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L'araldo dello sterminio, di Michael Shaara, è un Urania uscito in Italia nel 1983. È la storia del dilemma morale di un uomo che è fra i due per mille che sopravvive a radiazioni deliberatamente emesse che sterminano un'intera cittadina americana. Costui è inviato dal governo a spegnere la fonte delle radiazioni, ma scopre che vivere in 30 persone dove prima si era in settantamila non è male. Lo stato, con tutto quello che esso comporta sulla libertà e autonomia dele persone, non esiste. I motivi di conflitto non esistono. Il mondo rimandando in pochissimi si direbbe che sia davvero migliore. Che fare? Bloccare le radiazioni e salvare il mondo o farle andare su tutta la terra e cominciare un nuovo mondo migliore, sia pure al prezzo della morte di miliardi di persone geneticamente difettose?
Il fascino malthusiano, ecologista e ambientalista di un mondo in cui si resta in pochi e senza strutture sociali, in primis lo stato, poi le tasse, la polizia, l'esercito, il traffico e la fatica di vivere con gli altri sono scomparsi e si sta così bene, è davvero seducente. La sua lettura nel pieno dell'emergenza del coronavirus me lo ha reso ancora più saporito. Sennonché non è certo che proprio io e i miei cari staremo dalla parte dei sopravvissuti e la massa di parassiti indegni di vivere siano gli altri. Un romanzo semplice ma ben costruito al fine di suscitare il fascino per un'utopia seducente e malvagia. Un'ottima riflessione sul rapporto fra sé e gli altri portata alle sue estreme conseguenze.
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