Il Vangelo, in Luca, del padre e dei due figli, più noto come parabola del "figlio prodigo" (Lc 15,11-32) costituisce il vertice della spiritualità e della letteratura di tutti i tempi.
di Mons. Gino Oliosi
Questa pagina di san Luca, con cui ci giunge il Dio di Gesù Cristo che ci parla anche oggi, costituisce un vertice della spiritualità e della letteratura di tutti i tempi. Infatti, che cosa sarebbero la nostra cultura, l'arte, e più in generale la nostra civiltà, il nostro vissuto personale e sociale senza la
Questa pagina di san Luca, con cui ci giunge il Dio di Gesù Cristo che ci parla anche oggi, costituisce un vertice della spiritualità e della letteratura di tutti i tempi. Infatti, che cosa sarebbero la nostra cultura, l'arte, e più in generale la nostra civiltà, il nostro vissuto personale e sociale senza la
rivelazione di Un Dio Padre di misericordia così appassionato di ogni essere umano, con un amore sempre più grande di ogni peccato? Essa non smette mai di commuoverci, e ogni volta che l'ascoltiamo o, soprattutto nel cammino quaresimale, la leggiamo è in grado di suggerirsi sempre nuovi significati e spinte alla conversione.
Soprattutto, questo testo evangelico ha il potere di parlarci del Dio di Gesù Cristo, di farci conoscere il volto del Dio vivente, meglio ancora il suo cuore. Dopo che Gesù ci ha raccontato del Padre misericordioso, le cose non sono più come prima, adesso Dio, il Donatore del nostro e altrui essere dono come di tutto il mondo che ci circonda, adesso il Dio vivente lo conosciamo: Egli è il nostro Padre, che per amore ci ha creati liberi e dotati di coscienza, con la possibilità di amare e con il rischio della ribellione come creature, che soffre se ci perdiamo e fa festa se ritorniamo a Lui. Per questo, la relazione con Lui si costruisce attraverso una storia, analogamente a quanto accade ad ogni figlio con i propri genitori: all'inizio dipende da papà e mamma; poi rivendica la propria autonomia; e infine – se vi è uno sviluppo positivo anche dopo esperienze prodighe, arriva a un rapporto maturo basato sulla riconoscenza e sull'amore autentico nell'esperienza del perdono. Nessuna caduta, nessun male ci definisce e fino al momento terminale di questa vita c'è sempre la possibilità del perdono.
In queste tappe possiamo leggere anche momenti negativi di ogni essere umano nel rapporto con Dio. Vi può essere una fase che è come l'infanzia: un senso religioso mosso dal bisogno, dalla dipendenza. Via via che l'uomo cresce e si emancipa, vuole affrancarsi da questa sottomissione e diventare libero, adulto, capace di regolarsi da solo e di fare le proprie scelte in modo autonomo, pensando anche di poter fare a meno di Dio, dei suoi Comandamenti di amore, della sua Alleanza cioè della sua storia di amore. Questa fase, soprattutto oggi in una egemonia culturale di secolarizzazione, è delicata, può portare all'ateismo, al nichilismo, alla relativizzazione morale, all'individualismo, ma anche questo, non di rado, nasconde l'esigenza di scoprire il vero volto di Dio Padre che attende il momento prodigo della vita. Per un dono meraviglioso nessun male ci definisce, Dio non viene mai meno alla sua fedeltà misericordiosa e, anche se noi ci allontaniamo e ci perdiamo, continua a seguirci appassionatamente con il suo amore, sempre disponibile a perdonare i nostri errori, i nostri peccati e a parlare alla nostra coscienza personale per richiamarci a sé. Nella parabola, i due figli si comportano in maniera opposto: il minore se ne va e cade sempre più in basso, mentre il maggiore rimane a casa, ma anch'egli ha una relazione immatura con il Padre; infatti, quando il fratello ritorna, il maggiore non è felice come lo è, invece, il Padre, anzi, si arrabbia e non vuole rientrare in casa senza fare l'esperienza meravigliosa del perdono. I due figli rappresentano due modi immaturi di rapportarsi con Dio: la ribellione e una obbedienza infantile di pretesa. Entrambe queste forme che possono accadere in noi si superano attraverso l'esperienza della conversione, della misericordia. Solo esperimentando il perdono, riconoscendosi amati da un amore gratuito, più grande della nostra miseria, ma anche della nostra giustizia che si vanta, esclude, entriamo finalmente in un rapporto veramente filiale, fraterno e libero con Dio, quindi di amore.
Soprattutto nel cammino quaresimale in preparazione della confessione pasquale, meditiamo questa parabola. Rispecchiamoci nei due figli, verifichiamo i possibili due momenti anche nella nostra vita, e soprattutto contempliamo il cuore del Padre di tutti. Gettiamoci tra le sue braccia e lasciamoci rigenerare dal suo amore misericordioso. Ci aiuti in questo la Vergine Maria, la Madre della Misericordia per tutti e sempre.
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