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Era il 6 giugno 1861, festa del Corpus Domini. Cosa è successo quel giorno? E’ successo che l’onnipotente Cavour, cinquantunenne, efficientissimo e potentissimo realizzatore dell’unità politica italiana sotto i Savoia, in perfetta salute, è stato accompagnato al cimitero. Un articolo della Civiltà Cattolica, la splendida rivista dei gesuiti molto diversa da quella di oggi, scriveva: ha proibito la processione del Corpus Domini ma la processione, mesta quanto solenne, la fanno lo stesso: per lui; per accompagnarlo al campo santo. Poco più
di due mesi e mezzo sono stati concessi a Cavour per assaporare il suo trionfo. Ma, nonostante il poco tempo, l’uomo Cavour ha lasciato il segno. Dopo di lui l’Italia non è stata più la stessa: lotta forsennata alla Chiesa cattolica, fatta nel nome della Chiesa cattolica (così imponeva il primo articolo dello Statuto che dichiarava la religione cattolica unica religione di Stato). Abolizione per legge di tutti gli ordini religiosi, esproprio di tutte le opere pie, diocesi lasciate senza vescovo, vescovi e preti incarcerati. La popolazione italiana per la prima volta nella sua storia ridotta alla miseria.
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All’epoca di Cavour a regnare sovrana e incontrastata era la menzogna. Menzogna di uno Stato ufficialmente cattolico che dilapidava, disprezzandolo, mille e cinquecento anni di inestimabile patrimonio cattolico nazionale.
Da tempo, pensando al baldanzoso Renzi, salta all'occhio il paragone con Cavour. Renzi, il giovanissimo presidente del Consiglio che pronunciava il suo primo discorso in Senato con le mani in tasca. Renzi? Cattolico, boy scout, padre di tre figli, che va a messa e si fa riprendere mentre ci va. Renzi studioso e ammiratore di La Pira, il cattolico sindaco di Firenze in odore di santità. Renzi? Uno di noi. Questo Renzi, crollato dopo tre anni di governo alla prova referendaria da lui spavaldamente voluta e personalizzata (après moi le déluge), Renzi che si inabissa sempre più quanto più affannosamente tenta di rimanere a galla, non fa che ripeterlo: il mio governo ha il merito di aver sposato la causa dei diritti civili. Era ora. Anche nell’Italia un tempo cattolica ("grazie a me") è arrivato il progresso. Il progresso luminoso di sostituirsi a Dio nella definizione di bene e male.
Diritti civili: c’è un espressione più perfetta, semplice, morigerata e insieme lusinghiera di questa? Allo scadere del tempo, alla fine della legislatura, sfruttando senza scrupoli un autogol del papa, il governo Gentiloni, figlio di Renzi, ha portato a casa un altro risultato. Risultato che alcuni da noi, moltissimi all’estero, aspettavano con ansia: il diritto a morire.
Il dovere per i medici di infrangere il giuramento di Ippocrate e di farlo senza poter nemmeno invocare l’obiezione di coscienza. Oggi, sui principali giornali, mentre anche la sua immagine è in caduta libera, campeggiava una foto della bella ed elegante ministra Boschi. Era a Firenze per celebrare, entusiasta, l’unione fra due suoi amici uomini che si vogliono bene.
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Nonostante tutta l’ostentazione messa nella difesa dei diritti di civiltà (e questo in Italia e a Roma dove finora non erano riusciti a passare) le scelte del governo non sembrano premiare il giglio magico che le ha promosse. Il cattolico Renzi e la cattolica Boschi (catechista, partecipante alle Giornate Mondiali della Gioventù), hanno del tutto perso il loro appeal. Verrà mai in mente a qualcuno che, dopotutto, c’è una giustizia in cielo?
Tratto da: Angela Pellicciari
1 commento:
Sempre interessanti e politicamente scorretti gli articoli della Pellicciari. Faccio un unico appunto: là dove ha scritto che il governo Gentiloni ha portato a casa il diritto a morire, cioè la legge sulle DAT, "sfruttando senza scrupoli UN AUTOGOL DEL PAPA", avrebbe dovuto dire "sfruttando senza scrupoli UN PRECISO ASSIST DEL PAPA".
Ma quando parla del VdR, purtroppo, la Pellicciari si ostina a non prendere atto della realtà, e perde in lucidità. Lo smog respirato a Radio Maria in questi ultimi anni deve averle nuociuto, annebbiandole un po' le idee
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