VI Domenica del tempo ordinario

Non sono venuto ad abolire i Comandamenti, la Legge e i Profeti ma per dare compimento cioè una perfezione che va oltre le esigenze della Legge

di Mons. Gino Oliosi
Nella Liturgia di questa domenica prosegue la lettura del cosi detto “Discorso della montagna” di Gesù, che occupa i capitoli 5, 6 e 7 del Vangelo di Matteo. Dopo le “Beatitudini”, che sono il suo programma di vita, Gesù proclama la nuova Legge o Nuova Alleanza, Nuova storia di amore di Dio con l’umanità, la sua Torah, come la chiamano i nostri fratelli
ebrei. In effetti il Messia, alla sua venuta, avrebbe dovuto portare anche la rivelazione definitiva della Legge, ed è proprio ciò che Gesù dichiara con un passo importante del Discorso della Montagna, un passo che parla dell’adempimento della Legge. Gesù dichiara di non essere venuto per abolire la Legge o i Profeti, ma per dare compimento, cioè portarci a una perfezione che va oltre le esigenze delle Legge. E, rivolto ai suoi discepoli, aggiunge: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5,17.20). Ma in che cosa consiste questa “pienezza” della Legge di Cristo, e questa “superiore” giustizia che Egli esige da noi cristiani che possiamo dare perché Lui vuole donarcela?
Gesù è venuto per liberarci e ci mostra la via della vera libertà: è la via dell’adesione alla volontà buona di Dio sempre più liberi, dell’adesione alla sua Legge non soltanto esternamente, da schiavi che subiscono, ma interiormente da liberi, con amore. La vera libertà la si trova nell’amore. Solo chi ama è veramente libero, fa volentieri le cose necessarie; anzi fa anche più di quanto è necessario, nel senso dell’amore. Gesù lo spiega mediante una serie di antitesi tar i comandamenti antichi e il suo modo di riproporli. Ogni volta inizia: “Avete inteso che fu detto agli antichi….”, e poi afferma: “Ma io vi dico …”. Ad esempio: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai, chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Questo è un comandamento del Decalogo che rimane totalmente. Gesù lo porta a compimento nel senso che richiede una decisione intima, ferma, positiva contro ogni movimento, anche del cuore, che vada nel senso dell’ostilità: “Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio” (Mt 5,21-22). Gesù dunque ci chiede di più della Legge, ci chiede di avere attraverso la preghiera  il dono della padronanza di noi stessi per non cedere interiormente alla collera, non cedere alla tentazione di definire il fratello dal comportamento sbagliato, quindi escluderlo e non metterci sulla via della violenza, dell’esclusione: si tratta di poter rinunciare non solo alla violenza esterna, ma anche a quella interiore, non accettando che nel nostro cuore nascano pensieri di violenza, di adulterio, di fornicazione, di appropriazione indebita e indifferenza verso il povero che possiamo aiutare: esternamente corretti ma dentro come sepolcri imbiancati. Gesù è molto deciso su questo punto di accordo con i fratelli; non accetta che viviamo in situazioni di incomprensioni, di liti, di disaccordi, e addirittura antepone la lotta contro tutte le forze di divisione alle offerte che presentiamo a Dio. L’atteggiamento cui puntare è interiore, conforme all’amore di Dio che ci viene donato nella preghiera: “Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla (contro la castità), ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Gesù ci comanda di puntare a un cuore veramente puro, libero da ogni cedimento a desideri egoistici, cattivi: “Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te”. “Se presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”. Questo modo di parlare suscitava grande impressione nella gente, che rimaneva spaventata, perché quell’”io vi dico” equivaleva a rivendicare per sé la stessa autorità di Dio, fonte della Legge. Ma la novità di Gesù consiste, essenzialmente, nel fatto che Lui stesso “riempie” i comandamenti con l’amore di Dio, con la forza dello Spirito santo che abita in Lui. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito santo, che ci rende capaci di vivere l’amore divino. Perciò ogni precetto diventa vero come esigenza di amore, e tutti si ricongiungono in un unico comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso. “Pienezza della Legge è la carità” (Rm 13,10). Che la Regina dell’Amore ce  lo faccia comprendere e amare.

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