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Questo testo affronta un argomento che ha suscitato un crescente interesse da parte dei cattolici e degli altri cristiani di tutto il mondo soprattutto dopo la pubblicazione dell’enciclica “ecologica” Laudato si’ di Papa Francesco. Il pregio del volumetto, pubblicato in Usa dall’Acton Institute e in Italia da Fede & Cultura, è la presentazione in poche pagine della visione cattolica dell’ambiente che è di per sé relativamente facile da sintetizzare. L’uomo viene concepito come un essere intrinsecamente superiore al
mondo naturale. A lui è stato affidato il dominio sulla natura affinché possa utilizzarla per promuovere uno sviluppo umano integrale. Ma il dominio dell’uomo non è assoluto. Non possiamo cioè fare letteralmente ciò che vogliamo con gli animali e con la natura. Il dominio assoluto appartiene solo a Dio che desidera che l’uomo faccia uso del mondo naturale in maniera responsabile, in modo, cioè, da favorire la prosperità umana. Questo significa, a sua volta, che le nostre libere scelte e azioni riguardanti l’uso del mondo creato da Dio sono soggette alla sua legge morale tanto quanto lo sono tutte le altre nostre scelte. Nelle sue considerazioni sul modo in cui i Cristiani dovrebbero riflettere sull’ambiente il teologo Germain Grisez osserva anche che alcune persone provando una reverenza quasi religiosa nei confronti della natura e un’affinità con le cose subumane… possono anche spingersi fino ad attribuire loro dei diritti. In quest’ottica ogni intervento umano sulla natura è, come se fosse, un sacrilegio qualora esso alteri in maniera sostanziale il mondo o distrugga una qualsiasi caratteristica peculiare del paesaggio o qualunque specie di creatura vivente; mentre la contemplazione rimane l’unico legittimo e indiscutibile utilizzo che l’uomo può fare del mondo subumano il quale, per quanto possibile, dovrebbe essere conservato intatto e lasciato libero di svilupparsi secondo le proprie dinamiche, senza interventi tecnologici [1]. Si può senz’altro sostenere che nel mondo cristiano contemporaneo questa tentazione sia forte. Non sono pochi i cristiani che, per esempio, hanno tentato di descrivere San Francesco d’Assisi come una sorta di eco-gnostico medievale. Lo stesso Papa Francesco, nella sua omelia del 2013 ad Assisi, ha affermato con una certa forza che il messaggio di San Francesco non è “una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito!”[2]. Questo potrebbe essere il motivo per cui in questo libretto mons. Dominique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon in Francia, dedica molto tempo a indicare gli errori teologici e filosofici che spesso inducono a simili convinzioni. Come egli afferma più volte e senza mezzi termini, il mondo non è Dio. È chiaro che questo pone la Chiesa cattolica in contrapposizione con un gran numero di ambientalisti radicali, religiosi e laici – rispetto alle loro implicite visioni dell’ambiente. Al centro dell’argomentazione di mons. Rey c’è la convinzione che la crisi del nostro modo di concepire l’ambiente deriva direttamente da una più ampia e profonda crisi dell’uomo. Ricordando San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e il loro successore Francesco, mons. Rey sottolinea che, quando perdiamo la corretta comprensione della relazione dell’uomo con Dio e del come questa relazione modelli la comprensione che l’uomo ha di sé, allora non deve sorprendere che inizi a venire meno anche la nostra capacità di concepire coerentemente le questioni ecologiche. Questo perché non appena Dio scompare all’orizzonte la nostra capacità di ragionare correttamente degrada rapidamente. Dopotutto se rifiutiamo il Logos stesso – la fonte del raziocinio umano – non dobbiamo stupirci se la nostra ragione cade in una profonda confusione. Nell’ambito di questa discussione l’autore affronta un tema già particolarmente evidenziato da Benedetto XVI, ma che è stato anche elaborato da Papa Francesco. Questa confusione induce molte persone, soprattutto in Europa Occidentale e in Nord America, ad attribuire un grande valore alla creazione subrazionale, ma allo stesso tempo le spinge ad adottare visioni che sono al limite della umanofobia. Mons. Rey infatti afferma: ci preoccupiamo di più per l’ambiente o per l’habitat naturale delle varie specie animali che sono sull’orlo dell’estinzione che per il benessere dell’uomo stesso. Ci sono Paesi che adottano leggi concepite per proteggere in maniera più efficiente gli embrioni animali, ma non esitano a permettere la sperimentazione sugli embrioni umani. Ridare un posto agli esseri umani nella questione ecologica, sostiene mons. Rey, significa riportare Dio al posto che Gli spetta, in relazione con l’uomo e con il mondo che Lui ha creato attraverso il suo atto originale della creazione: un atto che gli uomini sono tenuti a mettere a frutto agendo come se fossero, per così dire, dei “co-creatori”. Per chi fosse in cerca di soluzioni politiche dettagliate da applicare per risolvere specifiche problematiche ambientali sappia che in questo testo non ne troverà. Compito della Chiesa non è infatti se non dare le direttive morali fondamentali per poter vivere secondo la volontà di Dio e santificarsi in un rapporto fraterno con il nostro prossimo. Uno degli aspetti della lettera di mons. Rey che colpisce maggiormente è l’enfasi conclusiva posta sui sacramenti e sugli altri aspetti della vita cristiana, come la preghiera, intesa come mezzo attraverso cui le persone possono di nuovo orientarsi verso un concetto autenticamente cristiano del rapporto fra Dio e l’uomo e fra l’uomo e il mondo naturale. Mons. Rey è convinto che tramite queste partecipazioni alla vita di Cristo stesso si potrà ristabilire l’equilibrio nella visione e nella comprensione che l’uomo ha dell’ambiente e del suo posto nel cosmo.
mondo naturale. A lui è stato affidato il dominio sulla natura affinché possa utilizzarla per promuovere uno sviluppo umano integrale. Ma il dominio dell’uomo non è assoluto. Non possiamo cioè fare letteralmente ciò che vogliamo con gli animali e con la natura. Il dominio assoluto appartiene solo a Dio che desidera che l’uomo faccia uso del mondo naturale in maniera responsabile, in modo, cioè, da favorire la prosperità umana. Questo significa, a sua volta, che le nostre libere scelte e azioni riguardanti l’uso del mondo creato da Dio sono soggette alla sua legge morale tanto quanto lo sono tutte le altre nostre scelte. Nelle sue considerazioni sul modo in cui i Cristiani dovrebbero riflettere sull’ambiente il teologo Germain Grisez osserva anche che alcune persone provando una reverenza quasi religiosa nei confronti della natura e un’affinità con le cose subumane… possono anche spingersi fino ad attribuire loro dei diritti. In quest’ottica ogni intervento umano sulla natura è, come se fosse, un sacrilegio qualora esso alteri in maniera sostanziale il mondo o distrugga una qualsiasi caratteristica peculiare del paesaggio o qualunque specie di creatura vivente; mentre la contemplazione rimane l’unico legittimo e indiscutibile utilizzo che l’uomo può fare del mondo subumano il quale, per quanto possibile, dovrebbe essere conservato intatto e lasciato libero di svilupparsi secondo le proprie dinamiche, senza interventi tecnologici [1]. Si può senz’altro sostenere che nel mondo cristiano contemporaneo questa tentazione sia forte. Non sono pochi i cristiani che, per esempio, hanno tentato di descrivere San Francesco d’Assisi come una sorta di eco-gnostico medievale. Lo stesso Papa Francesco, nella sua omelia del 2013 ad Assisi, ha affermato con una certa forza che il messaggio di San Francesco non è “una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito!”[2]. Questo potrebbe essere il motivo per cui in questo libretto mons. Dominique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon in Francia, dedica molto tempo a indicare gli errori teologici e filosofici che spesso inducono a simili convinzioni. Come egli afferma più volte e senza mezzi termini, il mondo non è Dio. È chiaro che questo pone la Chiesa cattolica in contrapposizione con un gran numero di ambientalisti radicali, religiosi e laici – rispetto alle loro implicite visioni dell’ambiente. Al centro dell’argomentazione di mons. Rey c’è la convinzione che la crisi del nostro modo di concepire l’ambiente deriva direttamente da una più ampia e profonda crisi dell’uomo. Ricordando San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e il loro successore Francesco, mons. Rey sottolinea che, quando perdiamo la corretta comprensione della relazione dell’uomo con Dio e del come questa relazione modelli la comprensione che l’uomo ha di sé, allora non deve sorprendere che inizi a venire meno anche la nostra capacità di concepire coerentemente le questioni ecologiche. Questo perché non appena Dio scompare all’orizzonte la nostra capacità di ragionare correttamente degrada rapidamente. Dopotutto se rifiutiamo il Logos stesso – la fonte del raziocinio umano – non dobbiamo stupirci se la nostra ragione cade in una profonda confusione. Nell’ambito di questa discussione l’autore affronta un tema già particolarmente evidenziato da Benedetto XVI, ma che è stato anche elaborato da Papa Francesco. Questa confusione induce molte persone, soprattutto in Europa Occidentale e in Nord America, ad attribuire un grande valore alla creazione subrazionale, ma allo stesso tempo le spinge ad adottare visioni che sono al limite della umanofobia. Mons. Rey infatti afferma: ci preoccupiamo di più per l’ambiente o per l’habitat naturale delle varie specie animali che sono sull’orlo dell’estinzione che per il benessere dell’uomo stesso. Ci sono Paesi che adottano leggi concepite per proteggere in maniera più efficiente gli embrioni animali, ma non esitano a permettere la sperimentazione sugli embrioni umani. Ridare un posto agli esseri umani nella questione ecologica, sostiene mons. Rey, significa riportare Dio al posto che Gli spetta, in relazione con l’uomo e con il mondo che Lui ha creato attraverso il suo atto originale della creazione: un atto che gli uomini sono tenuti a mettere a frutto agendo come se fossero, per così dire, dei “co-creatori”. Per chi fosse in cerca di soluzioni politiche dettagliate da applicare per risolvere specifiche problematiche ambientali sappia che in questo testo non ne troverà. Compito della Chiesa non è infatti se non dare le direttive morali fondamentali per poter vivere secondo la volontà di Dio e santificarsi in un rapporto fraterno con il nostro prossimo. Uno degli aspetti della lettera di mons. Rey che colpisce maggiormente è l’enfasi conclusiva posta sui sacramenti e sugli altri aspetti della vita cristiana, come la preghiera, intesa come mezzo attraverso cui le persone possono di nuovo orientarsi verso un concetto autenticamente cristiano del rapporto fra Dio e l’uomo e fra l’uomo e il mondo naturale. Mons. Rey è convinto che tramite queste partecipazioni alla vita di Cristo stesso si potrà ristabilire l’equilibrio nella visione e nella comprensione che l’uomo ha dell’ambiente e del suo posto nel cosmo.
Tratto da: Giovanni Zenone su Ateleia
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