Uno scontro di idee oggi in atto a proposito del problema dell’immigrazione in Italia di profughi soprattutto africani, si configura, da una parte, come accusa di razzismo agli Italiani che si oppongono a ricevere immigrati e, dall’altra, come respingimento dell’accusa in nome della tutela e della difesa dell’identità nazionale.
Ma la polemica si appesantisce per le accuse che vengono in questo senso dalle autorità dell’UE alle autorità del nostro governo, accusato di «sovranismo», che significa accentuazione eccessiva dell’interesse nazionale, a danno della lealtà e
dell’appartenenza all’UE e degli obblighi comunitari ad essa congiunti, con particolare riferimento alla politica italiana concernente i migranti, giudicata dall’UE non sufficientemente accogliente e all’altezza delle tradizioni europee.
In tal modo l’accusa di razzismo si congiunge con quella di sovranismo, detta oggi anche «populismo». Una volta si diceva «nazionalismo». Senza negare che in Italia esistano tendenze razziste o sovraniste, le giudico estremamente limitate e assai poco pericolose, soprattutto se teniamo presente il significato esatto dei due termini e quindi la vera pericolosità che essi presentano.
Il razzismo – come dovrebbe esser noto - è una teoria e una prassi distorta, basata sul concetto che la razza umana, oggi diciamo «etnia», per esempio quella tedesca, detta «ariana», sia un agglomerato compatto di individui aventi le medesime caratteristiche fisiche generali definite e stabili, al di là delle differenze individuali. Tale agglomerato, secondo il razzismo, dev’essere conservato puro, ossia non mescolato con altre razze, perché questa sarebbe la condizione della salute e della forza della razza. Caratteristica poi della teoria della razza è inoltre l’idea che esistano razze superiori e razze inferiori, per cui la razza superiore non deve mescolarsi con una inferiore, perché ne resterebbe contaminata.
Ora, nessuno nega l’esistenza di differenti razze umane e che alcune siano connesse con livelli di civiltà superiori a quelle di altre razze; ma ciò non autorizza a parlare di razza superiore per quella che corrisponde a un livello di civiltà superiore. Infatti, la civiltà non dipende dalle disposizioni corporee, ma dalle doti dell’anima, anche se è vero che ci può essere un corpo e quindi ci possono essere razze e popoli più disposti di altri all’esercizio di certe attività razionali.
Ma anche la determinazione esatta dei caratteri propri di una data razza, benché non sia impossibile, è cosa piuttosto problematica. Per questo, il programma razzista della «purezza» della razza è priva di un autentico fondamento scientifico, sia perché non è possibile stabilire con precisione i contorni di una data razza, sia perché l’identità razziale nella storia va soggetta a mutazioni dovute a mescolanze e ad incroci razziali. La razze umane non sono come le specie animali tra di loro ben distinte, ma sono entità vaghe e fluide, che non si lasciano catalogare in schemi fissi e chiari, ma solo in modo approssimativo, con continue eccezioni e mutazioni.
Ora, il parlare di «razzismo» riguardo a coloro che mostrano fastidio, ostilità o disprezzo nei confronti degli immigrati, stante questa ben nota definizione, che ho data del razzismo, una stolta e disumana ideologia già severamente condannata dalla storia per gli inenarrabili orrori che ha prodotto, appare oggi del tutto antistorico e pretestuoso o segno di crassa ignoranza. Nessuno oggi in Italia è razzista nel senso suddetto. Appare un’offesa alla dignità degli Italiani. Lasciamola dire semmai ai nemici dell’Italia. Si deve invece pensare ad altre cause della suddetta ostilità, che potranno certo essere l’egoismo, la ristrettezza mentale, la chiusura nella propria etnia, la mancanza di solidarietà, di comprensione umana e di misericordia, ma non certo il razzismo.
I buonisti (modernisti, comunisti, protestanti, massoni, pannelliani, qualunquisti) non vogliono distinguere fra immigrati regolari e immigrati clandestini. Per loro è tutta brava gente, che va comunque sempre accolta, è il «diverso», che serve ad «integrare» le carenze del nostro popolo.
E questo perché? Perché questi buonisti con la scusa della «coscienza» o della «diversità» o della «libertà», o della «misericordia», non hanno il senso e il rispetto della legge, né di quella civile, né di quella morale, né di quella divina. Sono dei relativisti, influenzati da un rahnerismo d’accatto o volgarizzato, per il quale ognuno è libero di fare quel che gli pare. Sei un ladro? Ruba! Sei un mentitore? Diffama il tuo prossimo! Sei un ateo? Bestemmia! Sei un sodomita? Sfoga la tua passione! Sei un luterano? Rifiuta il primato del Papa! Sei un modernista? Adula il Papa!
Quanto alla questione del sovranismo, occorre qui dissipare un equivoco. Non bisogna confondere la sovranità nazionale o l’autonomia statale, che è un diritto naturale delle nazioni, perfettamente conciliabile con un governo supernazionale, quale può essere l’UE, oppure conciliabile con uno Stato federativo, composto di 50 Stati, come avviene per gli Stati Uniti, col nazionalismo, che è una forma di esagerata o egoistica o imperialistica esaltazione della propria nazione o della propria patria a scapito del rispetto per le altre nazioni o per gli altri Stati.
La sovranità di uno Stato federativo come la Svizzera o unitario come l’Italia, oggi come oggi, non è più concepibile, come si è pensato fino alla Seconda Guerra Mondiale, come autoregolazione di una nazione o di uno Stato dei propri interessi, del tutto sciolta, libera, esente da obblighi o da doveri nei confronti del bene comune della Comunità Internazionale sotto la direzione dell’ONU o di aggregati statuali federativi intermedi, come può essere per noi Italiani la UE o come può essere, per gli Stati Uniti, il Colorado o il Texas nei confronti di Washington.
Esiste ormai un diritto internazionale operativo e coercitivo, che fa capo al governo sovranazionale della Comunità Internazionale, che limita la sovranità degli Stati e non le consente più di esercitarsi ad arbitrio in tutte le direzioni possibili ed immaginabili, come fosse la Provvidenza del mondo; ma deve sentirsi parte della comunità suprema mondiale ed universale, al bene comune della quale essa è al servizio, così come il cittadino o le entità intermedie di uno Stato, pur nella cura dei loro intereressi privati o particolari, devono muoversi nell’ambito delle leggi, che regolano il bene dello Stato o della Nazione.
Ora, il fatto che la sovranità di uno Stato debba essere limitata e regolata dalle leggi fissate dalla comunità superiore, per esempio le disposizioni sull’immigrazione della UE nei confronti dell’Italia con relativi obblighi da parte nostra nei confronti della UE, non giustifica atteggiamenti da parte di Bruxelles, che possano recar danno, in fatto di immigrazione, ai nostri interessi nazionali o recar pregiudizio alla salvaguardia dei nostri valori, delle nostre tradizioni, dei nostri costumi, delle nostre leggi, insomma della nostra identità nazionale, storica, culturale religiosa.
Non si fa assolutamente questione di razza. Noi Italiani siamo abituati da sempre ai reciproci influssi razziali, sin dall’epoca delle invasioni barbariche. Siamo un polo nato da un incrociarsi di razze diverse, seppur tutte europee. Non è questione di respingere immigrati dall’Africa o qualunque altra razza. È questione di impedire i danni collettivi di cui sopra.
Occorre allora che la UE organizzi una politica sistematica e comune circa il grave problema dell’immigrazione. Non è accettabile per l’Italia che tutto il peso delle numerose incombenze a ciò relative cada sull’Italia – vaglio caso per caso della condizione giuridica degli arrivati e decisione se farli restare o rimpatriarli, concessione o rifiuto del permesso di soggiorno, organizzazione dei centri di raccolta e di assistenza immediata, accordi con i paesi di provenienza, controllo della sicurezza dei viaggi in mare e soccorso ai naufraghi, apertura o chiusura dei porti, vigilanza sulla condotta degli alloggiati, cura per il loro inserimento nel mondo del lavoro, il far fronte alla diffusione dell’islamismo con rischio di terrorismo, la persecuzione dei delinquenti, la lotta agli scafisti, la difesa degli immigrati sfruttati dalla mafia, la regolamentazione delle attività delle ong –, ma occorre che tutte queste attività siano organizzate e dirette di concerto da tutti gli Stati dell’Unione.
Altrimenti, nasce il forte sospetto che questo gravare di Bruxelles sull’Italia, che si accompagna con una legislazione che favorisce la dissoluzione morale, della quale la Chiesa Cattolica è fiera nemica, nasconda un segreto intento di stampo massonico, notoriamente nemico della Chiesa Cattolica, che in Italia ha, in tutta Europa e nel mondo, le sue più ricche ed antiche istituzioni e tradizioni e i maggiori centri di diffusione.
Se così fosse, come sembra, bisogna che i nostri Vescovi facciano sentire la loro voce e sollecitino il quotidiano Avvenire, che li rappresenta, a tener conto dei fatti che qui ricordo e ad assumere la linea di azione, che qui mi permetto di suggerire, nella sicurezza che essa garantisce una vera e prudente accoglienza, protegge gli interessi dell’Italia, stimola la UE ad assumere le sue responsabilità, frena le trame della massoneria e favorisce il bene della Chiesa.
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