“Dopo che tutti gli altri ebbero ordinato la colazione senza dire neanche una volta “per piacere” (cosa che a Bilbo seccò moltissimo), si alzarono".
di Fabio Trevisan
Potrebbe sembrare irrilevante sottolineare i modi gentili degli Hobbit. Sin dall’inizio de: “Lo Hobbit” ,Tolkien vuole mostrare la benevolenza ed i tratti cortesi dello stesso Bilbo Baggins, anche quando incontra Gandalf, che a sua volta rimane sorpreso: “Mi auguri un buon giorno o vuoi dire che è un buon giorno che mi piaccia o no; o che ti senti buono, quest’oggi; o che è un giorno in cui si deve essere buoni?”. A questo punto, data la fondamentale importanza dei rapporti interpersonali genuini e cortesi degli Hobbit, c’è da chiedersi
il perché Tolkien insisteva sulle buone maniere e perché persino un vecchio saggio come Gandalf ne rimane sorpreso. Innanzitutto Lo Hobbit ,ma anche successivamente Il Signore degli anelli, sono stati pensati e scritti originalmente come racconti per bambini e ragazzi, tanto che Tolkien sottopose gli scritti dei primi capitoli al figlio giovane dell’editore. In secondo luogo lo stesso Tolkien amava leggere i racconti ai suoi stessi figli e quindi, poiché era cattolico e un buon padre di famiglia, desiderava trasmettere principi e valori improntati alla delicatezza e alla gentilezza. I suoi libri, anche se pensati per i giovani, erano rivolti comunque pure al pubblico adulto ed in questo sta la rilevanza dell’esperienza un po’ maliziosa e stupita di Gandalf e la disarmante semplicità e ingenuità di Bilbo Baggins, che risponde così alle domande sul “buon giorno” poste dal sapiente Gandalf, vestito con un mantello grigio: “Tutto quanto! Per di più, oggi è un bellissimo giorno per una pipata all’aperto”. Sovente abbiamo visto le fotografie dello stesso Tolkien che fumava la pipa; non dimentichiamo che l’autore avrebbe voluto assomigliare ad uno Hobbit in tutto, tranne che nella statura. La descrizione degli Hobbit nell’immaginario creativo tolkieniano assume una valenza di denuncia della società complessa e post industriale nella quale viveva. Egli contestava la frenesia della vita cittadina, preferendogli l’amata campagna, i campi e gli alberi secolari della sua giovinezza, tanto che amava farsi fotografare appoggiato al tronco delle querce, disteso sui prati e intento a fumare (proprio come gli Hobbit) la sua irrinunciabile vecchia pipa. Tolkien avrebbe voluto dire, proprio come Bilbo: “Siamo gente tranquilla e alla buona e non sappiamo che farcene delle avventure. Brutte fastidiose scomode cose! Fanno far tardi a cena!”. In queste frasi dell’amato Hobbit egli comunicava ai figli ed anche a tutti i lettori la sua predilezione per l’ordine, la puntualità (Fanno far tardi a cena), la bellezza di una vita semplice e decorosa, il silenzio operoso ma non frenetico della vita di campagna. In questo paradiso terrestre, in questo giardino dai frutti buoni dove esercitare la libertà ricevuta gratuitamente da Dio, irrompeva e scompaginava tutto la presenza del Male, di quel serpente tentatore che aveva avvinghiato e fatto peccare i nostri progenitori Adamo ed Eva. Da quel momento, anche se era bello ristorarsi amenamente alla bella vita di campagna, non si poteva prescindere dal combattere la “buona battaglia” contro il Nemico. Ed è esattamente in quel posto e in quell’ora che veniva chiamato Bilbo Baggins ad intraprendere una pericolosa avventura con i Nani e con l’assistenza “angelica” di Gandalf . Ed è ancora in un determinato posto ed in una certa ora che Tolkien avrebbe voluto far percepire a ciascuno di noi il sapore di una cristiana missione.
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