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Stiamo constatando la realtà delle parole profetiche di Paolo VI, citate da Jean Guitton nel suo libero Paolo VI segreto: “C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa e ciò che è in questione è la fede (…) Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenta mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”.
Questo non meraviglia perché la vigilanza ci viene già da san Paolo: “Noi non siamo infatti come quei molti che
fanno mercato della parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo di Cristo” (2 Cor 2,17); “Perciò, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti ad ogni coscienza umana, al cospetto di Dio” ((2 Cor 4,1-2).
In questo orizzonte è veramente un dono la lunga riflessione nel libro del cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino La forza del silenzio (Cantagalli, 288 pagine, 22 euro) con la prefazione del papa emerito Benedetto XVI. Nelle pagine del libro si coglie soprattutto tutta la sensibilità liturgica, sottolineata anche dalla prefazione di Benedetto XVI: uno sguardo rivolto al Signore che vede le storture e le profanazioni a cui spesso il culto divino è sottoposto senza la vigilanza richiamata da san Paolo soprattutto per la liturgia eucaristica, fonte e culmine di tutta l’azione pastorale della Chiesa. “Il cardinale Sarah”, ha scritto Ratzinger, “è un maestro dello spirito che parla a partire dal profondo rimanere in silenzio insieme al Signore, a partire dalla, profonda unità con lui, e così ha veramente qualcosa da dire a ognuno di noi. Dobbiamo essere grati a papa Francesco di avere posto un tale maestro dello spirito alla testa della Congregazione che è responsabile della celebrazione della liturgia nella Chiesa”.
Nell’estratto del suo libro La forza del silenzio. Contro la dittatura del rumore, pubblicato da LaVerità del 15 luglio (p.19) c’è un forte richiamo: “E’ una grave responsabilità per ciascun vescovo essere e rappresentare il pensiero di Cristo. I vescovi che disperdono le pecore che Gesù ha loro affidato saranno giudicati da Dio in modo spietato e severo.
Oggi, alcuni sacerdoti trattano l’eucarestia con assoluto disprezzo. Vedono la messa come un banchetto pieno di chiacchere in cui cristiani fedeli all’insegnamento di Gesù, divorziati risposati, uomini e donne che vivono in adulterio e persino turisti non battezzati che partecipano alle celebrazioni eucaristiche piene di folle anonime possono accedere alla comunione al corpo e al sangue di Cristo, senza distinzione alcuna. La Chiesa deve esaminare urgentemente l’opportunità ecclesiale e pastorale di queste immense celebrazioni eucaristiche cui partecipano migliaia e migliaia di persone. E’ grande il pericolo di trasformare l’eucarestia, ‘il grande mistero della Fede’, in una volgare kermesse e, quindi di profanare il corpo e il preziosissimo sangue di Cristo. I sacerdoti che distribuiscono le sante specie senza conoscere nessuno e danno il corpo risorto di Gesù a tutti, senza discernere tra cristiani e non cristiani, prendono parte alla profanazione del santo sacrificio eucaristico. Coloro che esercitano l’autorità nella Chiesa sono colpevoli di una specie di complicità volontaria per il fatto di lasciare che si realizzi il sacrilegio e la profanazione del corpo di Cristo in queste gigantesche e ridicole autocelebrazioni, in cui sono ben pochi coloro che percepiscono che ‘..voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga’ (1 Cor 11,26): Sacerdoti infedeli alla ‘memoria’ di Gesù insistono piuttosto sull’aspetto festivo e la dimensione fraterna della messa che sul sacrificio cruento di Cristo sulla croce. L’importanza delle disposizioni interiori e la necessità di riconciliarci con Dio accettando di purificarci dal sacramento della confessione non sono più di moda oggi.
La civiltà moderna non sa tacere. Continua sempre nel suo monologo. La società postmoderna rifiuta il passato e guarda al presente come un mero oggetto di consumo; vede il futuro attraverso i raggi di un progresso pressoché ossessivo. Il suo sogno divenuto triste realtà, era di rinchiudere il silenzio in una prigione umida e scura.
C’è ormai una dittatura della parola, una dittatura dell’enfasi verbale. In questo teatro di ombre, non rimane che una ferita purulenta di parole meccaniche, senza valore, senza verità e senza fondamento. Molto spesso, la verità non è altro che una pura e mendace creazione mediatica corroborata da immagini e testimonianze prefabbricate. E la parola di Dio, quindi, è oscurata, resa inaccessibile e inudibile. La postmodernità è un’offesa e una aggregazione permanente contro il silenzio divino. Dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina il silenzio non ha più alcun diritto; il rumore vuole impedire a Dio stesso di parlare. In questo inferno di rumore, l’uomo disgrega e si perde; è frammentato in altrettante inquietudini, fantasmi e paure.
Per uscire da questi tunnel depressivi, l’uomo desidera disperatamente il rumore perché gli dia qualche consolazione. Il rumore è un ansiolitico ingannatore, che dà assuefazione, è menzognero. Il dramma del nostro mondo non si potrà mai comprendere meglio che nel furore di un rumore vuoto di senso che odia ostinatamente il silenzio. Quest’epoca detesta ciò a cui ci porta il silenzio: l’incontro, lo stupore e l’inginocchiarsi davanti a Dio”.
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