di Padre Giovanni Cavalcoli
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Il nostro problema tuttavia è il seguente: come è possibile che un ministro di Dio, chiamato ad una vita ascetica ed angelica, a rispecchiare la vita stessa di Cristo crocifisso, a trattare di quella Verità divina, che può esser gustata solo da coloro che sono puri di cuore e si fanno guidare dallo Spirito, e vincendo i desideri della carne, sono pronti a farsi infiammare da quell’Amore casto che brucia ogni passione terrena, a trattare quotidianamente con le cose sante, a fare di tutta la sua vita un’aspirazione a Dio ed un impegno costante nell’opera della purificazione delle anime, nel far loro gustare la dolcezza del pane eucaristico; come è possibile che un uomo chiamato a una vita celeste, cada così in basso da lasciarsi invischiare in un vizio così turpe e contro natura, legato, oltre a ciò, ad un’abominevole violazione dell’innocenza di fanciulli, che, traditi nella loro fiducia, resteranno traumatizzati per tutta la vita da una ferita così grave?
Che cosa di tanto potente, ingannevole e seducente ad un tempo ha potuto scuotere le sue convinzioni e lo ha portato a tradire le sue promesse sacerdotali, ha spento in lui l’amore di Dio e delle anime, nonché il rispetto del suo corpo consacrato, per esser stato indotto a sostituirlo col fuoco di una passione impura?
Un sacerdote conscio della sua dignità e della sua altissima missione, tutto assorbito dall’esercizio del suo ministero, in piena comunione con la Chiesa e col suo Vescovo, uso a cacciare le tentazioni del mondo, della carne e di Satana, gioioso per poter far fruttare i doni che Dio gli ha dato, pago di oneste amicizie umane, della sua affettuosa unione con Cristo e della mistica gioia della contemplazione, dell’adorazione e della liturgia, un sacerdote di tal fatta può forse pensare ad altro? Può forse trovare il tempo per vizi così abbietti? Può forse giungere a tanto grado di accecamento?
Un edificio dalle solide fondamenta potrà ricevere qualche danno dalle intemperie, potrà aver bisogno ogni tanto di restauri parziali: ma non può crollare così miseramente. Se ciò avviene vuol dire che le fondamenta erano marce o erano state costruite male o su di un cattivo terreno. Ciò che può far cadere un sacerdote così in basso non può essere un’offesa a certe modalità o qualità superficiali, contingenti o accidentali del suo sacerdozio, ma deve essere un insulto che lo distrugge dalle fondamenta o che dimostra che quel sacerdozio era fasullo.
E quale attacco, quale impulso diabolico può essere capace di avere la forza di distruggere un valore di fede così importante come il sacerdozio, se non l’eresia, che lo nega o lo falsifica? Eccoci dunque al punto centrale di questo articolo.
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Il rimedio a questo male, dunque, è riconoscere, dai frutti amari che produce, che da tempo si sono fatti magni passus extra viam. Occorre tornare al vero concetto del sacerdozio insegnatoci dalla Scrittura, dalla Tradizione, dal dogma, dai Concili, da S.Tommaso, dai Santi e dai Papi del postconcilio.
Il Papa, nella sua recente accorata Lettera alla Chiesa sul problema della pedofilia, suggerisce certo buoni propositi; ma non colpisce il morbo alla radice. Parla del «clericalismo» come causa del fenomeno, in quanto, secondo lui, il sacerdote si sentirebbe un dominatore. Io direi piuttosto che la vera causa è il secolarismo, piaga dalla quale siamo afflitti da cinquant’anni, nella quale Rahner riveste un ruolo di primo piano, piaga più volte denunciata dai Papi precedenti. Non si tratta dunque del sacerdote che abusa del suo sacerdozio, pur conservandone una giusta concezione, ma di stolti che non sanno più cosa è il sacerdozio. Dovrebbero andare a scuola da Don Camillo e ricostruirebbero la loro spina dorsale.
P.Giovanni Cavalcoli - Varazze, 21 agosto 2018
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