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Forse non tutti sanno che Giovanni XXIII chiese a Giovannino Guareschi di scrivere un “piccolo catechismo”, che riassumesse i contenuti essenziali della fede cristiana. Nel 1959 in Vaticano si sondò la disponibilità del padre di don Camillo a riscrivere il catechismo in una forma più adatta ai tempi. Guareschi non se la sentì di accettare.
La Chiesa, disse, aveva già troppi problemi e non vedeva la necessità di metterci del suo. Prevedeva la sicura e feroce reazione di clericali, bacchettoni e benpensanti, che non gli avevano perdonato la polemica contro lo strapotere democristiano e l’affare De Gasperi. Ma il progetto lo affascinava e, in seguito, rimpianse di non averlo realizzato. Ogni passo fondamentale della dottrina, pensava, si sarebbe prestato a essere illustrato da un racconto, il cui incipit avrebbe potuto essere: «Un giorno don Camillo…».
Questo libro vuole dare almeno l’idea di ciò che i cattolici si sono persi. Non è il “Catechismo di don Camillo” e non è neppure, semplicemente, il “Catechismo” in senso stretto. Ancora meno è la forzatura del pensiero di Guareschi in chiave clericale. È solo un omaggio nei confronti della dottrina cattolica di sempre e verso un uomo che avrebbe potuto raccontarla come nessun altro ha mai fatto.
Questo libro vuole dare almeno l’idea di ciò che i cattolici si sono persi. Non è il “Catechismo di don Camillo” e non è neppure, semplicemente, il “Catechismo” in senso stretto. Ancora meno è la forzatura del pensiero di Guareschi in chiave clericale. È solo un omaggio nei confronti della dottrina cattolica di sempre e verso un uomo che avrebbe potuto raccontarla come nessun altro ha mai fatto.
L’operazione è abbastanza semplice. Il Catechismo Maggiore di san Pio X è stato immerso nell’universo letterario guareschiano. Il rigore delle formule ha incontrato la vita di personaggi squinternati quanto altri mai. «Cielo e terra si sono parlati e i loro discorsi sono risultati tutt’altro che privi di senso», scrive il curatore dell’operazione, Alessandro Gnocchi. «Anzi, hanno dimostrato che letteratura e ortodossia possono benissimo andare a braccetto. E non soltanto quando ci sono di mezzo il Cristo crocifisso e un parroco a prova di eresia come don Camillo. Ma anche quando ci si avventura lungo altre contrade del mondo guareschiano: come quelle del Diario clandestino, del Corrierino delle famiglie o delle lettere dalla prigionia».
Il risultato più curioso di questa operazione sta in una duplice considerazione. Una era prevedibile: se il rigore del catechismo getta ulteriore luce sulla forza letteraria della multiforme opera guareschiana, gli spunti dei racconti di Guareschi mostrano quanto tagliente e preciso sia il Catechismo di san Pio X. L’altra, completamente speculare a questa, era meno scontata: mentre la rilettura della dottrina cattolica sottolinea l’ortodossia dello scrittore, le suggestioni del mondo guareschiano esaltano la bellezza letteraria di formule solo apparentemente asciutte e asettiche.
Tratto da: Radici Cristiane
Tratto da: Radici Cristiane
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