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Spiega Gotti Tedeschi in un suo intervento su Radio Spada del 2017:
"Se una persona matura prendesse consapevolezza di cosa significa non fare figli, dal punto di vista morale, sociale, psicologico ed economico, e si rendesse conto soprattutto di cosa significa, non solo per sé, ma per la società, per i genitori, per lo stesso figlio unico (se c’è), ebbene questa persona rabbrividirebbe.
Ma questa consapevolezza non c’è perché non deve esserci, o meglio, non si vuole che ci sia. Il problema è infatti culturale.
Ma questa consapevolezza non c’è perché non deve esserci, o meglio, non si vuole che ci sia. Il problema è infatti culturale.
Che sia culturale lo si intende vedendo affermare un presunto ruolo che deve avere la donna nella società, svalorizzante (culturalmente e socialmente), il suo potenziale ruolo di madre educatrice, ridotta a “fare figli cui pulire il sederino, rammendare e far la cuoca”. Svilente insomma.
Che sia culturale il problema lo si intende anche osservando cosa è la cultura dominante di benessere proposta in cambio, falsa ed insostenibile, che vuole famiglie giulive monofiglio con capelli biondi a caschetto, e due Ipad o smartphone. Culturalmente inconsapevoli che crescita zero della popolazione significa due figli a coppia, cioè tasso di sostituzione. Un figlio a coppia significa (in prospettiva) ridurre del 50% la popolazione.
Chi ha creato questa cultura? Chi ha educato in tal senso verso questi valori? Anzitutto la cultura neomaltusiana ambientalista che vorrebbe appunto ridurre del 50% la popolazione per non ferire l’ambiente. Perché l’uomo è cancro della natura. Lo sapeva? In realtà è un attacco gnostico alla Genesi, che neppure i teologi sembrano aver inteso. Corresponsabile di questa educazione è la stessa famiglia formatasi sulle ceneri del ’68 , priva di valori esistenziali e piena invece di esistenzialismo alla Heidegger".
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