di Mons. Gino Oliosi
La Messa di ogni Domenica è un cibo potente e meraviglioso, che comunica l’amore, il coraggio di perdonare e di affrontare tutte le difficoltà trasformandole in occasioni di bene
La Messa di ogni Domenica è un cibo potente e meraviglioso, che comunica l’amore, il coraggio di perdonare e di affrontare tutte le difficoltà trasformandole in occasioni di bene
La lettura del 6° capitolo del Vangelo di Giovanni, che ci accompagna in queste Domeniche nella Liturgia, ci ha condotti a riflettere sul segno della moltiplicazione del pane, con il quale il Signore ha sfamato una folla di cinquemila
uomini, e sull’invito che Gesù rivolge a quanti aveva saziato di darsi da fare per un cibo di vita veramente vita che la docilità profonda al Padre ascoltando la sua voce che c’invita a respingere il male e a fare il bene, ci fa entrare in una relazione autentica con il Figlio dal volto umano per la vita veramente vita. Gesù vuole aiutarli a non fermarsi al miracolo ma a comprenderlo come segno profondo del prodigio che ha operato: nel saziare in modo miracoloso la loro fame fisica, li dispone ad accogliere l’annuncio che Egli, volto umano di Dio, è il pane disceso dal Cielo (Gv 6,41), che sazia in modo definitivo dando la vita veramente vita. Anche il popolo ebraico, durante il lungo cammino nel deserto, aveva esperimentato un pane, disceso dal cielo, la manna che lo aveva mantenuto in vita, fino all’arrivo nella terra promessa. Anche Elia, scoraggiato perché come profeta si sente solo, non ha nessuno che lo aiuti , si addormenta sotto un ginepro riceve un pane da un angelo per il lungo cammino verso l’Oreb, il monte di Dio.
Ora, Gesù parla di sé come crocefisso risorto che si fa presente nel vero pane eucaristico disceso dal cielo, capace di mantenere in vita veramente vita non per un momento o per un tratto di cammino di quarant’anni, quaranta giorni e quaranta notti (“quaranta” è un numero simbolico che significa un massimo temporale di distanza), ma per sempre, fuori dello spazio e del tempo come è la vita di Dio e in Dio. Lui, uomo-Dio è il cibo che dà la vita eterna, perché è il Figlio unigenito di Dio, che con lo Spirito Santo sta nel seno del Padre, venuto per dare ad ogni uomo la vita in pienezza come figli nel Figlio, per introdurre ogni uomo nella stessa vita di Dio: tutto il vissuto rimanda a questo rendendoci inquieti in questa vita temporale anche con tutti i beni.
Nel pensiero ebraico, richiamato continuamente dai profeti, era chiaro che il vero pane del cielo cui rimandava la manna, il pane dell’angelo a Isaia, che nutriva Israele e il profeta, era la Legge, la parola di Dio, il Dio vivente che personalmente interviene nella storia. Il popolo di Israele riconosceva con chiarezza che la Torah era il dono fondamentale e duraturo di Mosè e l’elemento basilare che lo distingueva rispetto agli altri popoli come luce per tutti consisteva nel conoscere la volontà di Dio e dunque la giusta via per la vita veramente vita. Ora Gesù, nel manifestarsi come volto umano di Dio facendo miracoli come segni, si manifesta come pane eucaristico del cielo, testimonia di essere Lui la parola di Dio in Persona del Figlio del Padre nello Spirito Santo, la Parola incarnata, attraverso cui ogni uomo può fare la volontà di Dio, l’Amore, il suo cibo (Gv 4,34), che orienta e sostiene l’esistenza.
Dubitare allora della divinità di Gesù di fronte al miracolo come segno della presenza e dell’azione di Dio con noi, come fanno i Giudei del passo evangelico di oggi, significa opporsi all’opera di Dio. Essi infatti affermano nonostante il segno: è il figlio di Giuseppe! Di lui conosciamo il padre e la madre! (Gv 6,42). Essi non vogliono andare oltre le sue origini terrene pur avendo il segno, e per questo si rifiutano di accoglierlo come Parola di Dio fattasi carne in un volto umano. Gesù non è il figlio di Giuseppe, ma è il Figlio del Padre celeste. Per avere una relazione profonda con Lui, non basta un’attrazione umana, esterna anche miracolosa, ma occorre un’attrazione divina che viene data se siamo docili al Padre e ascoltiamo la sua voce che ci invita a respingere il male e a fare il bene e quindi attirati da Lui entriamo in una relazione autentica con Gesù, oggi presente e operante nell’essere divino-umano del suo Corpo di risorto che è la Chiesa, soprattutto nella celebrazione eucaristica almeno della Domenica.
Ascoltiamo realmente questa fame interiore, la fame della parola del Dio vivente, la fame di conoscere il vero senso della vita. Nella cultura secolarizzata non è facile l’ascolto di questa esigenza interiore di essere attirati da Dio Padre. Ma chi lo scolta e si lascia istruire da Lui può credere in Gesù, incontrarlo oggi e nutrirsi di Lui nella Messa almeno della Domenica e così trovare la vera vita, la strada della vita, la giustizia, la verità, l’amore, il coraggio del perdono fino alla “inammissibilità” della pena di morte. Sant’Agostino: “Il Signore affermò di essere il pane che discende dal cielo, esortando ci a credere in Lui. Mangiare il pane vivo, infatti significa credere in Lui, fidarsi e affidarsi. E chi crede, mangia adorandolo; in modo invisibile è saziato, come in modo invisibile rinasce a una vita più profonda, più vera, rinasce di dentro, nel suo intimo divento continuamente uomo nuovo”. Invocando Maria Santissima in questa novena alla sua Pasqua di Assunta, chiediamole di guidarci all’incontro almeno domenicale con Gesù perché la nostra amicizia con Lui sia sempre più intensa; chiediamole di introdurci nella piena comunione di amore con il suo Figlio, il pane vivo disceso dal cielo, così da essere continuamente rinnovati nell’intimo del nostro essere.
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