di P. Giovanni Cavalcoli
Il mistero delle nostre scelte
Una cosa che stupisce nella condotta umana è la forza della volontà: capita quasi sempre che una volta che un uomo, generalmente nella fanciullezza o nella gioventù, ha deciso che direzione da dare alla sua vita, generalmente rimane fermo e inamovibile in questa decisione per tutto il corso seguente della sua vita, anche se, dato il suo libero arbitrio, compirà scelte diverse e anche opposte, ma sempre
all’interno del quadro che ha scelto. Così ammiriamo la perseveranza dei santi e dei credenti e ci stupiamo dell’ostinazione dei peccatori e degli increduli.
I santi resistono alle seduzioni e alle minacce dei malvagi, sopportano la loro persecuzione od ostilità, scoprono le loro insidie e le evitano, convertono i peccatori, si rafforzano nella loro buona condotta. I peccatori restano insensibili ai buoni esempi dei santi e sordi ai loro richiami. Seguono invece i peccatori come loro e con essi familiarizzano.
I santi trattano i peccatori con carità e giustizia; ma questi li ripagano col disprezzo, con arroganza, con insulti, beffe, calunnie, ingiustizie e maltrattamenti di ogni genere. Con la loro cattiva condotta e il loro cattivo esempio i malvagi, spesso astuti e seducenti, confondono le idee dei buoni, e li fanno deviare dalla loro condotta per farne loro seguaci.
Può esistere quindi, grazie a Dio, effettivamente, in tutte le età della vita degli uomini, in coloro che si convertono dal male al bene, dall’eresia alla verità, dall’empietà alla pietà, dalla superbia all’umiltà, da una religione pagana al cristianesimo, dal vizio alla virtù, una svolta positiva nella loro vita, quella che S. Paolo chiama metànoia, e che comunemente chiamiamo «conversione». Così il cristianesimo nel corso dei secoli si è espanso ed ha progredito in tutto il mondo facendolo passare, con la forza dello Spirito Santo, dal paganesimo alla fede in Cristo.
Ma vi sono anche coloro, che percorrono il cammino inverso: dall’onestà alla disonestà, dalla fedeltà al tradimento, dalla fede all’eresia e all’apostasia, dal cristianesimo a una religione inferiore. Così oggi in molti paesi il cristianesimo e la Chiesa sembrano in decadenza, sostituiti da una mentalità secolaristica, da una condotta egoista, dissoluta e mondana, quando non si diffondono una grave corruzione morale e i danni provocati dall’ateismo e dal materialismo.
Il grano è mescolato col loglio. Ma nel caso degli uomini, dotati di libero arbitrio, meraviglia come il grano, qui evidentemente preso in senso metaforico, resti grano e il loglio resti loglio. Eppure, per la capacità che l’uomo ha di cambiare idee e cambiar vita, ecco che assistiamo ogni tanto al fenomeno, cosa impossibile tra le piante, del grano che diventa loglio e del loglio che diventa grano.
Da una parte, quindi, sorprende e ci possiamo chiedere come sia possibile che da 2600 anni i buddisti restino attaccati al Buddha, che da 2000 anni gli Ebrei continuino a rifiutare Cristo, che da 14 secoli i maomettani continuino a restare attaccati a Maometto, che da 1000 anni gli ortodossi continuino a rifiutare il primato del Romano Pontefice, che da 500 anni i luterani restino attaccati a Lutero, che da 300 anni esista la massoneria, da 150 anni continui ad esistere il comunismo ateo, con tutti i disastri che ha combinato e che combina, che da più di un secolo esista un modernismo distruttore della Chiesa.
La perseveranza della Chiesa
Dall’altra parte, però, illumina, consola e conforta la fede, la perseveranza, la pazienza e la fortezza della Chiesa, sempre fedele al Vangelo, nei suoi santi, soprattutto nei martiri, nei riformatori e fondatori di Ordini e nei missionari, in particolare nei santi Pontefici e nei Concili ecumenici, per i quali la Chiesa ha affrontato e superato le grandi prove, che via via si sono manifestate nel corso della storia per l’insidia degli eretici e l’attacco delle potenze mondane.
A questo proposito bisogna dire con tutta franchezza ai fratelli luterani che Lutero ha profondamente frainteso, con una «riforma», che è stata piuttosto una deforma, che, salvo alcuni utili suggerimenti ed elementi positivi e il mantenimento dei dogmi fondamentali del cristianesimo, non ha conservato, né purificato, né restaurato, né fatto progredire, ma ha contrastato, infangato, deformato e distrutto l’opera sempre saggia e a volte eroica dei Papi e dei Concili nella difesa, forse a volte troppo severa e non senza temporalismo, della purezza e integrità della fede, e farla progredire verso nuovi orizzonti, per la riforma dei costumi, per la libertà della Chiesa dai poteri civili, per la correzione degli abusi, per la ripresa della disciplina ecclesiastica e per il rilancio dell’opera missionaria.
Indubbiamente non tutti i Concili, se sono a stati infallibili nella dottrina, sono riusciti a ideare e promuovere adeguate opere di riforma nel campo pastorale, giuridico, disciplinare, amministrativo e nei rapporti con i poteri civili, oltre al fatto che i loro decreti spesso rimasero lettera morta.
Così fu per il Concilio Lateranense V del 1512, che definì bensì il dogma dell’immortalità dell’anima, ma non seppe concepire e avviare un’adeguata riforma, anche perché non si accorse dell’aria di ribellione alla Chiesa e alla Curia Romana, che stava tirando soprattutto in Germania. A ciò si appigliò in parte giustamente Lutero con la sua protesta del 1517.
Il Concilio Vaticano II, esempio di perseveranza nel rinnovamento
Da quasi sessant’anni i più saggi ed obbiettivi storici, osservatori e studiosi di storia della Chiesa si stanno interrogando circa il valore pastorale e riformatore del Concilio Vaticano II. Non siamo più oggi sotto la pressione degli eventi dell’immediato postconcilio, allorché, come sempre accade nei grandi eventi storici, che introducono notevoli cambiamenti, gli animi facilmente sono eccitati, soggetti a passionalità, difficilmente imparziali, facilmente polemici e quindi divisi nei giudizi.
Oggi come oggi è possibile guardare all’evento del Vaticano II ed agli eventi che sono seguiti con sufficienti informazioni, con animo sereno ed equanime, guidati dal magistero pontificio, poggiando su validi criteri di giudizio, e con occhio limpido, da veri storici e uomini di fede, unicamente attenti, nel sano e costruttivo dibattito delle opinioni e nella libertà delle interpretazioni, con giusta distinzione fra il relativo e l’assoluto, alla verità dei fatti e alla realtà delle idee, e unicamente preoccupati del bene delle anime e della Chiesa, benché le polemiche non siano del tutto spente e i malintesi non del tutto fugati, come è testimoniato, per esempio dalle persistenti diatribe o reciproche condanne ed accuse fra lefebvriani e modernisti.
Il Concilio ha taluni aspetti discutibili
Importante, al riguardo, è la distinzione che Papa Benedetto ha fatto fra documenti pastorali e documenti dottrinali del Concilio. Rivolgendosi infatti ai lefebvriani, egli ha detto che, mentre certi documenti pastorali possono essere discussi, perché non sono infallibili, quelli dottrinali devono essere accettati senza discussione, perché appartengono al magistero straordinario della Chiesa, qual è appunto quello di un Concilio, anche se non vi sono definiti solennemente e dichiaratamente nuovi dogmi.
Stando così le cose, è possibile constatare come anche nel Concilio Vaticano II la Chiesa dà testimonianza della sua perseveranza nella fedeltà al Vangelo, alla Parola di Cristo che non passa. I mutamenti proposti ed imposti dal Concilio non sono quindi - come male intendono i modernisti e fraintendono i lefebvriani - mutamenti, ma approfondimenti e chiarimenti di dottrine tradizionali e già definite, ed inoltre sono mutamenti nella pastorale, per renderla più adatta all’evangelizzazione dell’uomo contemporaneo. Si tratta, secondo una famosa espressione di Papa Benedetto, di «progresso nella continuità» .
Un certo aspetto della pastorale avviata dal Concilio, dopo l’iniziale momento di entusiasmo generale, ha rivelato, nella pratica pastorale dei decenni successivi. delle pecche, alle quali occorre rimediare. È sotto questo punto di vista che Benedetto ha parlato di «discutibilità» di certe direttive del Concilio.
Si tratta del fatto che il Concilio, per certe sue espressioni equivocabili, sembra promuovere, almeno nell’interpretazione dei cosiddetti «progressisti», una nuova evangelizzazione troppo concentrata sulla presa di coscienza dei valori comuni, della diversità e della pluralità, sulla base della supposizione gratuita e indimostrata che tutti gli uomini, ai quali si annuncia il Vangelo, siano uomini di buona volontà e retta intenzione, per cui tutto il lavoro da fare è un fiducioso dialogo, nel quale Chiesa e mondo realizzano alla pari una reciproca complementarità, senza che occorra correggere gli errori del mondo e senza che occorra un’operazione pastorale tesa a persuadere i fedeli delle altre religioni ad entrare nella Chiesa cattolica. L’importante è volersi bene e collaborare fraternamente per il bene dell’umanità.
In realtà, non è questo il vero modo col quale il Concilio imposta l’opera dell’evangelizzazione. Se lo leggiamo con attenzione, vedremo che esso conferma la missione e il dovere assoluto della Chiesa di annunciare il Vangelo a tutto il mondo, per cui è necessario che tutti gli uomini, di qualunque religione, si convertano a Cristo ed alla Chiesa cattolica. È questo infatti l’esplicito e perentorio comando di Cristo, e la Chiesa è sempre stata fedele a questo mandato, che le dà la sua stessa ragion d’essere e sempre lo sarà. Tutto il mondo deve convertirsi a Cristo. La Chiesa deve lavorare instancabilmente, fino alla fine del mondo, per questa conversione. Il Concilio insegna solo il modo col quale oggi dobbiamo assolvere a questo compito.
E Papa Francesco non si scosta da questo impegno, al quale ogni Papa è legato in modo eminente, nonostante certi atteggiamenti e discorsi, che potrebbero far sorger qualche dubbio. Egli certamente è preoccupato di costruire una base di fraternità fra le religioni e di sottolineare il fatto che ogni religione ha sue proprie peculiarità, diverse da quelle delle altre, volute da Dio e che favoriscono un arricchimento reciproco.
Ma è chiaro che, ponendosi Francesco sulla linea del Concilio, che chiama alla Chiesa cattolica tutti gli uomini della terra, egli è il primo testimone della perseveranza della Sposa di Cristo nell’amore e nell’obbedienza al suo Sposo, per sciogliere ed intenerire i cuori induriti e sostituire l’ostinazione del peccato con l’ascolto docile ed umile della voce dello Spirito Santo.
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