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Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio internazionale “Cardinal Van Thuan” per la Dottrina sociale della Chiesa, ha pubblicato con l’editore Fede & Cultura un agile volume (107 pp.), ben scritto, di taglio divulgativo, senza note o altro apparato critico, sul pensiero di Karl Rahner o, meglio, sul rahnerismo come “nuovo cattolicesimo”, nuova dottrina di una “nuova Chiesa”.
Fontana mette coraggiosamente in luce la portata totalizzante del paradigma rahneriano capace di sostituirsi completamente al cattolicesimo così come
consegnatoci dalla Tradizione. Dalle pagine del volume emerge chiaramente la radicale inconciliabilità tra il cattolicesimo e il neo-cattolicesimo rahneriano. Parlare dunque di “Chiesa di Karl Rahner” significa parlare d’una realtà intrinsecamente altra dalla Chiesa cattolica pur dandosi il rahnerismo “nella” Chiesa cattolica. In fondo Fontana denuncia la presenza tumorale d’una neo-chiesa nella Chiesa, d’un neo-cattolicesimo rahneriano nel Corpo ecclesiale. Corpo e massa tumorale non si identificano pur tendendo il cancro a invadere metastasicamente l’intero Corpo, il rahnerismo vive parassitariamente nella Chiesa la cui identità pretende però sostituire liquefacendola dall’interno. La denuncia del rahnerismo come pericolo mortale per il cattolicesimo non è nuova, tra tutti il grandissimo padre Cornelio Fabro che, dopo Il trascendentale esistenziale e la riduzione al fondamento del 1973, nel 1974 diede alle stampe La svolta antropologica di Karl Rahner, vero capolavoro di critica teologica capace di cogliere e confutare il fondamento teoreticamente e dogmaticamente eversivo del sistema rahneriano. Alla scuola di padre Fabro, avendo presenti i più recenti saggi critici in tema di autori qualificati come Gherardini, Livi, Cavalcoli, Lanzetta, etc., Fontana offre al grande pubblico un testo lucidissimo che presenta, in brevi capitoli, il nocciolo del neo-cattolicesimo costruito in sistema dal gesuita tedesco. Con verità Fontana riconduce il rahnerismo teologico alle sue premesse filosofiche, ovvero ad Heidegger, senza dimenticare Kant e Hegel, e così ne smaschera il fondamento anti-realista dato dal trascendentalismo moderno. Tutto il sistema teologico di Karl Rahner poggia sul trascendentale esistenziale di Heidegger , sulla nozione heideggeriana di Essere. La trascendenza di Dio non è quindi più quella della metafisica classica ma è intesa “in senso esistenziale e storico: Dio è l’orizzonte che ci precede e che ci fa conoscere tutto il resto senza essere a sua volta conoscibile” (p. 16). L’inconoscibilità di Dio, il Suo essere (per Rahner) Silenzio, abisso, tenebra, rende impossibile una Rivelazione come comunicazione di Verità da Dio all’uomo, per il gesuita si fa esperienza della trascendenza nella esistenza ed è dunque nell’esistenza che Dio si autocomunica. Il mondo, la storia divengono così Rivelazione, storia profana e storia sacra coincidono, la voce di Dio è udibile ascoltando le vicende storiche “che accadono nell’umanità del mio tempo, perché è lì che Dio mi parla” (p. 17). Come si vede, prima ancora che questo o quel dogma, è il fondamento stesso della Verità Rivelata ad essere ferito mortalmente. La nozione di Rivelazione è radicalmente altra in Rahner e nella Chiesa, per il tedesco la Rivelazione è atematica e il suo luogo teologico è il mondo inteso come storia. La Rivelazione pubblica conclusasi con la morte dell’ultimo apostolo, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, è dissolta nell’orizzonte storico-mondano. Ecco perché, scrive Fontana, “le correnti rahneriane non accettano il concetto di evangelizzazione” (p. 19), coerentemente il rahnerismo non può ammettere l’evangelizzazione semplicemente perché non c’è nulla da evangelizzare essendo il mondo, proprio il mondo, il luogo teologico, la manifestazione di Dio. La Chiesa stessa è parte del mondo e del mondo deve leggere i segni. È il mondo, come storia, manifestazione di Dio che deve guidare/insegnare, la Chiesa, non più magistra, deve farsi discepola e ancella del mondo: è “il nuovo senso di laicità che si sta imponendo nella Chiesa cattolica” (p. 21), la Chiesa “è mondo a tutti gli effetti […] deve diventare sempre più mondo, sciogliendosi al suo servizio” (p. 22). Ciò, ad esempio, porta alla più netta negazione della Dottrina sociale della Chiesa, alla negazione stessa della sua legittimità, della sua possibilità. Infatti “se la Chiesa deve imparare dal mondo, la Dottrina sociale della Chiesa è un assurdo” (p. 40). Coerentemente, se pur assurdamente, Rahner rifiuta la Dottrina come insieme di verità, afferma il primato della pastorale ovvero della prassi da cui dipenderebbe la dottrina, la libertà in senso moderno liberale, l’utopia come slancio futurologico che inserisce vitalmente in quel “processo storico e mondano” da cui emerge la rivelazione di Dio. Dalle pagine di Fontana si comprende come il rahnerismo non sia semplicemente una eresia ma propriamente un’altra “fede”, un sistema alternativo al cattolicesimo e ad esso inconciliabile. E tuttavia non come tale si presenta, il rahnerismo infatti non si pone quale “nuova religione” a sé ma piuttosto pretende di rileggere integralmente il Cristianesimo mutandone natura dall’interno. E tutto muta infatti se è accolto il paradigma rahneriano: la missione non è più evangelizzazione ma promozione umana e azione filantropica, il peccato originale è reinterpretato come male storicamente sedimentato in strutture di sfruttamento, tutto il Cristianesimo deve essere demitizzato e deellenizzato, la Divinità di Cristo sarà allora non dato ontologico ma espressione storica del rapporto trascendentale dell’uomo con Dio, la Resurrezione non evento reale ma convinzione della Chiesa, etc. L’idea che Rahner offre della Rivelazione è da Fontana ricollegata a quella dei modernisti condannati da san Pio X e entrambe fatte risalire ad Hegel. Tanto per i modernisti di primo ‘900 quanto per Rahner “Non si dà una verità dogmatica oggettiva, svelataci da Dio e acquisita dalla Chiesa come conoscenza, ma si dà una storia dentro la quale la Chiesa – sotto la spinta di quanto verrà chiamato ambiguamente “segni dei tempi” – interpreta la Parola […] Secondo Rahner la storia dell’evoluzione del dogma è la storia della sua progressiva rivelazione [perché] la rivelazione avviene nell’incontro tra coscienza e storia” (p. 68). Com’è possibile che un simile sistema sia stato lasciato crescere dentro la Chiesa? Com’è possibile che in qualche decennio quasi ogni ambiente ecclesiale sia stato infettato dal rahnerismo? Com’è possibile che Rahner abbia pesantemente ispirato i due recenti Sinodi sulla famiglia? Molto interessanti le pagine che Fontana dedica a Kasper, perfetto discepolo di Rahner. Si diceva, com’è possibile? Forse perché “la prospettiva rahneriana concilia la Chiesa col mondo, toglie gli ostacoli, ci permette di non avere più nemici, di accomodarci nel mondo come a casa propria […] È quindi dolce al palato. La Chiesa può vantare i suoi successi, ma in realtà sono i successi del mondo” (p. 87). Fontana dichiara che “scopo di questo libretto era di mostrare i pericoli di Rahner in parrocchia e di favorire questa nuova consapevolezza dal basso” (p. 88), “coltivare dal basso la capacità di riconoscere gli elementi del rahnerismo in parrocchia, di contrastarli nel piccolo e di liberare il nostro quotidiano ecclesiale da questa tendenza” (p. 88). Chiudono, quasi appendice, quattro articoli di Fontana pubblicati sul quotidiano on-line La Nuova Bussola Quotidiana che mostrano, qualora ce ne fosse bisogno, tutta l’attualità del saggio critico su Rahner. Il lavoro di Fontana è coraggioso e prezioso, capace in poche pagine di cogliere l’essenziale del sistema rahneriano, tutta la sua pericolosità, la sua natura gnostica. Il rahnerismo, in fondo, non solo rende impossibile la Dottrina sociale della Chiesa e l’idea stessa di diritto naturale, ma converte l’escatologia in utopia rivoluzionaria e il “Cristianesimo” nell’immanentismo, nell’ateismo più radicale. Confidiamo questo breve saggio di Stefano Fontana sia letto e meditato da molti, anche tra il clero, e possa favorire un onesto confronto e una salutare critica al neo-cattolicesimo rahneriano.
consegnatoci dalla Tradizione. Dalle pagine del volume emerge chiaramente la radicale inconciliabilità tra il cattolicesimo e il neo-cattolicesimo rahneriano. Parlare dunque di “Chiesa di Karl Rahner” significa parlare d’una realtà intrinsecamente altra dalla Chiesa cattolica pur dandosi il rahnerismo “nella” Chiesa cattolica. In fondo Fontana denuncia la presenza tumorale d’una neo-chiesa nella Chiesa, d’un neo-cattolicesimo rahneriano nel Corpo ecclesiale. Corpo e massa tumorale non si identificano pur tendendo il cancro a invadere metastasicamente l’intero Corpo, il rahnerismo vive parassitariamente nella Chiesa la cui identità pretende però sostituire liquefacendola dall’interno. La denuncia del rahnerismo come pericolo mortale per il cattolicesimo non è nuova, tra tutti il grandissimo padre Cornelio Fabro che, dopo Il trascendentale esistenziale e la riduzione al fondamento del 1973, nel 1974 diede alle stampe La svolta antropologica di Karl Rahner, vero capolavoro di critica teologica capace di cogliere e confutare il fondamento teoreticamente e dogmaticamente eversivo del sistema rahneriano. Alla scuola di padre Fabro, avendo presenti i più recenti saggi critici in tema di autori qualificati come Gherardini, Livi, Cavalcoli, Lanzetta, etc., Fontana offre al grande pubblico un testo lucidissimo che presenta, in brevi capitoli, il nocciolo del neo-cattolicesimo costruito in sistema dal gesuita tedesco. Con verità Fontana riconduce il rahnerismo teologico alle sue premesse filosofiche, ovvero ad Heidegger, senza dimenticare Kant e Hegel, e così ne smaschera il fondamento anti-realista dato dal trascendentalismo moderno. Tutto il sistema teologico di Karl Rahner poggia sul trascendentale esistenziale di Heidegger , sulla nozione heideggeriana di Essere. La trascendenza di Dio non è quindi più quella della metafisica classica ma è intesa “in senso esistenziale e storico: Dio è l’orizzonte che ci precede e che ci fa conoscere tutto il resto senza essere a sua volta conoscibile” (p. 16). L’inconoscibilità di Dio, il Suo essere (per Rahner) Silenzio, abisso, tenebra, rende impossibile una Rivelazione come comunicazione di Verità da Dio all’uomo, per il gesuita si fa esperienza della trascendenza nella esistenza ed è dunque nell’esistenza che Dio si autocomunica. Il mondo, la storia divengono così Rivelazione, storia profana e storia sacra coincidono, la voce di Dio è udibile ascoltando le vicende storiche “che accadono nell’umanità del mio tempo, perché è lì che Dio mi parla” (p. 17). Come si vede, prima ancora che questo o quel dogma, è il fondamento stesso della Verità Rivelata ad essere ferito mortalmente. La nozione di Rivelazione è radicalmente altra in Rahner e nella Chiesa, per il tedesco la Rivelazione è atematica e il suo luogo teologico è il mondo inteso come storia. La Rivelazione pubblica conclusasi con la morte dell’ultimo apostolo, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, è dissolta nell’orizzonte storico-mondano. Ecco perché, scrive Fontana, “le correnti rahneriane non accettano il concetto di evangelizzazione” (p. 19), coerentemente il rahnerismo non può ammettere l’evangelizzazione semplicemente perché non c’è nulla da evangelizzare essendo il mondo, proprio il mondo, il luogo teologico, la manifestazione di Dio. La Chiesa stessa è parte del mondo e del mondo deve leggere i segni. È il mondo, come storia, manifestazione di Dio che deve guidare/insegnare, la Chiesa, non più magistra, deve farsi discepola e ancella del mondo: è “il nuovo senso di laicità che si sta imponendo nella Chiesa cattolica” (p. 21), la Chiesa “è mondo a tutti gli effetti […] deve diventare sempre più mondo, sciogliendosi al suo servizio” (p. 22). Ciò, ad esempio, porta alla più netta negazione della Dottrina sociale della Chiesa, alla negazione stessa della sua legittimità, della sua possibilità. Infatti “se la Chiesa deve imparare dal mondo, la Dottrina sociale della Chiesa è un assurdo” (p. 40). Coerentemente, se pur assurdamente, Rahner rifiuta la Dottrina come insieme di verità, afferma il primato della pastorale ovvero della prassi da cui dipenderebbe la dottrina, la libertà in senso moderno liberale, l’utopia come slancio futurologico che inserisce vitalmente in quel “processo storico e mondano” da cui emerge la rivelazione di Dio. Dalle pagine di Fontana si comprende come il rahnerismo non sia semplicemente una eresia ma propriamente un’altra “fede”, un sistema alternativo al cattolicesimo e ad esso inconciliabile. E tuttavia non come tale si presenta, il rahnerismo infatti non si pone quale “nuova religione” a sé ma piuttosto pretende di rileggere integralmente il Cristianesimo mutandone natura dall’interno. E tutto muta infatti se è accolto il paradigma rahneriano: la missione non è più evangelizzazione ma promozione umana e azione filantropica, il peccato originale è reinterpretato come male storicamente sedimentato in strutture di sfruttamento, tutto il Cristianesimo deve essere demitizzato e deellenizzato, la Divinità di Cristo sarà allora non dato ontologico ma espressione storica del rapporto trascendentale dell’uomo con Dio, la Resurrezione non evento reale ma convinzione della Chiesa, etc. L’idea che Rahner offre della Rivelazione è da Fontana ricollegata a quella dei modernisti condannati da san Pio X e entrambe fatte risalire ad Hegel. Tanto per i modernisti di primo ‘900 quanto per Rahner “Non si dà una verità dogmatica oggettiva, svelataci da Dio e acquisita dalla Chiesa come conoscenza, ma si dà una storia dentro la quale la Chiesa – sotto la spinta di quanto verrà chiamato ambiguamente “segni dei tempi” – interpreta la Parola […] Secondo Rahner la storia dell’evoluzione del dogma è la storia della sua progressiva rivelazione [perché] la rivelazione avviene nell’incontro tra coscienza e storia” (p. 68). Com’è possibile che un simile sistema sia stato lasciato crescere dentro la Chiesa? Com’è possibile che in qualche decennio quasi ogni ambiente ecclesiale sia stato infettato dal rahnerismo? Com’è possibile che Rahner abbia pesantemente ispirato i due recenti Sinodi sulla famiglia? Molto interessanti le pagine che Fontana dedica a Kasper, perfetto discepolo di Rahner. Si diceva, com’è possibile? Forse perché “la prospettiva rahneriana concilia la Chiesa col mondo, toglie gli ostacoli, ci permette di non avere più nemici, di accomodarci nel mondo come a casa propria […] È quindi dolce al palato. La Chiesa può vantare i suoi successi, ma in realtà sono i successi del mondo” (p. 87). Fontana dichiara che “scopo di questo libretto era di mostrare i pericoli di Rahner in parrocchia e di favorire questa nuova consapevolezza dal basso” (p. 88), “coltivare dal basso la capacità di riconoscere gli elementi del rahnerismo in parrocchia, di contrastarli nel piccolo e di liberare il nostro quotidiano ecclesiale da questa tendenza” (p. 88). Chiudono, quasi appendice, quattro articoli di Fontana pubblicati sul quotidiano on-line La Nuova Bussola Quotidiana che mostrano, qualora ce ne fosse bisogno, tutta l’attualità del saggio critico su Rahner. Il lavoro di Fontana è coraggioso e prezioso, capace in poche pagine di cogliere l’essenziale del sistema rahneriano, tutta la sua pericolosità, la sua natura gnostica. Il rahnerismo, in fondo, non solo rende impossibile la Dottrina sociale della Chiesa e l’idea stessa di diritto naturale, ma converte l’escatologia in utopia rivoluzionaria e il “Cristianesimo” nell’immanentismo, nell’ateismo più radicale. Confidiamo questo breve saggio di Stefano Fontana sia letto e meditato da molti, anche tra il clero, e possa favorire un onesto confronto e una salutare critica al neo-cattolicesimo rahneriano.
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