittoria a Lepanto non volle far interrompere la messa che stava seguendo. Solo alla fine, con le lacrime agli occhi, fece intonare il solenne Te Deum. Si era anche fatto aprire una finestrella nel suo studio per seguire la messa quotidiana mentre lavorava». Qui i protagonisti discutono sul ruolo della Provvidenza divina nella storia umana, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, a partire dalla propria vicenda personale nella quale riscoprire che è meglio affidarsi docilmente nelle mani di Dio e lasciare che «faccia come Gli pare», piuttosto che stare sempre a lamentarsi che le cose non vanno come si vorrebbe che vadano, pretendendo di spiegarne i motivi con ragioni umane troppo umane.

Cammilleri dissemina nei suoi racconti numerose perle di sapienza evangelica. Nel solco delle “Lettere di Berlicche” di Lewis, il diavolo custode millanta la sua capacità di rendere ogni cosa un po’ buona e un po’ cattiva, bivalente, mentre è costretto a riconoscere paradossalmente con acutezza il fine positivo che soggiace al comandamento dell’amore per il prossimo: «Ordinarvi di amare l’inamabile è, infatti, una delle tante follie di cui è pieno il Vangelo. Ma anche questa è per il vostro bene, perché è l’unica via per disinnescare la potenza distruttiva dei caratteri». In questa storia si fatica a trattenere un sorriso dinanzi alla descrizione archetipica della suocera, che lo stesso diavoletto si diverte a presentare come personificazione del male, «che snocciola fatti tanto minuti quanto remoti, rinfacciandoteli riverniciati» e, anche se le si «moltiplicano gli acciacchi, chissà perché, in lei l’unica cosa a conservare intatta la sua capacità malefica è la lingua. Essendo femmina, l’area cerebrale dell’espressione verbale è in lei, ovviamente, più sviluppata che in te. Questo, in una società egualitaria, mette te in svantaggio, svantaggio insuperabile».

Tra gli altri racconti c’è quello di Rocco Caldani, un investigatore privato chiamato a pedinare la compagna di una lesbica per scoprire se questa la tradisca come teme e un’altra storia sul tema della violenza sessuale. «Vuoi fuggire da Dio, gettati in Lui!» è il cuore della vicenda del ciabattino Carlos che, per «vendicarsi con Dio», diventa frate.

I racconti di Cammilleri si leggono piacevolmente e sono ricchi di spunti di carattere storico e spirituale, di incursioni critiche nel contesto culturale attuale per cui, per dirla con una battuta (e spero non me ne voglia l’autore), son tutto fuorché racconti del piffero!

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