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«Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano» (Gal 2, 19-21). Così San Paolo visse il suo sacerdozio e così ogni sacerdote è chiamato da Cristo a vivere la propria identità sacramentale. Proprio su questo tema proponiamo un bellissimo libro: Il sacerdote non si appartiene. L’unione al Sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo di Fulton J. Sheen, con la prefazione del Cardinale Raymond Leo Burke, pubblicato da Fede & Cultura.
Fulton John Sheen, nato a El Paso, negli Stati Uniti l’8 maggio 1895 e scomparso a New York il 9 dicembre 1979, venne ordinato sacerdote il 20 settembre 1919. Frequentò l’Università Cattolica di New York e successivamente, nel 1923, ottenne il dottorato in Filosofia all’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio.
Il 28 maggio 1951 papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Cesariana e Vescovo ausiliare di New York; ricevette la consacrazione episcopale l’11 giugno successivo dalle mani del Cardinale Adeodato Giovanni Piazza. Il 21 ottobre 1966 papa Paolo VI lo nominò Vescovo di Rochester; rassegnò le dimissioni per raggiunti limiti d’età il 6 ottobre 1969: da quel giorno e fino alla sua morte è stato arcivescovo titolare di Newport.
Nel 2002 si avviò il processo di beatificazione e il 28 giugno 2012 papa Benedetto XVI dichiarò eroiche le sue virtù attribuendogli il titolo di Venerabile. Il suo corpo riposa nella cripta della cattedrale di San Patrizio a New York.
Il Vescovo Sheen fu molto celebre per la sua fervente attività di predicazione attraverso i mezzi radiofonici e televisivi. L’approfondimento e la meditazione delle Sacra Scritture, uniti alla preghiera alla presenza della Santissima Eucaristia, furono i cardini della sua appassionata opera di apostolato. Il libro che qui proponiamo accompagna il lettore alla scoperta del mistero sacerdotale e delle meraviglie del suo stato, meraviglie che si manifestano nell’anima sacerdotale che ha scelto di appartenere soltanto a Cristo e che, grazie a ciò, si palesano anche nelle anime dei fedeli. Protagonista del testo è la Grazia divina, alla quale il Sacerdote è tenuto ad offrirsi totalmente come canale di congiunzione fra il Cielo e la terra. Si tratta di una meditazione profonda, saldamente legata alle Sacre Scritture e, allo stesso tempo, proiettata a riflettere sul ruolo del sacerdote, chiamato a vivere con fedeltà la sua missione nel mondo, pur non appartenendovi.
Scrive il Cardinale Burke:
«Nel suo capolavoro sul sacerdozio, Il sacerdote non si appartiene, dedicato alla Beata Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre di Sacerdoti, il Venerabile Fulton J. Sheen insiste sulla realtà sacramentale del sacerdozio che necessariamente coinvolge l’offerta totale dell’essere del sacerdote per amore di Gesù e delle anime, membra del Corpo Mistico di Gesù, affidate alla sua cura sacerdotale. Configurato sacramentalmente a Cristo, Capo e Pastore del gregge del Padre, il sacerdote è anche configurato a Cristo, Vittima per la salvezza del mondo. Come nella Santissima Eucaristia, Mistero della fede, Cristo Sommo Sacerdote offre il Sacrificio e, allo stesso tempo, è la Vittima Offerta – l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo – così anche il sacerdote, agendo nella persona di Cristo nel modo più perfetto possibile nell’offerta della Santa Messa, non è unito al Cristo soltanto nell’atto dell’offerta ma anche nell’atto dell’offrire se stesso. Cristo, Sacerdote e Vittima, dona ai suoi sacerdoti la grazia di essere, con Lui, sacerdote e vittima. La Madonna, ai piedi della Croce del Suo Figlio Divino, il Venerdì Santo, sta anche ogni giorno al fianco di ciascun sacerdote nell’offerta di se stesso per il gregge nel Santo Sacrificio della Messa».
Il sacerdote, afferma l’autore, è come la scala di Giacobbe: separato dal mondo, perso il proprio io, egli deve attribuire tutte quante le azioni della sua consacrazione alla Persona di Gesù Cristo: «E tutto quello che fate in parole e opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre» (Col 3, 17). È fondamentale, quindi, ricordare che l’ideale del sacerdote è quello di avere la Persona di Cristo come unica fonte della propria responsabilità, tanto negli atti che producono il loro effetto ex opere operato, quanto in quelli che sono fecondi ex opere operantis, così come insegna la dottrina scolastica. Infatti, scrive Sheen: «Noi agiamo, viviamo, pensiamo, preghiamo non a nome nostro o della nostra personalità, ma a suo nome. Noi non siamo che i tralci, Egli è la vite (GV 15, 1-10). La vite e i tralci hanno la stessa vita, sono nutriti della stessa linfa e lavorano insieme per la produzione del medesimo frutto. Non formano che un unico essere, non hanno che un’identica azione […] La nostra sublime dignità non consiste esclusivamente nel carattere sacerdotale che ci è stato conferito con gli Ordini Sacri, ma anche in ciò che questo carattere richiede come suo completamento, vale a dire il Cristo che si sostituisce nella nostra personalità. Allora noi cresciamo in Cristo, come Maria. Certamente, la nostra Madre benedetta era spiritualmente più ricca nel giorno del Natale che in quello dell’Annunciazione; più ricca a Cana che a Betlemme, più ricca sul Calvario che a Cana, più ricca nel Cenacolo che sul Golgota» (p. 59).
Quando i fedeli pregheranno intensamente per poter avere sacerdoti di questo calibro non solo nelle parrocchie, ma anche nelle alte gerarchie della Chiesa, il Signore, attraverso la mediazione di Maria Santissima, si chinerà sulle suppliche sincere e ardenti di un gregge spaventato, confuso e assetato della sola Verità portata da Gesù Cristo, Sommo Sacerdote.
Tratto da: Cristina Siccardi su Riscossa cristiana
Tratto da: Cristina Siccardi su Riscossa cristiana
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