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di Padre Giovanni Cavalcoli
È interessante raffrontare la vicenda di Lutero dopo che accusò il Papa con quella di Mons.Viganò, relativa alle conseguenze della pubblicazione del suo memoriale. Troviamo delle somiglianze accanto a ben più profonde differenze.
Somiglianze: due uomini di Chiesa, che accusano il Papa regnante di gravi colpe nel governo della Chiesa, in vista di una riforma. Entrambi, ricercati dai difensori del Papa, si nascondono in una località segreta, protetti da seguaci, per sottrarsi alle loro ricerche. Molti sono quelli che li appoggiano; altri disapprovano.
Ma ben più serie sono le differenze: Lutero, misconoscendo l’autorità del Papa, la vuole abbattere come falsa e prevaricatrice, per cui redarguisce il Papa non solo nella condotta morale e in rapporto al governo della Chiesa, ma anche nella sua pretesa di essere il Vicario di Cristo, e nel
suo insegnamento religioso, che egli giudica contrario al Vangelo, accusandolo di essere in ciò un impostore ed un usurpatore.
Mons. Viganò invece riconosce l’autorità del Papa sia nel suo aspetto magisteriale che in quello pastorale. Egli sa che mentre come maestro della fede il Papa non erra e quindi non può essere giudicato, come detentore supremo nella Chiesa del potere pastorale e giurisdizionale, può peccare e disobbedire alla legge canonica, morale e divina, e quindi, se pecca, può essere giustamente redarguito, richiamato, rimproverato o accusato.
È proprio questo il caso del suo memoriale, nel quale egli, rifacendosi a fatti personalmente comprovati, denuncia la
«grave, sconcertante e peccaminosa condotta di Francesco», il quale «nel caso di McCarrick non solo non si è opposto al male, ma si è associato nel compiere il male con chi sapeva essere profondamente corrotto, ha seguito i consigli di chi ben sapeva essere un perverso, moltiplicando così in modo esponenziale con la sua suprema autorità il male operato da McCarrick. E quanti altri cattivi pastori Francesco sta ancora continuando ad appoggiare nella loro azione di distruzione della Chiesa! Francesco sta abdicando al mandato che Cristo diede a Pietro di confermare i fratelli. Anzi, con la sua azione li ha divisi, li induce in errore, incoraggia i lupi nel continuare a dilaniare le pecore del gregge di Cristo».
Certamente si tratta di accuse gravissime. Tuttavia, da queste parole di Viganò si vede chiaramente come, a differenza di Lutero che rimprovera il Papa d’aver inventato il primato di Pietro per sete di potere e per spadroneggiare sull’umanità, Viganò rimprovera il Papa proprio in nome del primato petrino, ricordandogli il suo dovere e per l’onore stesso della Sede apostolica. È proprio perché Francesco detiene le «somme chiavi» che egli per primo deve dare l’esempio di onestà e rettitudine. Questo è l’argomento di Viganò.
Invece Lutero si scaglia contro il Papa con maledizioni semplicemente accusandolo di voler usare un potere che non gli spetta. E se Viganò chiede a Francesco di rinunciare al trono pontificio, non è perché non crede nel primato petrino, ma perché vuole che quel trono sia occupato da persona degna.
La reazione del Papa nel caso di Lutero è pertanto ben giustificata, mentre si mostra inopportuno ed imbarazzato il silenzio di Francesco, accompagnato da una scarica di insulti contro Viganò da parte dei pretesi amici modernisti del Papa. Francesco, dal canto suo, sbaglia nel paragonare il suo silenzio a quello di Gesù al processo, perché mentre gli accusatori di Cristo erano dei malvagi, chi rimprovera il Papa come ha fatto Viganò, per quanto sia stato severo, in realtà non vuole altro che il bene di Francesco e della Chiesa.
È quindi sorprendente come Francesco prenda per amici degli adulatori, finti cattolici, che in realtà non credono nel primato petrino, né più né meno come i luterani. E difatti si vede dalla comunella che hanno avviato con loro – finto ecumenismo - concependo il papato semplicemente come un potere mondano, esattamente come lo sta attuando Francesco.
Egli dunque si fida di chi non dovrebbe fidarsi e maltratta, o ignora o non crede a chi gli vuol veramente bene, anche se gli dice verità spiacevoli. Ma, attaccato a se stesso com’è, accetta solo chi gli dà sempre ragione ed accontenta la sua voglia di successo, mentre si tiene lontano da chi gli rimprovera le sue mancanze e lo vorrebbe vero pastore e vera guida della Chiesa.
Chi dava la caccia a Lutero nascosto alla Wartburg protetto dai Prìncipi tedeschi ribelli a Roma era emissario di un Papa giustamente offeso e preoccupato per l’eterna salute del monaco eretico. Coloro che stanno dando la caccia a Mons. Viganò, nascosto probabilmente in un luogo segreto degli Stati Uniti, e protetto da sinceri cattolici, sono dei falsi zelanti della dignità pontificia.
Mentre Papa Leone ebbe tutte le ragioni per scomunicare Lutero, difficilmente possiamo immaginare quali ragioni i nemici del buon Viganò inventeranno per danneggiarlo, solo perché egli ha detto la verità, stimolando Papa Francesco a un sincero ravvedimento e ad un salutare atto di umiltà. Papa Francesco resta sempre il primo giudice; ma in tal caso dev’essere giudicato. Deve saper giudicare se stesso.
Lutero è rimasto alla storia come un falso riformatore e un falso profeta, che ha distrutto il papato e ha diviso la Chiesa. Viganò rimarrà alla storia come vero riformatore e vero profeta, che ha richiamato il Papa al suo dovere ed ha stimolato la Chiesa a una profonda purificazione e ad una più zelante ricerca della santità.
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