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"Fu l’Aquinate a battezzare Aristotele, mentre Aristotele non avrebbe potuto battezzare l’Aquinate; fu un miracolo squisitamente cristiano a far risuscitare il grande pagano. E questo si può dimostrare in tre modi (come direbbe lo stesso san Tommaso), che sarà bene riassumerre come una sorta di sommario di questo libro:
Primo, nella vita di san Tommaso, lo dimostra il fatto che solo la sua enorme e solida ortodossia avrebbe potuto sostenere tante cose che allora non sembravano ortodosse.
La carità copre una gran quantità di peccati; allo stesso modo l’ortodossia copre una gran quantità di eresie. Proprio perché il suo personale cattolicesimo era così convincente, al suo impersonale aristotelismo fu concesso il beneficio del dubbio… Un detto tipico del cinismo moderno si riferisce a un uomo così buono da essere definito buono a nulla. San Tommaso era così buono da essere buono a tutto; e il suo nome garantiva per buono ciò che gli altri consideravano come le più efferate e sconvolgenti teorie, destinate a finire nel culto del nulla. Che avesse o meno battezzato Aristotele, di Aristotele fu certamente il padrino; fu il suo garante; giurò che l’antico greco non avrebbe fatto alcun male, e tutto il mondo credette alla sua parola.
Secondo, nella filosofia di san Tommaso, è dimostrato dal fatto che tutto si basava sul nuovo interesse cristiano per l’esame dei fatti, in quanto distinti dalle verità. La filosofia tomistica prese l’avvio dalle radici più basse del pensiero, i sensi e i truismi della ragione; e un sapiente pagano avrebbe magari disprezzato simili cose, così come disprezzava le arti servili. Ma il materialismo, che in un pagano è puro cinismo, in un cristiano può essere umiltà cristiana. San Tommaso era disposto a registrare i fatti e le sensazioni del mondo materiale, così come sarebbe stato disposto a cominciare lavando i piatti e le stoviglie al monastero. Il punto essenziale del suo aristotelismo era che, anche se il buon senso sulle cose era in realtà una sorta di compito servile, egli non doveva vergognarsi di essere servus servorum Dei. Tra i pagani, il puro scettico poteva diventare il puro cinico; Diogene nella sua botte [tub] aveva pur sempre un po’ del trombone [tub-thumber]; ma tra i santi perfino il sudiciume dei cinici veniva trasformato in polvere e cenere. Se perdiamo di vista questo, perdiamo di vista l’intero significato della più grande rivoluzione della storia. C’era un motivo per cominciare dalle cose più materiali, e addirittura più vili.
Terzo, nella teologia di san Tommaso, e dimostrato dalla verità che sostiene tutta quella teologia, e ogni altra teologia cristiana. C’era davvero una nuova ragione per considerare i sensi, le sensazioni del corpo, e le speranze dell’uomo comune, con un rispetto che avrebbe sbalordito il grande Aristotele, e che nel mondo antico nessuno avrebbe lontanamente capito. Il corpo non era più quello che era quando Platone, Porfirio e i mistici antichi l’avevano dato per morto. Era stato appeso su un patibolo. Era risorto dalla tomba. Per l’anima non era più possibile disprezzare i sensi, che erano stati gli organi di qualcosa che era più di un uomo. Platone aveva potuto disprezzare la carne, ma Dio non l’aveva disprezzata. I sensi erano stati veramente santificati, così come sono benedetti a uno a uno in un battesimo cattolico. “Vedere è credere” non era più la piatta banalità di un idiota o dell’uomo comune, come nel mondo di Platone; si mescolava alle condizioni della vera fede… Dal momento che l’Incarnazione era diventata l’idea centrale della nostra civiltà, era inevitabile che vi fosse un ritorno al materialismo, nel senso del profondo valore della materia e della creazione del corpo. Una volta risorto Cristo, era inevitabile che risorgesse Aristotele.
Ecco tre ragioni concrete, e più che soddisfacenti, per il sostegno complessivo dato dal santo a una filosofia solida e oggettiva. Ma c’è un’altra cosa, molto ampia e molto vaga… È difficile esprimerla pienamente senza correre il tremendo pericolo di essere popolari, o ciò che i modernisti a torto ritengono che sia essere popolari; insomma, di passare dalla religione alla religiosità. Ma c’è nell’Aquinate un tono generale e un accento che è difficile evitare, come la luce del sole in una grande casa piena di finestre. È quell’attitudine positiva della sua mente che è intrisa e imbevuta, come della luce del sole, del calore pieno di meraviglie per le cose create. C’è una sorta di personale audacia, nella sua professione di fede, che è quella che spinge gli uomini ad aggiungere ai propri nomi personali i tremendi titoli della Trinità e della Redenzione; cosicché una suora può chiamarsi “del Santo Spirito”, e un uomo portare il peso di un titolo come quello di san Giovanni della Croce. In questo senso, l’uomo che stiamo considerando potrebbe propriamente essere chiamato san Tommaso del Creatore. Gli Arabi hanno un modo di dire a proposito dei cento nomi di Dio; ma ereditano anche la tradizione di un tremendo nome che è impronunciabile perché esprime l’Essere stesso, muto e tuttavia spaventoso come l’esplosione inudibile di un istante: la proclamazione dell’Assoluto. E forse nessun altro uomo è mai arrivato così vicino a chiamare il Creatore col suo proprio nome, che si può solo scrivere Io Sono".
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