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di Fabrizio Cannone
Oggi larghissima parte del ceto docente della Chiesa, non escluso lo stesso corpo episcopale, si è allontanata ove più ove meno da san Tommaso d’Aquino, a volte in nome di altri autorevoli teologi, più spesso in nome della modernità e delle sue esigenze nel campo del pensiero. Da molti poi si è preteso di integrare certe istanze del tomismo all’interno di sistemi fondati sull’immanentismo, creando una confusione enorme, specie tra i giovani studenti di teologia.
La lista di autori e teologi andanti in tal senso sarebbe lunghissima e dunque inutile. Ci si può chiedere invece come mai le autorità ecclesiastiche non siano riuscite ad evitare un vero e proprio voltafaccia, specie nei Seminari e nelle Facoltà cattoliche, ossia proprio nei luoghi più adeguati per studiarlo, approfondirlo e servirsene come scudo nei riguardi del pensiero relativistico dei tempi nostri. Sinteticamente, come scrisse Giovanni Paolo II, in «molte scuole cattoliche,
negli anni che seguirono il Concilio Vaticano II, si è potuto osservare, in materia, un certo decadimento dovuto a minore stima, non solo della filosofia scolastica, ma più in generale dello stesso studio della filosofia» (Fides et ratio, 61).
L’eccellente tomista che fu il padre domenicano Reginald Garrigou-Lagrange (1877-1964) spiega invece in un breve testo appena pubblicato (cfr. R. Garrigou-Lagrange, Essenza e attualità del tomismo, Fede & Cultura, Verona 2012, pp. 98, € 15), le ragioni del doveroso mantenimento della teologia di san Tommaso, contro le idee di “superamento” che circolavano già abbondantemente prima della svolta conciliare. In tal senso l’opuscolo dimostra come «la dottrina di san Tommaso resta e resterà sempre attuale appunto perché essa (…) conserva quelle verità immutabili senza le quali è impossibile farsi una giusta idea di Dio, dell’anima, del mondo; perché la dottrina di san Tommaso è inoltre una difesa filosofica del reale valore delle prime verità insegnate dal senso comune, che non sa però difendersi da solo» (p. 11).
In effetti, scomparso il tomismo in nome dello spirito critico e dell’aggiornamento, si sono rese evanescenti tante nozioni un tempo fisse e chiaramente intelligibili, come in primis proprio quelle di Dio, anima, mondo, uomo, verità, bene: termini oggi usati in mille accezioni diverse da teologi infeudati in mille filosofie religiose lontane dalla Tradizione (come il kantismo, il fideismo, l’evoluzionismo, il pragmatismo, le scuole insidiose di Husserl, Bonhoeffer, Heidegger, etc.). Ancora recentemente sull’“Osservatore Romanoˮ (18.1.2013, p. 4) si attaccava sia san Tommaso che le celebri 24 Tesi tomiste del padre Guido Mattiussi, approvate autorevolmente dalla Sacra Congregazione dei Seminari nel 1925 con l’avvallo esplicito di Papa Pio XI (e riportate nel libro alle pp. 86-90).
Se però come scrisse Paolo VI, san Tommaso è per antonomasia «l’Apostolo della Verità» (Lumen Ecclesiae, 8) e se la sua filosofia «è veramente la filosofia dell’essere e non del semplice apparire» (Fides et ratio, 44), ecco che la trahison des clercs avutasi dopo il Vaticano II, ha nel rigetto del tomismo una delle cause endogene principali. Analogamente, la ripresa del pensiero di san Tommaso in tutti i campi dello scibile (teologia, filosofia, etica, diritto, politica, economia, etc.), alla luce del quale analizzare, purificare e confutare i sistemi spuri della filosofia contemporanea, non potrà che portare ad una nuova generazione di custodi del pensiero cattolico, che è come dire, di cultori della verità.
(Fabrizio Cannone, Corrispondenza Romana 20 marzo 2013)
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