Solo Gesù Cristo va esaltato

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Uno dei momenti più difficili e penosi della giornata del Padre era proprio quello del contatto con la folla, quando lasciava il confessionale per rientrare dalla chiesa in convento. Tanti avevano potuto parlargli, scaricarsi il cuore da ansie e tormenti, ricevere una parola di conforto e di speranza. Tanti però, i più, i meno fortunati aspettavano di trarre dal suo passaggio una briciola di bene.
Allora poteva succedere di tutto: chi cercava di lanciargli un messaggio, chi sperava di ricevere almeno una benedizione, chi desiderava sfiorare con la mano il suo corpo di taumaturgo: così la cura, l’abilità, l’energia dei giovani sacerdoti posti accanto al Padre non bastavano a contenere l’impeto del popolo a lui devoto. 


E Padre Pio era costretto a difendere la sua virtù, rifugiandosi nel fare la faccia dura. Era il suo atteggiamento voluto, scelto per demitizzare la sua persona agli occhi del popolo che lo venerava come santo e così premunirsi contro la tentazione di superbia: era un mortificare se stesso più che mortificare gli altri. [...].
Il fanatismo: un’altra cosa che Padre Pio non poteva tollerare. Anche in questo caso il ricorso alle maniere forti era d’obbligo. Un giorno diceva a Padre Pellegrino: «Questa gente già mi crede un padreterno. Se io non la maltratto, il fanatismo arriverà ad un punto che noi non potremo più vivere».
Si sentiva profondamente mortificato dal culto esteriore della sua persona, spogliata dal segno di essere un richiamo verso Dio.

Ma, allorquando si liberava dalla folla, appena varcata la soglia della clausura, egli ritornava nella sua calma assoluta. L’avreste visto subito sorridere come un bambino e riprendere l’aspetto fascinoso suo solito. [...].
Una sera un seminarista di Varese, ammesso alla piccola ricreazione dopo la benedizione eucaristica, pensando che Padre Pio fosse turbato con lui, perché al mattino ad un gruppo di suoi concittadini aveva smorzato l’entusiasmo di una devozione un po’ eccessiva, volle chiedergli scusa anche a loro nome.

Ma il padre amabile e dolce gli rispose: «Le parole debbono essere così, se no ci ammazzano per l’entusiasmo. Internamente, però, mai la serenità va via. E se sapessi quanto amo tutti!».
Padre Torquato Cavaterri da Lecore, superiore provinciale, osserva: «Padre Pio era tenace e forte nel difendere la sua idea, quando era convinto di essere nella verità. A prima vista poteva dare l’impressione, assistendo alle sue discussioni, che la sua tenacia non si potesse armonizzare con la virtù dell’umiltà. Eppure io sono convinto che Padre Pio fosse un’anima molto umile».
Padre Raffaele D’Addario, che è stato molti anni con Padre Pio, ci offre una testimonianza molto chiarificatrice sull’argomento. Egli scrive: «A proposito del carattere forte di Padre Pio, ricordo che una volta egli insisteva, in un ragionamento, ad aver ragione. Gli dissi: “Padre, ma lei è testardo”. Mi espressi, però, così tanto per dire e per farlo parlare. Ed egli: “Bisogna insistere nella conoscenza della verità, perché, se una cosa non si conosce, non si può amare. La virtù è propria della persona che ha intelligenza: il virtuoso quindi deve ragionare, e poi comportarsi da intelligente e non da stupido; perché, purtroppo, chi non ha intelligenza non può essere molto virtuoso, fa le cose solo naturalmente, senza merito; ed avrà da Dio quel tanto di merito che è proporzionato alla sua intelligenza”».

Il Padre è nella linea della logica più stringata. Egli, in pratica, ha sostenuto nel suo parlare un principio filosofico che dice: Nihil amatum nisi praecognitum: niente può essere amato, se prima non è conosciuto.

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