“I draghi non sanno distinguere un lavoro ben fatto da uno fatto male, anche se ne conoscono bene il valore corrente sul mercato”
di Fabio Trevisan
Alla domanda di Thorin, il capo dei Nani: “Dove stai andando, Bilbo?” lo Hobbit rispose con un altro interrogativo: “Che ne pensate di un po’ di luce?”. Bilbo Baggins aveva bisogno di rischiarare e mettere a fuoco ciò che veniva chiesto a lui, così piccolo e insignificante agli occhi del mondo. Alla luce supplicata da Bilbo, Tolkien contrappone l’oscurità in cui si celano ed
immergono i piani dei Nani: “L’oscurità ci piace!”. I Nani, laboriosi e grandi scavatori di gallerie nelle montagne, erano stati segnati anche se non corrotti definitivamente dal potere malefico degli anelli. Proprio così, feriti anche se non completamente morti, potremmo dire usando una simbologia cristiana che allude al dogma del peccato originale. A Bilbo veniva richiesta un’indispensabile mano per recuperare i gioielli sottratti dal grande drago ai valorosi Nani. La sua importante piccolezza (ricordiamo che gli Hobbit sono più bassi dei Nani) e, soprattutto, il suo odore non poteva essere fiutato dall’onnivoro drago che, al contrario, annusava e sentiva la presenza del Nano. Da una porticina piccola, adatta alla statura di Bilbo, si poteva penetrare nella pancia della montagna dove il potente drago controllava il tesoro rubato. A Bilbo, quindi, venne affidata da Gandalf con il plauso dei Nani, una chiave piccola e strana. Lo scassinatore Bilbo era stato eletto ed assunto nell’intrepida avventura contro le forze oppressive del male: “Ed ecco il nostro piccolo Bilbo Baggins, lo scassinatore, lo scassinatore scelto e prescelto”. Scelto ma innanzitutto prescelto, ribadisce Tolkien, dalla lungimiranza oserei dire evangelica, di Gandalf. Rammentiamo che nella Terza Era in cui è ambientata la storia non c’è traccia diretta di cristianesimo ma, come abbiamo ricordato all’inizio del cammino con Tolkien, il grande scrittore inglese fu cresciuto nella fede cattolica. Per riprendere ora la frase citata inizialmente in corsivo, potremmo chiederci con Bilbo: “Chi sono i draghi?”. Era una domanda legittima, dal momento che Bilbo doveva eludere la sorveglianza dell’illecito tesoro sottratto dal grande drago Smaug e portare a compimento l’anelito del cuore dei Nani. Tolkien riprende qui un aforisma intelligente molto famoso di Oscar Wilde (1854-1900): “Il cinico è colui che sa il prezzo di ogni cosa ma non conosce il valore di alcuna”. Il drago Smaug corrisponde perfettamente alla figura del cinico: a lui non interessa alcunché del lavoro e quindi della preziosità del tesoro fatto con le operose mani; egli non sa distinguere il vero valore. Smaug conosce soltanto miseramente il prezzo! Nella sua tristezza egli veglia costantemente sulla quantità e non fa che contare ogni perla preziosa, ogni monile, ogni gioiello, ma paradossalmente egli non sa gioire dei propri gioielli, come avverte sagacemente Thorin: “I draghi non godono neanche uno spillo di quello che hanno rubato”. Per questo motivo Tolkien desiderava, fin dalla fanciullezza, vedere i draghi. Per questo motivo avvertiva pure che i draghi, come la potenza del maligno, dovevano essere estirpati dai nostri cuori ed allontanati definitivamente dalla nostra vita. Gandalf, Bilbo e i Nani potevano così unirsi in questa battaglia contro il Male.
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