Verità e mistero Il “chiaroscuro intellettuale” del tomismo secondo Réginald Garrigou-Lagrange

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di Stefano Fontana
Le edizioni Fede & Cultura hanno il merito di averci messo a disposizione numerose opere di Réginald Garrigou-Lagrange, il grande filosofo e teologo tomista domenicano, grazie alla curatela di Marco Bracchi. Fino a ieri erano usciti La sintesi tomistica, Essenza e attualità del tomismo, Dio accessibile a tutti, Introduzione allo studio di Dio, La vita eterna e la profondità dell’anima. Ora tocca a Il senso del mistero e il chiaroscuro intellettuale, sempre a cura di Marco Bracchi (pp. 449, euro 28,00).

Esiste una visione volgare del tomismo che lo trasforma in una specie di razionalismo. Ci sarebbe nel tomismo un desiderio di “tutto spiegare” che non lascerebbe spazio né al mistero – che è il tema di questo libro – né alla carità. Si tratta, naturalmente, di una sciocchezza, ma le sciocchezze
hanno purtroppo vita lunga. Non c’è contrasto tra usare la ragione secondo le sue modalità naturali rinnovate dalla Grazia e misurarsi in profondità con il problema del mistero. Anzi, Garrigou-Lagrange spiega proprio il contrario: più la filosofia e la teologia “salgono” nei livelli del sapere fino a confondersi con la mistica, ossia con la conoscenza per connaturalità e simpatia delle cose divine, e più sono costrette a confrontarsi col mistero, che è pur presente anche nei gradi inferiori della conoscenza ma che brilla della sua oscurità – il “chiaroscuro intellettuale”, come dice il titolo del libro – quando l’intelligenza raggiunge le vette più alte, fino a toccare il Mistero della Deità. Non c’è contrasto perché il mistero di cui si occupa qui Garrigou-Lagrange sulla scorta di San Tommaso, non è l’assurdo, l’irrazionale, il buco nero che tutto inghiotte, ma è in sé suprema luminosità che non ci è dato di conoscere dato che noi uomini siamo forme-dentro-una-materia e possiamo conoscere solo forme-dentro-una-materia.

L’Autore spiega che il senso del mistero è proprio solo della sapienza filosofica e teologica, dato che le discipline ad esse inferiori non si pongono quel problema, non per cattiva volontà degli esperti in quelle discipline ma perché lo esclude il loro statuto espistemico. Per la scienza il mistero è l’insieme delle verità non ancora scoperte fino ad oggi ma che lo potranno essere domani. Ma questo, come si capisce, non è il mistero in senso filosofico e teologico.

È interessante notare che proprio su questo argomento il libro di Garrigou-Lagrange fonda la superiorità della metafisica sulle altre discipline e della teologia sulla metafisica. Il fatto che non siano aperte al mistero rende le discipline scientifiche chiuse in se stesse e, quindi, incapaci di fondarsi ultimamente. La metafisica, invece, in quanto accede all’essere mediante una apprensione intellettiva, apprende le verità prime, o verità del “senso comune”, che risultano fondative del sapere in quanto tale e quindi anche delle altre discipline. I principi di non contraddizione e di causalità hanno un fondamento metafisico e poi sono propri di ogni disciplina scientifica. Oggi risulta difficile e quasi impossibile parlare di un primato della metafisica sulle altre forme di sapere senza fuggire alvituperio, ma Garrigou-Lagrange mostra bene che San Tommaso su questo punto aveva ragione. Ora, in quella apprensione dell’essere che fonda il primato della metafisica si cela anche il senso del mistero, che la metafisica porta con sé in ogni fase del suo sviluppo e che culmina nel suo discorso su Dio a cui il nostro Autore dedica le più belle pagine del libro.

L’altro punto di grande interesse, come dicevo sopra, è dato dal primato della teologia sulla metafisica, un primato pure assai strano agli occhi dell’oggi. Anche in questo caso il primato è fondato sulla maggiore “confidenza” con il mistero che caratterizza la teologia rispetto alla metafisica. Aristotele, per esempio, aveva concepito Dio come causa finale ma non come radicale causa dell’essere tramite l’atto creativo. La teologia propone alla metafisica il concetto di creazione ex nihilo e così facendo la rafforza teoreticamente proprio ponendola maggiormente a contatto col mistero. Anche in questo caso la crescita nella conoscenza non avviene solo per spinta interna dell’intelligenza ma come chiamata dall’estero, ossia dal mistero.

Uno degli aspetti più interessanti e utili del libro è che in questo “chiaroscuro” intellettuale, Garrigou-Lagrange può rafforzare la spiegazione dei processi metafisici e conoscitivi della realtà e nello stesso tempo mostrare in questi processi la presenza del mistero. Può spiegare, per esempio, la conoscenza sensibile e intellettiva nei suoi dettagliati passaggi e nello stesso tempo mettere in evidenza il residuo misterioso che permane in essa data la difficoltà a spiegare come dal meno (la conoscenza sensibile) possa derivare il più (la conoscenza intellettiva). Tutti i concetti del realismo tomista vengono rispiegati in modo ordinato e nello stesso tempo si stagliano su un fondo misterioso che non li offusca, anzi li rende più luminosi. Un gioco di “chiaroscuro” che solo un grande tomista poteva architettare e mettere in atto.

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