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di Padre Giovanni Cavalcoli
La Comunità di Bose non ottempera alle disposizioni conciliari circa l’ecumenismo.
Il Papa ha recentemente inviato una Lettera alla Comunità di Bose nel 50° anniversario della sua fondazione, con la quale ha elogiato il suo noto stile di vita evangelica monastica interconfessionale, nonché di accoglienza e di ospitalità di persone alla ricerca delle più diverse vie dello spirito, appartenenti a differenti confessioni religiose ed anche non credenti.
Nella Lettera, tuttavia, sono del tutto assenti quelli che avrebbero potuto e, a nostro giudizio, dovuto essere alcuni opportuni richiami a correggere un grave fraintendimento
dell’attività ecumenica condotta dalla Comunità, fraintendimento, che consiste nel fatto che, mentre da una parte l’elemento cattolico della Comunità non propone una predicazione cattolica all’elemento protestante, questo a sua volta è chiuso all’apporto cattolico, sicché da cinquant’anni le due componenti della Comunità, a parte alcuni atti comuni quotidiani certamente significativi ed importanti, sotto pretesto della «diversità», del dialogo e della reciprocità, ristagnano nello sterile mantenimento delle antiche divisioni confessionali e sembrano sorde, nonostante la loro devozione allo Spirito Santo, a quella voce dello Spirito, che da una parte stimola i cattolici a chiamare i fratelli protestanti alla pienezza della Comunione con la Chiesa cattolica, mentre dall’altra incita i fratelli separati a non esser sordi a quella stessa voce dello Spirito, che li invita alla pienezza di quella comunione, sì che possa adempiersi il voto di Cristo che vi sia «un solo gregge sotto un solo pastore» (Gv 10,16), ossia sotto la guida del Successore di Pietro, principio dell’unità della Chiesa nella diversità dei carismi.
Anzi, l’increscioso fenomeno che si verifica ormai da tempo è non solo il fatto che i protestanti non si correggono dai loro errori, ma i cattolici della Comunità o quelli che la frequentano, fino a poco tempo fa sotto la guida di Enzo Bianchi, cedono agli errori protestanti, sicché, se conservano il nome di cattolici, di fatto diventano protestanti sotto la forma del modernismo.
Papa Francesco, che pure è il Successore di Pietro, nella sua Lettera non mostra alcun interesse per questo aspetto essenziale dell’ecumenismo, che è chiaramente indicato dal Concilio Vaticano II, come risulta da queste parole del Decreto Unitatis redintegratio: «In realtà al solo collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato tutti i beni della Nuova Alleanza, per costituire l’unico corpo di Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio» (n.3).
In realtà, se noi leggiamo con attenzione l’Unitatis redintegratio, benché essa non parli mai esplicitamente della insostituibile funzione del Papa nell’attività ecumenica condotta dalla Chiesa cattolica, è evidentissimo che al Papa spetta un ruolo di guida e di primo piano. Il Papa rappresenta Cristo e chiama a Cristo le pecorelle disperse e l’intera umanità.
Il Papa deve far sentire, per il tramite della sua sia pur povera persona, la voce del Pastore divino: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi e io vi darò riposo» (Mt 11,28). La Chiesa nasce da una convocazione, come già avveniva nell’Antico Testamento. La parola ebraica qahàl, infatti, che significa «convocazione», era appunto l’assemblea dei figli d’Israele attorno a Mosè. E la parola «Chiesa» deriva da ekklesìa, a sua volta derivata dal verbo kalèo, che vuol dire «chiamo» e significa appunto «assemblea di coloro che sono chiamati». La vocazione non è una chiamata?
Papa Francesco usa intrattenersi amabilmente con le pecorelle disperse del gregge di Cristo, ossia con i fratelli separati, quale pecorella fra le pecorelle, ma sembra dimenticare che è lui il pastore universale del gregge, al quale spetta, come Vicario di Cristo, di chiamarlo a sé appunto come a Vicario del Pastore divino.
La Chiesa così ha due movimenti: uno che parte dalla sua pienezza cattolica, e va verso il mondo e fratelli separati, per operare la loro salvezza; ed è questa la Chiesa «in uscita»; e un altro, proveniente dal mondo, movimento proprio delle comunità cristiane separate, che camminano o dovrebbero camminare verso la Chiesa nella sua pienezza, come auspica il Concilio. E questa è la Chiesa «in entrata», che dev’essere accolta dalla Chiesa cattolica.
È vero, peraltro, che si parla molto oggi di Chiesa «accogliente», ma non sempre si precisano quali devono essere i titoli per essere accolti. Capita infatti che un protestante sia accolto nella Chiesa cattolica, pur restando protestante. Oppure vi sono pastori, i quali, per far numero e con troppa indulgenza, accolgono imprudentemente chi non è ancora disposto. Ad altri fratelli separati, poi, non interessa assolutamente farsi cattolici, a volte per colpa degli stessi cattolici, i quali non si curano affatto di liberarli dai loro errori, ma considerano le divisioni come segno di pluralismo e proficua diversità.
La Comunità di Bose favorisce la diffusione del modernismo protestante
Ma se la Comunità di Bose in questi cinquant’anni si è affiancata a quest’opera distruttiva di rinato modernismo, rifiorito come falsa interpretazione del Concilio, ciò è dovuto, a mio giudizio, ad un vizio o equivoco nella fondazione e quindi nella forma costitutiva della stessa comunità; è dovuto al modo stesso, sbagliato, col quale è stata concepita e progettata. Un albero cattivo non può che dare frutti cattivi, o se dà frutti buoni, ciò è solo accidentalmente.
Spieghiamoci. Bianchi, che non crede al peccato originale, e lo considera una «sciocca favola», non si è accorto d’aver fondato una comunità infetta da un peccato originale. E quale? Una grave ingenuità o vana utopia, che ignora appunto le conseguenze del peccato originale.
E cioè? Bianchi ha concepito i rapporti ecumenici non in riferimento al fatto che essi suppongono cristiani tra di loro divisi sia per i loro peccati personali e sia come conseguenza del peccato originale. Li ha concepiti invece come se queste divisioni non toccassero per nulla l’opposizione della verità all’eresia, ma si dovessero risolvere in un problema di carità reciproca. Ciò, col pretesto del «dialogo» e della «carità», lo ha portato a trascurare l’ortodossia cattolica e ad assumere idee protestanti.
E purtroppo, di conseguenza, la Comunità di Bose, influenzata dall’insegnamento di Bianchi, non fa un buon servizio né alla Chiesa né all’ecumenismo, denigrando ed emarginando quei fervorosi e coraggiosi cattolici, che vogliono conservare integra la dottrina e combattere contro l’eresia.
Ora, è verissimo che l’ecumenismo fa dei passi com’è dimostrato in questi ultimi cinquant’anni, dal fatto che cattolici e luterani riconoscono i propri torti, si perdonano a vicenda e si sforzano di accordarsi su punti comuni. Sennonché, però, il problema specifico dell’ecumenismo non è quello della carità, ma quello della verità: sapere chi dei due dialoganti ha ragione, chi dei due ha bisogno di essere corretto, sapere chi dei due interpreta veracemente e fedelmente la Parola di Dio.
L’ecumenismo non è solo una questione di carità
La carità va praticata sempre e con chiunque, ma non con chiunque occorre fare ecumenismo. Se marito e moglie non vanno d’accordo, non significa che tra di loro ci sia un problema ecumenico. Esso si pone specificamente, quando si tratta del rapporto fra cattolici ed eretici. E la cosa paradossale è che oggi il problema ecumenico, a causa di un falso dialogo e per la mancata vigilanza dei vescovi, è esploso all’interno stesso della Chiesa cattolica, per cui i cattolici si vedono obbligati a fare ecumenismo con quei fratelli di fede, con i quali dovrebbe esserci una perfetta unità dottrinale.
Inoltre, la convivenza tra cattolici e protestanti non dev’essere vista, come sembra essere nello stile di Bose, come un dato di diritto, come fosse una normale condizione di vita della Chiesa, così come per esempio nella Chiesa esiste la varietà delle famiglie religiose, che costituisce la sua bellezza, nella reciprocità dei doni dello Spirito Santo.
Al contrario, la detta convivenza è un semplice dato di fatto, per i cattolici doloroso ed anormale, è un disordine e una disarmonia, contrari alla volontà di Cristo, che vuole «un solo gregge e un solo pastore» (Gv 10,16), sotto la guida di Pietro, incaricato di pascere il gregge di Cristo. A tale stato, certo, i cattolici si rassegnano e lo accettano con pazienza, come avviene in quelle nazioni, dove cattolici e protestanti convivono.
Certo, i cattolici si sforzano di collaborare con loro là dove è possibile; ma a loro non passa per la mente di creare artificialmente delle comunità miste sul tipo di Bose, così come per esempio farebbe la S. Sede accorpando tra di loro due diocesi fino ad allora separate o come in Alto Adige si costruiscono scuole di lingua italiana e scuole di lingua tedesca, perché assieme concorrano al bene della Regione.
Invece cattolicesimo e protestantesimo non sono due forme diverse, egualmente valide e buone di cristianesimo, ma il primo è il cristianesimo totalmente conforme al Vangelo, mentre il secondo è difettoso. Infatti, come dice l’Unitatis redintegratio, se nel cattolicesimo c’è la pienezza e la totalità della verità cristiana, nelle comunità protestanti vi sono «impedimenti» (n.3), «carenze» (Ibid.) ed «ostacoli» (n.4), ossia, come il Magistero accertò già nel sec. XVI, eresie, le quali impediscono la «piena comunione con la Chiesa cattolica». Ora, queste cose sono note sin da allora. Per questo, un ecumenismo, che ignorasse queste cose, come quello di Bianchi e della Comunità di Bose, è un inganno e un’ipocrisia.
La via verso cui spinge la Comunità di Bose
Le ricordiamo brevemente. Non voglio dire che siano tutte presenti a Bose, ma la tendenza luterana le facilita. Certamente l’impostazione monastica è estranea al luteranesimo e si trova nel cattolicesimo. Ma si tratta poi di un monachesimo anomalo, privo di piena comunione con il Magistero della Chiesa.
1.La svalutazione della ragione deriva dalla negazione luterana della possibilità di dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio.
2. La svalutazione dell’aspetto dottrinale della fede a causa della concezione luterana della fede come emozione affettiva soggettiva.
3. La fede è confusa con la carità: non è conoscenza intellettuale, ma, come dice Lutero, è «afferrare Cristo».
4. La fede è fede di essere salvati da Dio senza le opere della legge (sola fides), perché per Lutero i Comandamenti sono o facoltativi o impossibili da realizzarsi.
5. Come in Lutero, lo Spirito Santo illumina direttamente la coscienza senza bisogno della mediazione del Magistero della Chiesa.
6. La sostituzione della speranza con la fede; la speranza intesa come certezza di essere già salvo in base alla fede luterana di essere salvato.
7. Annullamento del timor di Dio con la convinzione di fede che, anche se pecco, (pecca fortiter), Dio non mi castiga. Basta che io abbia fede di essere perdonato (crede firmius). Posso quindi peccare liberamente, con la certezza di fede che comunque mi salverò.
8. Svalutazione della carità: non esiste carità contemplativa verso Dio, ma solo carità attiva verso il prossimo. Lutero lo dice esplicitamente.
9. Il peccato originale non è un fatto del passato, ma è originariamente insito nella natura umana, secondo la dottrina luterana della corruzione radicale della natura.
10. Il Dio di Cristo è misericordioso (Deus revelatus di Lutero). Egli non vuole il male. Ma il Dio della Legge mosaica è crudele (Deus absconditus) e va respinto.
11. Per salvarsi basta la grazia (sola gratia). Non occorre il merito, negato da Lutero, perché per Lutero il libero arbitrio è estinto dal peccato.
12. Svalutazione della Chiesa, perché per Lutero nella Chiesa non esiste una gerarchia, ma solo il sacerdozio universale dei fedeli. La Chiesa è invisibile. Qualunque persona onesta appartiene alla Chiesa.
13. I Papi e i Concili possono errare nell’interpretazione della Scrittura. È il principio luterano del sola Scriptura.
14. Svalutazione della Messa a semplice convito e memoriale, in forza della negazione luterana della Messa come sacrificio espiatorio.
15. L’adorazione eucaristica è superstizione, perché per Lutero la transustanziazione è un’invenzione dei papisti.
16. Il ministero ecclesiale ridotto a semplice presidenza del servizio divino e servizio sociale a causa della negazione luterana del sacramento dell’Ordine.
17. La Confessione ridotta a colloquio spirituale a causa della negazione luterana del sacramento della Penitenza, considerato da Lutero una tortura della coscienza.
18. Il matrimonio si può sciogliere perché per Lutero non è un sacramento, ma un semplice contratto civile. Per questo è ammissibile anche un matrimonio tra omosessuali.
19. La vita religiosa non è superiore a quella laicale perché per Lutero essa è contraria al Vangelo.
Per una analisi del fenomeno "monastico" di Bose si legga il documentato e profondo testo "Ci salverà il monachesimo" di Beniamino Lucis che gli dedica un intero capitolo.
Per una analisi del fenomeno "monastico" di Bose si legga il documentato e profondo testo "Ci salverà il monachesimo" di Beniamino Lucis che gli dedica un intero capitolo.
1 commento:
grazie Padre Cavalcoli!
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