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È ancora tempo di Manuali di dottrina sociale della Chiesa? Di questi tempi l’uscita di un Manuale di Dottrina sociale della Chiesa è cosa da segnalare con sorpresa e soddisfazione. Mi riferisco a: George J. Woodall, Dottrina Sociale della Chiesa, Fede & Cultura, Verona 2018, appena uscito in libreria. Il volume rientra nella Collana “Teologia Ecclesiale” diretta dal prof. Don Mauro Gagliardi.
Perché è cosa da segnalare con sorpresa e soddisfazione? Perché il clima ecclesiale e teologico di oggi, caratterizzato da un acceso pastoralismo e da un prassismo scettico e sospettoso verso la dottrina, non è favorevole alla Dottrina sociale della Chiesa vista come “corpus” dottrinale. Ma per scriverne un manuale bisogna intenderla proprio così. Inoltre, come ho sopra detto, il manuale di don Woodall si inserisce in una Collana sistematica di teologia diretta da don Mauro Gagliardi. Così il corpus dottrinale della Dottrina sociale della Chiesa si colloca nel più ampio corpus dottrinale della dottrina della fede cattolica, come è giusto che sia. È la dottrina della fede cattolica a produrre la dottrina sociale della Chiesa ed è questa, a sua volta, ad illuminare i problemi sociali pratici da risolvere. Oggi, invece, si tende a rovesciare il percorso: dai contesti sociologici alla Dottrina sociale della Chiesa e da questa alla dottrina della fede. È chiaro che in questa impostazione un Manuale sarebbe fuori luogo.
C’è stato un tempo in cui i manuali vennero sostituiti dai Dizionari. Vorrei ricordare qui almeno quello dell’Università Cattolica di Milano, pubblicato da Vita e Pensiero nel 2004, e quello curato da Enrique Colom e da Giampaolo Crepaldi, edito dalla LAS nel 2005. Quest’ultimo si è imposto e ha avuto una notevole fortuna sia per l’importanza dei due curatori, sia perché usciva a nome del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Quello della Cattolica nasceva soprattutto dalla necessità di far lavorare concretamente i professori dell’ateneo milanese attorno alla Dottrina sociale. Niente da dire sull’utilità dei Dizionari di Dottrina sociale della Chiesa, però va osservato che la loro impostazione non è sistematica ma frammentata. Si accordavano meglio con una cultura della dispersione postmoderna ma proprio per questo non esprimevano pienamente il carattere architettonico della Dottrina sociale della Chiesa che non è una somma di spunti ma un sapere vero e proprio ben compaginato.
Negli anni Novanta del secolo scorso c’era un forte dibattito tra gli esperti sulla natura della Dottrina sociale della Chiesa: se essa fosse teologia morale (come indicava il n. 41 della Sollicitudo rei socialis di GPII), o teologia sociale (come volevano invece alcuni professori dell’Istituto di Pastorale Redemptor hominis della Lateranense), oppure una categoria a sé stante (come pure affermato dalla suddetta enciclica di GPII). Tutti coloro che, come il sottoscritto, allora premevano perché la Dottrina sociale della Chiesa si configurasse come una disciplina a sé stante, pur con la formalità della teologia morale, e quindi con un proprio insegnamento specifico nelle facoltà teologiche e nei seminari, premevano per la pubblicazione di manuali specificamente dedicati e non di dizionari.
Queste diatribe ormai sono dimenticate, la Dottrina sociale della Chiesa continua ad essere insegnata non “a sé” ma dentro altre discipline, come per esempio la morale sociale, quando non venga nemmeno insegnata senza che nessuno se ne lamenti più. Anche questo è un sintomo del fallimento del progetto di rilancio di Giovanni Paolo II della Dottrina sociale della Chiesa, come ha riconosciuto l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi in un suo libro recente (La Chiesa italiana e il futuro della pastorale sociale, Cantagalli, Siena 2017).
Metodo induttivo e deduttivo
Uno dei meriti del nuovo Manuale del professor Woodall è di impostare bene la questione epistemologica. Le cose forse potevano essere dette anche in modo più forte, ma va apprezzato il pacato equilibrio dell’Autore. Secondo lui la lagnosa discussione sulle espressioni “Dottrina sociale della Chiesa” o “Insegnamento sociale della Chiesa” che ha caratterizzato soprattutto gli anni Novanta del secolo scorso, non è stata di grande valore (p. 20), e nemmeno la discussione sottostante riguardante l’opposizione tra metodo induttivo e metodo deduttivo (pp. 20-23). Qui l’autore avrebbe potuto fare dei nomi e indicare dei “colpevoli”. Ne cita solo uno nella bibliografia in calce al capitolo, vale a dire padre Bartolomeo Sorge, e senza indicarlo come “colpevole”. Ma il discorso di don Woodall è chiaro lo stesso, pur non essendo direttamente polemico. La sostituzione della metafisica, della dogmatica e della morale – “i principi e le norme” – con le scienze sociali ha sovvertito il metodo e imposto un procedere cosiddetto “induttivo” che spesso si lascia conquistare da “sociologismo” (p. 20). È capitato così che i documenti magisteriali si siano impregnati di valutazioni sociologiche di partenza prive sia di valore conoscitivo che magisteriale, creando confusione nei fedeli i quali pensano di dovere obbedienza alle considerazioni private del Papa sul riscaldamento globale o del Presidente della propria Conferenza episcopale sulle dinamiche delle migrazioni mentre questi temi non obbligano perché non riguardano né la fede né la morale.
Il metodo induttivo pone in primo piano le scienze sociali, le scienze sociali forniscono spesso dati ideologicamente orientati, quindi gran parte dei testi dei documenti magisteriali non è obbligante la fede del credente. Questa sequenza è difficilmente contestabile. Che ne è, quindi, degli ampi spazi dedicati dalla Evangelii Gaudium e dalla Laudato Si’ ai problemi ecologici e in particolare al cambiamento climatico e al riscaldamento globale? Il Prof. Woodall lo dice con chiarezza: “Occorre distinguere molto bene la dottrina sociale vera e propria dalle semplici opinioni personali di un pontefice sulla portata di certi sviluppi storici e da affermazioni di stampo scientifico-tecnico: due realtà che restano nettamente al di fuori della competenza del Magistero della Chiesa, che si limita a dottrine e insegnamenti de rebus fidei et morum… Altrettanto estranee a questa dottrina sono le affermazioni che sembrano constatare una ‘conferma papale’ del riscaldamento climatico, che invece è un fenomeno da verificare” (p. 22). Molti notano che il linguaggio dei documenti magisteriali in ambito ambientale adoperano ormai il linguaggio delle Nazioni Unite, questa ne è la causa.
Il rapporto tra l’ “antico” e il “nuovo”
Il Manuale di Woodall è molto ampio, naturalmente, come si conviene ad un Manuale. Qui non è possibile che qualche spigolatura. Una certamente interessante è il rapporto tra legge vecchia e legge nuova, quindi tra le disposizioni sociali del Vecchio testamento e quelle del Nuovo testamento. Vorrei ricordare qui che Benedetto XVI, nel suo famoso dialogo con il rabbino , aveva detto che non è possibile eliminare il Vecchio testamento nemmeno dalla dottrina sociale della chiesa e che la legge antica è da seguire e conservare. Il Manuale di Woodall esamina a lungo e in profondità le fonti scritturistiche della Dottrina sociale della Chiesa a cui dedica il II e il III capitolo (quest’ultimo particolarmente corposo) e sostiene sempre l’idea della continuità, mentre oggi si notano forti tendenze a sostituire gnosticamente la giustizia con la misericordia. Prendiamo ad esempio un capitolo apparentemente secondario, come quello riguardante l’usura (pp.74-75). L’Autore ritiene che il Nuovo Testamento non respinga per nulla le tesi casistiche sull’usura espresse nel Vecchio a tutela dei poveri che chiedono un prestito. Sarebbe quindi interessante chiedersi perché da molti secoli il Magistero non condanni più l’usura e perché. Se la Dottrina sociale della Chiesa si sbarazza, più o meno palesemente, del Vecchio Testamento non rimane più la stessa.
I principi della Dottrina sociale della Chiesa
Alle pagine 98-117 il Manuale presenta i principi fondamentali della DSC. Rischiosamente al primo posto è collocata la dignità della persana umana ma i rischi del personalismo sono tenuti sotto controllo dall’Autore. Dui notevole interesse l’nserimento di un “nuovo” principio ne “La gerarchia dei valori”, interessante perché rimanda ad un ordine ontologico (il valore infatti esprime l’essere come apprezzabile) che getta una luce anche su gli altri principi impedendone una valutazione soggettivistica o relativista. Questo potrebbe essere il caso del capitolo sulla libertà religiosa, tema sempre molto insidioso: considerarlo un principio vero e proprio della Dottrina sociale della Chiesa contiene aspetti di temerarietà che vengono attenuati dall’equilibrio argomentativo dell’Autore e dalla compensazione reciproca tra i vari principi che si completano l’un l’altro. Il capitolo sul bene comune (pp. 102-103) non esplicita chiaramente la verticalità del bene comune, ossia la centralità di Dio nell’ambito pubblico e il ruolo pubblico essenziale della religione cattolica e della Chiesa, ma la carenza è poi compensata da altre considerazioni in altri luoghi. Anche il principio della ”legalità” (pp. 115-116) è nuovo rispetto alle classiche enumerazioni dei principi della Dottrina sociale della Chiesa, ed anche questo si presta a possibili errate interpretazioni che l’Autore cerca di evitare. Positivo che non sia indicato il principio della “Scelta preferenziale per i poveri”, come da qualche tempo viene fatto, in quanto si tratta di un principio ambiguo.
Come già detto, il nuovo Manuale è completo e ricco, equilibrato anche nel prospettare delle novità che forse avrebbero meritato una maggiore forza, comunque coraggioso pur nell’argomentazione sempre pacata e ragionevole. Un’opera attendibile e di sicuro punto di riferimento che tratta argomenti di frontiera dando l’impressione di concedere qualcosa al moderno nel tentativo di ricomprenderlo nella tradizione cattolica senza cadere nel modernismo. Un equilibrio non sempre facile da mantenere. Interessanti anche tematiche non sempre trattate nei Manuali come l’obbedienza, la bioetica, l’educazione sessuale, la comunicazione.
Segnalo infine la notevole attenzione riservata dall’Autore agli scritti dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, frequentemente citati in nota, e quindi all’attività del nostro Osservatorio.
Tratto da: Stefano Fontana, Van Thuan Observatory
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