“I Nani e lo Hobbit, aiutati dai saggi consigli di Elrond e dalla sapiente memoria di Gandalf, presero la strada giusta per il passo giusto”
di Fabio Trevisan
Tolkien ha voluto far notare, soprattutto ai ragazzi in qualità di privilegiati lettori, l’importanza dell’educazione e dei tratti gentili, come si evince alla fine del capitolo II de: “Lo Hobbit”. Gandalf ammonisce cortesemente i Nani di prestare attenzione ai vari pericoli incombenti durante il loro cammino: “Per piacere, state più attenti la prossima volta, o non raggiungeremo mai la nostra meta!”. Dinanzi a questa
sollecita e garbata premura di Gandalf, il capo dei Nani, Thorin non può che rispondere adeguatamente con un sentito: “Grazie!”. Messosi così alla guida di quella combriccola nanesca con Bilbo, Gandalf li fece fare conoscenza di Elrond, della sua gratificante accoglienza, del vero senso del riposo e del ristoro: “La sua casa era perfetta, che vi piacesse il cibo, o il sonno, o il lavoro, o i racconti, o il canto…”. Anche se non condivideva la passione dei Nani per la riconquista dell’oro sottratto loro dal perfido drago, Elrond odiava il male: “Odiava i draghi e la loro crudele malvagità, e lo rattristava ricordare la rovina della città di Dale e le sue allegre campane, e le rive bruciate del luminoso Fiume Fluente”. Elrond aveva una chiara conoscenza del bene e del male e quindi potremmo dire con Tolkien che il bene e il male non potevano cambiare con le stagioni e che né ere lontane né razze diverse (Elfi, Nani, Hobbit, Uomini) potevano offuscare la retta percezione di ciò che è giusto o sbagliato fare. Non solo, Tolkien ci ha fatto vedere quanto sia davvero nobile compiere il bene e quanto sia bello assaporare la mitezza dei cuori e la dolcezza dei paesaggi. In un certo senso potremmo dire che Gandalf li aveva introdotti a sperimentare la fecondità di un ritiro spirituale in compagnia degli Elfi, nell’Ultima Casa Accogliente di Elrond: “Scesero al rivo per vedere gli Elfi che danzavano e cantavano, celebrando la notte di Ferragosto. La mattina del giorno dopo era bella e fresca come in un sogno: azzurro il cielo senza una nuvola, e il sole danzava sull’acqua. Partirono accompagnati da canzoni d’addio e di buona fortuna, col cuore pronto per nuove avventure….”. Tolkien ha voluto sottolineare lo spirito ora risollevato, accentuando significativamente e mirabilmente lo stato d’animo dei Nani e di Bilbo Baggins: “Col cuore pronto per nuove avventure”. Che bellezza avere il cuore pronto nelle difficoltà della vita, nei pericoli quotidiani, nelle nascoste insidie che l’avventura ci riserva. Tolkien, da bravo cattolico qual era ha voluto farci notare l’importanza della custodia del nostro cuore, del cercare di estirpare da esso, come in un giardino, la zizzania e le cattive erbacce salvaguardando le buone opere, le rette intenzioni, lo spirito giusto (“Presero la strada giusta per il passo giusto”). Probabilmente l’immagine della purezza del cuore l’aveva ricevuta dalla madre che l’aveva conservato nella fede e dai tutori successivi, in primis l’oratoriano Padre Morgan a cui era stato affidato (con il fratello). Anche la saggezza e la sapienza (“I saggi consigli di Elrond e la sapiente memoria di Gandalf”) con tutti gli altri doni dello Spirito Santo erano retaggio di una robusta formazione cattolica. Azzardo un’ulteriori ipotesi, data la conoscenza e l’apprezzamento che Tolkien conservava per uno dei suoi dichiarati maestri: Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), documentato nel suo splendido saggio: “Sulle fiabe”, dove l’apporto di Chesterton viene citato più volte. In un’opera magnifica del 1911, il poema epico: “La ballata del cavallo bianco”, Chesterton aveva fatto notare come quella grandiosa figura arcaica del cavallo bianco di gesso avrebbe potuto essere nascosta dalle erbacce, se l’uomo avesse abbandonato la cura (il cuore) di quell’importante e nobile figura equina stilizzata. Esattamente come la custodia del proprio cuore, pronto per le avventure della vita.
Nessun commento:
Posta un commento