Sospendere la Santa Messa: lo Stato lo chiede per contenere l'epidemia e la Chiesa esegue con troppo zelo. C'è il rischio di concepire la Chiesa come un elemento della comunità politica e questo dopo le concessioni sul matrimonio, sul diritto e sul sostentamento economico
Stefano Fontana in "La Nuova Bussola Quotidiana 02-03-2020
Il problema c'è ed è serio. È stato riportato sotto i riflettori da una emergenza contingente, ma comunque è serio. Non appena governo e regioni hanno emanato le loro disposizioni in materia di limitazioni anti-contagio, i vescovi italiani hanno subito obbedito anche per quanto riguarda l'aspetto più essenziale e centrale della vita della Chiesa, la sospensione della celebrazione della Santa Messa.
Il caso serio è proprio questo: la Chiesa che obbedisce allo Stato in quanto è ad essa più proprio, la Chiesa che si concepisce come un elemento della comunità politica e non come il fondamento di quella società politica. In altri tempi essa pensava di essere il Sole che dava luce alla Luna, riteneva di godere della "plenitudo potestatis", la pienezza del potere, e che il potere spirituale fosse originario e supremo rispetto a quello secolare. Poi c'è stata la secolarizzazione e la situazione di fatto è mutata, ma questo non significa che la Chiesa debba rinunciare a difendere, con prudenza e lungimiranza, alcune prerogative e pretese che le appartengono per natura e sottomettersi allo Stato, accettando che sia esso a definire il perimetro e il senso della sua missione che, essendo divina, precede lo Stato e infatti un tempo si diceva che non c'è autorità se non da Dio.
La Chiesa ha ceduto allo Stato la propria giurisdizione, originaria e non derivata, sul matrimonio. Nel 1929 il cardinale Gasparri aveva tenuto fermo questo punto, mentre dalla revisione del 1984 le cose si sono fatte confuse, compresa la questione degli effetti civili del matrimonio religioso. Teniamo presente, tra l'altro, che il Concordato, assunto dalla Costituzione con l'articolo 7, è un testo extra-costituzionale e può essere modificato in qualsiasi momento senza che ciò comporti una modifica della Costituzione.
Ha anche ceduto allo Stato il proprio diritto originario di svolgere, non per concessione statale ma in virtù della sua "maternità soprannaturale", un ruolo pubblico nell'educazione. Il sistema scolastico paritario colloca l'attività delle scuole cattoliche dentro il quadro costituzionale e legislativo dello Stato. L'esame di Stato legato al valore legale del titolo di studio impone alla Chiesa di accettare parametri educativi posti dall'esterno. È vero che – così almeno si dice – rimane una buona fetta di libertà educativa, ma ogni intervento legislativo dello Stato contiene, ove più ove meno, anche delle ripercussioni sulle relazioni educative e le scuole cattoliche devono adeguarsi, riducendo progressivamente l'idea di avere una originaria specificità e, soprattutto, una originaria legittimazione ad esistere che non può derivare dallo Stato. Oggi si può arrivare a motivare il dovere/diritto delle scuole cattoliche ad esistere al massimo con riferimento al dovere/diritto dei genitori ad educare i loro figli, il che, però, è insufficiente e può rivelarsi una trappola. E se i genitori volessero un insegnamento gender anche nelle scuole cattoliche, su cosa si dovrebbe fondare un no? Il motivo ultimo della scuola cattolica è il dovere/diritto originario della Chiesa in campo di educazione pubblica, che però oggi viene dimenticato in questa sottomissione allo Stato.
Un altro punto in cui il trapasso è evidente riguarda il tema degli abusi. Sembra che la Chiesa abbia scelto la strada di rimettere le questioni man mano che emergono immediatamente e solo nelle mani dello Stato, rinunciando al dovere/diritto di procedere prima di tutto con i propri strumenti di indagine e secondo il proprio sistema giuridico. Le nuove normative in fatto di abusi impongono di denunciare subito una eventuale denuncia alla Procura, con il conseguente abbandono dei membri del clero eventualmente coinvolti e delle stesse presunte vittime appunto nelle mani dello Stato. Storicamente parlando, il diritto civile occidentale è nato, oltre che da altre fonti, soprattutto romane, anche dal diritto canonico, ma ora il rapporto viene rovesciato.
Sono tanti altri i settori in cui l'abbraccio dello Stato alla Chiesa appare evidente. Pensiamo per esempio che il sostentamento economico della Chiesa dipende dal sistema dell'8 per mille e che maggioranze governative diverse potrebbero domani riconsiderare la legge attualmente in vigore, esercitando un potere di ricatto della politica verso la Chiesa che lascia molto preoccupati. Oppure pensiamo alle attività di solidarietà svolte oggi dalla Chiesa. Un tempo essa ne deteneva il monopolio e le esercitava, almeno sul piano di diritto, senza dover subire ingerenze politiche. Oggi l'attività della Caritas contro varie forme di disagio, avviene in convenzione con lo Stato e i comuni, seguendo le direttive delle Prefetture e in un regime di dipendenza dallo Stato.
Tutto questo trova il suo quadro teorico nell'ossequio alla Costituzione, che spesso viene proposto nella Chiesa come uno dei principi fondamentali – secondo alcune correnti di pensiero superiore allo stesso Vangelo – dell'agire della Chiesa e dei cattolici nella società.
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