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di Paolo Nardi
A volte si viene risucchiati in un buco nero e non si riesce più a uscirne, anche quando parliamo di libri: a me è successo con I fratelli Karamazov di Dostoevskij, uno dei romanzi più importanti e sviscerati di ogni tempo, capace di risultare appassionante e allo stesso tempo letale, grandioso nella sua architettura e nella caratterizzazione psicologica dei personaggi ma troppo lontano dai nostri gusti e dalle nostre consuetudini di lettori contemporanei. Ci ho litigato a lungo, imponendomi di portarlo a termine, e lo sforzo è stato ampiamente ripagato. E se pensate che sia un libro lungo, vi basti sapere che doveva avere un seguito (e infatti termina con quello che oggi si chiamerebbe cliffhanger), ma il progetto naufragò per la morte di Dostoevskij. Racconta la storia di Fëdor Pavlovič Karamazov, vecchio malvagio e dissoluto, e dei suoi tre figli avuti da due mogli, più un quarto nato da una relazione extraconiugale (gira la leggenda che, per scherzo, abbia messo incinta una pazza semibarbona del (continua a leggere)
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