“Non essere pazzo, Bilbo Baggins!” si disse. “Pensare ai draghi e a tutte quelle bizzarre assurdità all’età tua!”.
di Fabio Trervisan
Dopo che il cosiddetto lato “Tuc” si era risvegliato ascoltando il desiderio dei cuori dei Nani, Bilbo l’aveva messo successivamente da parte, l’aveva accantonato e stava, come al solito, facendo tranquillamente colazione: “Si fece una bella colazioncina in cucina prima di avviarsi verso la sala da pranzo. A questo punto il sole splendeva, e la porta d’ingresso era aperta, facendo entrare una tiepida brezza primaverile”. Potremmo dire, usando le espressioni
simpatiche dello Hobbit, che tutto era predisposto per una comoda e rotonda giornata e infatti Bilbo, come racconta Tolkien: “Cominciò a fischiettare forte e a dimenticare quanto era accaduto la notte precedente”. Cos’ era quel misterioso lato “Tuc” messo a sopire, di cui aveva accennato Tolkien nella descrizione di Bilbo? Faceva parte dell’albero genealogico dello Hobbit, in cui un illustre antenato, Ruggitoro, aveva preso parte con onore e ardimento alla battaglia di Campiverdi contro gli orribili orchi. Nel sottolineare il lato coraggioso Tuc nel sangue di Bilbo, Tolkien non lesina di farci sorridere con un lieve e raffinato umorismo, alludendo al rilassato gioco del golf: “Ruggitoro colpì e staccò di netto la testa del re degli orchi Gofimpal con una mazza di legno…la testa cadde giù in una tana di coniglio: in questo modo fu vinta la battaglia e, contemporaneamente, inventato il gioco del golf”. Il riferimento al gioco del golf fa ricordare, da una parte, l’aspetto bellicoso Tuc e, dall’altra, la dimensione ordinaria tranquilla e amena di Bilbo. Non a caso la caduta e la perdita dell’aspetto guerriero Hobbit avviene con lo spiccare della testa dell’orco orripilante che rotola in una tana di coniglio! Potremmo dire, continuando con la metafora della paura da coniglio, che a Bilbo Baggins non mancava che prepararsi per una bella partita di golf! Altro che avventure con i Nani a caccia di draghi! Ancora una volta spetterà a Gandalf risvegliare quel torpore e far ricordare la bellezza dell’impegno, della responsabilità della mission. Sarà il pungolo Gandalf il Grigio a far smettere a Bilbo il vestito dello Hobbit vecchio e a farlo crescere, quasi evangelicamente, in quello nuovo: “Vecchio mio” gli disse “ma quando ti decidi a venire? E la partenza di buon’ora? Eccoti qui a fare colazione, o come la vuoi chiamare, alle dieci e mezzo!”. Gandalf rammenta così a Bilbo il senso della vita, la natura della sua chiamata, della sua vocazione a cui spetta dare una risposta. Invano Bilbo cercherà di sottrarsi all’avventura con una sfilza di dubbi, palesati da ripetuti e incerti: “Ma…”. “Non c’è tempo” avvertirà lo stregone. I Nani lo aspettano, Gandalf lo sollecita e finalmente si decide. Bilbo Baggins, accorgendosi di essere rimasto attardato, inizia a correre per recuperare il tempo perduto. Gandalf sembra suggerire che il tempo passa e che a tutti noi (Hobbit, Nani, Uomini) non deve sfuggire che, nel tempo in cui ci è concesso di vivere, è necessario dare una sollecita e adeguata risposta. Abbiamo tutti, come Bilbo, un lato misterioso “Tuc” che ci aspetta e si profila all’orizzonte. Dobbiamo conservare noi tutti l’immagine preziosa (resa viva e palpitante nel film di Peter Jackson) di un Bilbo, uno Hobbit qualunque, ma non qualunquista, che affannosamente corre e chiede di essere aspettato perché anche lui sta arrivando.
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