di Mons. Gino Oliosi
Il centro di ogni esistenza umana, ciò che dà senso e ferma speranza al cammino spesso difficile della vita è la fede in Gesù cioè Dio in un volto umano, l’incontro ecclesiale con Cristo, cioè Lui risorto e amare come Lui ci ama
Il centro di ogni esistenza umana, ciò che dà senso e ferma speranza al cammino spesso difficile della vita è la fede in Gesù cioè Dio in un volto umano, l’incontro ecclesiale con Cristo, cioè Lui risorto e amare come Lui ci ama
Nella liturgia della Parola di questa Domenica continua la lettura del 6° capitolo del Vangelo di Giovanni. Siamo nella sinagoga di Cafarnao dove Gesù sta tenendo il suo noto discorso sulla moltiplicazione dei pani. La gente l’aveva cercato per farlo re, ma Gesù, invitando i discepoli ad
imbarcarsi, si era ritirato, prima solo sul monte con Dio, con il Padre, e poi a Cafarnao. Non vedendolo, si era messa a cercarlo, era salita sulle barche per raggiungere l’altra riva del lago e finalmente l’aveva trovato. Ma Gesù sapeva bene il perché di tanto entusiasmo nel seguirlo e lo dice anche con chiarezza: voi “mi cercate non perché avete visto segni (perché il vostro cuore è stato impressionato e vi ha posto una domanda), ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati” (v. 26). Gesù vuole aiutare la gente ad andare oltre la soddisfazione immediata delle proprie necessità materiali, pur importanti ma da non idolatrare. Vuole aprire ad un orizzonte di vita veramente vita che non è semplicemente quello delle preoccupazioni quotidiane del mangiare, del vestire, della carriera, del progresso nel tempo. Gesù parla di un cibo che non perisce con la morte, che è importante cercare e accogliere liberamente cioè per amore per amare fraternamente in modo divino nell’uguaglianza e nella libertà. Quindi Egli afferma: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’Uomo vi darà” (v. 27).
La folla non comprende, crede che Gesù chieda l’osservanza di precetti per poter ottenere la continuazione di quel miracolo, e chiede: “Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?” (v.28). La risposta di Gesù è chiara: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” (v. 29). Il centro dell’esistenza, ciò che dà senso e ferma speranza affidabile al cammino spesso difficile di ogni vita è la fede in Gesù cioè nel Dio che ha assunto, che possiede un volto umano, l’incontro sacramentale con Lui crocefisso risorto cioè con Cristo. Anche noi qui convenuti per ascoltare la Sua parola, per incontrarlo sacramentalmente domandiamo: “cosa dobbiamo fare per avere la vita veramente vita che dura eternamente nell’anima e nel corpo?”. E Gesù oggi vivo, sacramentalmente, ecclesialmente qui con noi ci ripete: “credete in me, fidatevi, affidatevi”. La fede è la cosa fondamentale insieme alla speranza e alla carità. Non si tratta qui solo di seguire un’idea, un progetto, ma di incontrare sacramentalmente quel Gesù di allora come una Persona viva oggi, l’Essere divino nel suo Corpo che è la Chiesa, di lasciarsi coinvolgere totalmente da Lui e dal suo Vangelo, di amare fino al coraggio di perdonare, come lui ci ama, ci perdona. Gesù invita a non fermarsi all’orizzonte puramente umano e ad aprirsi all’orizzonte di figli nel Figlio di Dio, alla paternità universale del Padre nello Spirito Santo, all’orizzonte della fede, della speranza affidabile con cui affrontare il presente, anche difficile, anche mortale, anche terminale. Egli esige un’unica opera cui rifarsi in tutte le scelte: accogliere il piano di Dio, cioè “credere a colui che Egli ha mandato” (v. 29). Mosè aveva dato ad Israele la manna, il pane dal cielo, con il quale Dio stesso aveva nutrito il suo popolo. Gesù non dona qualcosa, dona Se stesso: è Lui il “pane vero, disceso dal cielo”, Lui la Parola vivente del Padre, con Lui incontriamo nel suo Corpo che è la Chiesa il Dio vivente per amare fraternamente come lui ci ama.
“Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” (v. 28) chiede la folla, pronta ad agire, perché il miracolo dei cinque pani e due pesci continui. Ma Gesù, vero pane di vita veramente vita che sazia la nostra fame di senso, di verità, di speranza affidabile, di amore, di perdono, non si può “guadagnare” con il lavoro umano; viene a noi soltanto come dono dell’amore di Dio, come opera di Dio da chiedere e da accogliere in famiglia e nella società.
Nelle giornate cariche di occupazioni e di problemi, ma anche in quelle di riposo e di distensione, il Signore ci invita a non dimenticare che se è necessario preoccuparci del pane materiale e ritemprare le forze nelle ferie, ancora più fondamentale è far crescere il rapporto con Lui con la Messa almeno di ogni Domenica, innalzando continuamente mente e cuore a Lui ogni giorno nel lavoro, rafforzare la nostra fede in Colui che è il “pame di vita”, che riempie il nostro desiderio di verità, di amore, il coraggio di perdonare come lui ci perdona. La Vergine Maria, nel giorno in cui ricordiamo la dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma e ci prepariamo a celebrare Assunta in cielo in anima e copro, segno di fiducia e di speranza, ci sostenga nel nostro cammino di fede.
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