di Mons. Gino Oliosi
Nell’Eucaristia il crocefisso risorto moltiplica ogni giorno l’attualizzazione del suo sacrificio per donarci la capacità di amare come Dio ci ama in tutti come figli, come fratelli
Nell’Eucaristia il crocefisso risorto moltiplica ogni giorno l’attualizzazione del suo sacrificio per donarci la capacità di amare come Dio ci ama in tutti come figli, come fratelli
Nell’odierna domenica abbiamo iniziato la lettura del capitolo 6° del Vangelo di Giovanni. Il capitolo si apre con la scena della moltiplicazione dei pani, che poi Gesù commenta nella sinagoga di Cafarnao, indicando in Se stesso il ”pane” disceso da cielo, che dona la vita di figli nel Figlio di Dio che
è Padre, la capacità di amare fraternamente come Lui ama. Le azioni compiute da Gesù sono parallele a quelle dell’Ultima Cena: “Prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti” – così dice il Vangelo (Gv 6,11). L’insistenza sul tema del “pane”, che viene condiviso, e sul rendere grazie richiamano l’Eucaristia, l’attualizzazione in ogni tempo e luogo del Sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo.
L’Evangelista osserva che la Pasqua, la festa, era ormai vicina (v. 4). Lo sguardo si orienta verso la Croce, la rivelazione dell’altezza, della lunghezza, della larghezza, della profondità dell’amore divino, e verso l’Eucaristia, il perpetuarsi sacramentale di questo dono: Cristo si fa pane di vita per gli uomini. Sant’Agostino commenta così: “Chi, se non Cristo, è il pane del cielo? Ma perché l’uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo. Se tale non si fosse fatto, non avremmo il suo corpo; non avendo veramente, sostanzialmente, il corpo proprio di Lui, non mangeremo il pane dell’altare” (Sermone 130,2). L’Eucaristia è il permanete grande incontro, almeno di ogni Domenica, dell’uomo con Dio, in cui il Signore cioè il datore di ogni bene si fa nostro cibo, dà se stesso per trasformarci fraternamente in Lui stesso, figli nel Figlio del Padre per opera dello Spirito Santo.
Nella scena della moltiplicazione, viene segnalata anche la presenza di un ragazzo, che, di fronte alla difficoltà di sfamare tanta gente, mette in comune quel poco che ha: cinque pani e due pesci per quindicimila persone (Gv 6,8). Il miracolo della transustanziazione non si produce da niente, ma da una prima modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù non chiede quello che non abbiamo, ma ci fa vedere che se ciascuno offre quel poco che ha, può compiersi sempre di nuovo il miracolo: Dio è capace di moltiplicare il nostro piccolo gesto di amore e renderci partecipi del suo dono di figli in Lui Figlio del Padre nello Spirito Santo. La folla è colpita dal prodigio: vede in Gesù il nuovo Mosè degno del potere, e nella nuova manna il futuro assicurato, ma si ferma all’elemento materiale, che hanno mangiato, e il signore, “sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo” (Gv 6,5) provocando la più grande crisi di fiducia. Gesù non è un re terreno che esercita il dominio, ma un re che serve nel farsi dono, che si china su ogni uomo per saziare non solo la fame materiale, ma soprattutto la fame più profonda, la fame di orientamento, di senso, di verità di vita veramente vita cioè di Dio creatore e redentore.
Chiediamo al Signore di farci riscoprire l’importanza di nutrirci non solo di pane, ma di verità, di amore, di Cristo, del corpo vero, reale, sostanziale di Cristo, partecipando fedelmente e con grande consapevolezza all’Eucaristia almeno ogni Domenica, per essere più intimamente uniti a Lui. Infatti non è l’alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati in Lui. Allo stesso tempo, vogliamo pregare e agire perché non manchi mai a nessuno il pane necessario per una vita dignitosa, e siano abbattute le attuali e terribili disuguaglianze non con le armi della violenza, ma con la condivisione e l’amore, disuguaglianze che causano anche l’immigrazione.
Ci affidiamo alla Vergine Maria, mentre invochiamo su di noi e sui nostri cari la sua materna intercessione.
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