Domenica III di Avvento anno C

L'Avvento ci chiama a potenziare quella tenacia interiore, quella resistenza dell'animo che ci permettono di non disperare nell'attesa di un bene che tarda a venire, ma di aspettarlo con gioia anzi di prepararne la venuta nella Confessione, Comunione, Carità natalizie, con fiducia operosa
di Mons. Gino Oliosi
L'Avvento è un tempo di impegno e di sforzo spirituale ma nella gioia della venuta del Signore nella Confessione, nella Comunione, nella Carità natalizia, ci ricorda san Paolo.
Il Vangelo di questa Domenica presenta nuovamente la figura di Giovanni Battista, e lo ritrae mentre parla alla gente
che si reca da lui al fiume Giordano per farsi battezzare. Poiché Giovanni, con parole sferzanti, esorta tutti a prepararsi alla venuta del Messia cioè di Dio in un volto umano, alcuni domandano: "Che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10.12.14). Questi dialoghi sono molto interessanti e si rivelano di grande utilità, di richiamo concreto anche per noi.
La prima risposta è rivolta alla folla in generale. Il Battista dice: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha molto da mangiare, faccia altrettanto (v. 11). Non si può disgiungere a Natale, Confessione, Comunione dalla Carità. Si tratta di un criterio di giustizia, animato dalla carità. La giustizia chiede di superare lo squilibrio tra chi ha il superfluo e chi manca del necessario; la carità spinga ad essere attenti all'altro e ad andare incontro al suo bisogno, invece di trovare giustificazioni per difendere i propri interessi, la propria indifferenza. Giustizia e carità non si oppongono, ma sono entrambe necessarie e si completano a vicenda per poter godere la gioia del perdono e della comunione sacramentale fraterna con Cristo. L'amore sarà sempre necessario, anche nella società più giusta, perché ci saranno sempre situazioni di necessità materiali e spirituali nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo, anche per il pranzare  insieme nel giorno di Natale. 
E poi vediamo la seconda risposta, che è diretta ad alcuni "pubblicani", cioè esattori delle tasse per conto dei Romani. Già per questo i pubblicani erano disprezzati, e anche perché spesso approfittavano della loro posizione per rubare. Ad essi il Battista dice di non cambiare mestiere, ma di non esigere nulla di più di quanto è stato fissato (v.13). Il profeta, a nome di Dio, non chiede gesti eccezionali, ma anzitutto il compimento onesto del proprio dovere. Il primo passo verso la vita eterna è sempre l'osservanza dei comandamenti; in questo caso il settimo: "Non rubare" ( Es 20,15), così necessario anche oggi.
La terza risposta riguarda i soldati, un'altra categoria dotata di un certo potere, e quindi tentata di abusarne. Ai soldati Giovanni dice: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe" (v. 14). Anche qui, la conversione comincia dall'onestà e dal rispetto degli altri: un'indicazione che vale per tutti, specialmente per chi ha maggiori responsabilità.
Considerando nell'insieme questi dialoghi, colpisce la grande concretezza delle parole profetiche di Giovanni: dal  momento che Dio ci giudicherà secondo le nostre opere, è lì, nei comportamenti, che bisogna dimostrare di seguire la sua volontà. E proprio per questo le indicazioni del Battista sono sempre attuali: anche nel nostro mondo così complesso, le cose andrebbero meglio se ciascuno osservasse queste regole di condotta. Preghiamo allora il Signore, per intercessione di Maria  Santissima, affinché ci aiuti a prepararci al Natale portando buoni frutti di conversione (Lc 3,8).

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