di Patrizia Floder Reitter (ProVita Onlus 14/2/2018)
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La culla vuota della civiltà. All’origine della crisi (pagine 176, editore Gondolin), scritto dall’europarlamentare Lorenzo Fontana e da Ettore Gotti Tedeschi, economista, ex presidente dello Ior, l’Istituto pontificio per le opere di religione (comunemente conosciuto come Banca vaticana), è il libro appena pubblicato sul declino demografico ma anche economico del nostro Paese.
Un tempo si diceva che il Mediterraneo è stato la culla della civiltà, oggi con sempre più vecchi e pochi bambini le nostre radici inaridiscono, rischiano di diventare sterili. In Italia, grazie a politiche poco lungimiranti e pensando di poter colmare il gap demografico con i flussi migratori, le famiglie italiane sono scomparse dalle priorità dei partiti, del governo. Non vengono incoraggiate a fare figli. Sempre meno ci preoccupiamo dei diritti e della salute che girano attorno a una culla, delle donne, dei bimbi che potrebbero nascere, di quelli che
vengono soppressi con l’aborto volontario.
Il volume, scritto a quattro mani, con prefazione di Matteo Salvini, leader della Lega, è stato presentato il 14 febbraio a Verona dagli autori. Nell’incontro, Gotti Tedeschi ha suggerito alla politica di guardare al modello Giappone, che ha «scelto di affrontare il calo demografico tutelando la propria identità e rifiutando di attingere all’immigrazione, puntando invece su investimenti tecnologici e dandosi l’obiettivo dei due figli a coppia, che è il cosiddetto “tasso di sostituzione”, necessario per conservare il livello della popolazione».
Lorenzo Fontana, 37 anni, vicesindaco di Verona e vicesegretario federale della Lega, spiega a ProVita la tesi di questo libro, ovvero perché è necessario rilanciare la famiglia al centro dell’agenda politica ed economica italiana.
Non mettere al mondo più figli è all’origine della crisi?
«Forse è la causa principale. Non esiste al mondo civiltà che sia progredita anche economicamente nel momento in cui ha subito un calo demografico. Il declino dell’Impero romano è stato il caso più eclatante, ma lo possiamo vedere anche ai giorni nostri. Per aumentare la domanda interna, a fronte della diminuzione delle nascite e della popolazione, si è creato il consumismo, finendo per ridurre il risparmio delle famiglie. Con pochi giovani e sempre più anziani, le spese pensionistiche e sanitarie sono cresciute in maniera insopportabile per il bilancio di uno Stato».
Intanto la produttività peggiora.
«E aumenta la delocalizzazione delle imprese, che vanno a produrre nei Paesi dove il costo del lavoro è molto basso. Per tenere i salari bassi in Italia, si usa l’immigrazione. Anche per ovviare al calo demografico».
Che cosa bisogna avere il coraggio di fare?
«La politica deve occuparsi della famiglia, non possiamo perdere altro tempo. I figli sono l’investimento del futuro. Ogni anno è come se perdessimo una città delle dimensioni di Padova, il calo demografico è paragonabile a quello provocato fra il 1918 e il 1920 dalla febbre Spagnola. Con la differenza che non muoiono le persone, semplicemente non nascono. E dobbiamo affrontare la questione anche sotto l’aspetto culturale. Si stanno affrontando due culture con un orizzonte completamente diverso».
Si spieghi meglio.
«Da una parte c’è il mondo ultraliberista, consumista, della globalizzazione, che vuole un futuro dove non ci siano più differenze di identità, di cultura, di religione, dove gli uomini siano possibilmente singoli, individualisti, produttori e consumatori. Poi c’è il mondo cui appartengo, che ama le culture, le tradizioni, le identità, le differenze che non devono scomparire. Un mondo nel quale la famiglia occupa uno spazio naturale fondamentale, prezioso. Un mondo che ama l’uomo, non lo odia».
Quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario della legge 194. Abbiamo visto che i dati sul calo degli aborti non corrispondono al vero, il boom dei consumi di contraccettivi d’emergenza rivela un’altra pericolosa deriva: con la pillola dei cinque giorni dopo si uccide l’embrione, impedendogli di annidarsi nell’endometrio. Abortivi fai da te, purtroppo.
«Sono sempre frutto di una cultura contro l’uomo, contro la vita. Il feto non può difendersi in alcuna maniera e sta passando la concezione che non sia un’effettiva vita umana. Anche questo è frutto di un vuoto cultuale. Il diritto dei bambini va difeso sempre, a partire da quando sono ancora nel grembo materno. Il grado di civiltà di una società si valuta proprio dalla capacità di difendere gli indifesi. Ciascuno di noi, prima o poi, può risultare non abbastanza utile o interessante per un mondo consumistico, che non ha a cuore l’uomo, la donna, la vita. E diciamolo a voce alta: avere bambini è bello! Sono una ricchezza, non solo un costo o un limite alla tua libertà!».
Perché la scelta di scrivere il libro con l’ex presidente dello Ior?
«Ero rimasto colpito dalle sue lucide, precise analisi sulla denatalità. Abbiamo diversi punti di vista in comune, è risultato quasi naturale mettere mano, insieme, a un testo che è solo l’inizio di un lavoro. Questa sarà la battaglia del futuro, per una nuova cultura».
Patrizia Floder Reitter
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