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"La principale deformazione alla quale san Francesco è stato sottoposto è quella che ce lo presenta come un tipo sentimentale, melenso, smidollato, imbelle, remissivo e permissivo: oggi diremmo un "buonista", ossia un tipo che, in nome di una malintesa e disordinata carità, simpatizza talmente con erranti e peccatori da rifiutarsi di condannare e di combattere virilmente l'errore e il peccato, finendo quindi col rendersene complice dapprima passivo e poi attivo. Pertanto l'Assisiate avrebbe inventato un modello di apostolato di
mera 'testimonianza' propositiva, rifiutandosi di ricorrere non solo a ogni tipo di polemica o condanna, ma anche d'imposizione o divieto, sia pure motivato da esigenze morali o religiose; questo modello sarebbe oggi l'unico ammissibile in un'epoca che rifiuta ogni forma di critica lesiva dell'assoluta 'dignità umana' e quindi della pacifica convivenza tra i popoli. Questa immagine del Serafico viene completamente smentita dal suo atteggiamento virile e severo, dal suo insegnamento rigoroso ed esigente, dalla sua vita coerente e 'tutta d'un pezzo'. Egli usava parole e modi non solo dolci ma anche aspri, che univa armonicamente o alternava equilibratamente, secondo i casi e le opportunità, suscitando quindi non solo simpatia e affetto ma anche soggezione e timore. I suoi contemporanei riferiscono che, nel predicare, 'Francesco aveva in sé qualcosa dell'anima di San Giovanni Battista. Egli non ebbe mai nessun ritegno nel minacciare ai suoi uditori l'inflessibile sentenza divina'. 'Egli non taceva sui vizi del popolo che offendevano il Signore e il prossimo. Dio gli aveva concesso una tale grazia che chiunque, umile o potente, al solo vederlo o ascoltarlo, lo temeva per la sua santità e lo aveva in tanta venerazione che, sebbene venisse da lui rimproverato e ne provasse vergogna, tuttavia ne restava confortato e a volte tornava al Signore'. Per esempio Francesco ammoniva che 'pochi sono quelli che vogliono accogliere il Signore ed essere da Lui salvati', perché la maggioranza degli uomini - fedeli compresi! - non adempie al cristiano 'dovere di avere in odio il vizio e il peccato'. Inoltre egli non si limitava a deplorare il male in astratto, bensì denunciava e condannava il male in concreto, ossia gli erranti e i peccatori, specie se pubblici e responsabili di scandali. [...] L'efficacia di san Francesco sta proprio nel fatto che, come scrisse Papa Gregorio IX quando canonizzò il suo defunto amico, 'egli usò sia la fiaccola che la tromba: la fiaccola per attrarre alla grazia gli umili illuminandoli con le prove delle proprie opere; e la tromba, per ritrarre gli ostinati nel male dalle loro gravi colpe atterrandoli con duri rimproveri'.
mera 'testimonianza' propositiva, rifiutandosi di ricorrere non solo a ogni tipo di polemica o condanna, ma anche d'imposizione o divieto, sia pure motivato da esigenze morali o religiose; questo modello sarebbe oggi l'unico ammissibile in un'epoca che rifiuta ogni forma di critica lesiva dell'assoluta 'dignità umana' e quindi della pacifica convivenza tra i popoli. Questa immagine del Serafico viene completamente smentita dal suo atteggiamento virile e severo, dal suo insegnamento rigoroso ed esigente, dalla sua vita coerente e 'tutta d'un pezzo'. Egli usava parole e modi non solo dolci ma anche aspri, che univa armonicamente o alternava equilibratamente, secondo i casi e le opportunità, suscitando quindi non solo simpatia e affetto ma anche soggezione e timore. I suoi contemporanei riferiscono che, nel predicare, 'Francesco aveva in sé qualcosa dell'anima di San Giovanni Battista. Egli non ebbe mai nessun ritegno nel minacciare ai suoi uditori l'inflessibile sentenza divina'. 'Egli non taceva sui vizi del popolo che offendevano il Signore e il prossimo. Dio gli aveva concesso una tale grazia che chiunque, umile o potente, al solo vederlo o ascoltarlo, lo temeva per la sua santità e lo aveva in tanta venerazione che, sebbene venisse da lui rimproverato e ne provasse vergogna, tuttavia ne restava confortato e a volte tornava al Signore'. Per esempio Francesco ammoniva che 'pochi sono quelli che vogliono accogliere il Signore ed essere da Lui salvati', perché la maggioranza degli uomini - fedeli compresi! - non adempie al cristiano 'dovere di avere in odio il vizio e il peccato'. Inoltre egli non si limitava a deplorare il male in astratto, bensì denunciava e condannava il male in concreto, ossia gli erranti e i peccatori, specie se pubblici e responsabili di scandali. [...] L'efficacia di san Francesco sta proprio nel fatto che, come scrisse Papa Gregorio IX quando canonizzò il suo defunto amico, 'egli usò sia la fiaccola che la tromba: la fiaccola per attrarre alla grazia gli umili illuminandoli con le prove delle proprie opere; e la tromba, per ritrarre gli ostinati nel male dalle loro gravi colpe atterrandoli con duri rimproveri'.
(Guido Vignelli, San Francesco antimoderno, pp. 17-22)
Per approfondire:
Bonaventura, Vita di San Francesco (settimo successore di san Francesco alla guida dell'Ordine e suo vero erede spirituale, nel 1260 san Bonaventura riceve l'incarico ufficiale di redigere una Vita di san Francesco, per riportare ordine e verità storica nella fioritura di scritti sul Poverello di Assisi).
Per approfondire:
Bonaventura, Vita di San Francesco (settimo successore di san Francesco alla guida dell'Ordine e suo vero erede spirituale, nel 1260 san Bonaventura riceve l'incarico ufficiale di redigere una Vita di san Francesco, per riportare ordine e verità storica nella fioritura di scritti sul Poverello di Assisi).
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