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di Cristina Siccardi
In questo formidabile compendio ritroviamo l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino e dei suoi discepoli. Un libro che consigliamo vivamente, così come sconsigliamo con decisione la lettura del saggio Chiesa cattolica. Essenza-Realtà-Missione di Walter Kasper.
Fede & Cultura ripropone un capolavoro del Novecento, con traduzione integrale, finemente curato e impreziosito da due nuove appendici. Si tratta de La sintesi tomistica, una delle opere più mature del grande teologo domenicano Padre Réginald Garrigou-Lagrange. In questo formidabile compendio ritroviamo l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino e dei suoi discepoli.
Tutta la realtà del creato è vista alla luce delle dottrine cattoliche della Trinità, del Creatore, dell’Incarnazione in
Gesù Cristo, in cui l’umanità è accolta nell’intimità della vita interiore di Dio. Testo di sapienza e, in questi tempi, testo che offre la spiegazione di tutto ciò che si è in gran parte perso.
Garrigou-Lagrange (1877-1964) è fra le più brillanti intelligenze speculative del XX secolo. Per circa 50 anni insegnò instancabilmente alla Pontificia Accademia San Tommaso d’Aquino di Roma, l’Angelicum, e scrisse molti saggi, nei quali ha lasciato l’impronta della vera dottrina e teologia cattolica.
Il lavoro di questa nuova edizione è stato molto laborioso: innanzitutto si è provveduto ad un nuovo raffronto con il testo originale francese, ottenendo, come afferma il curatore Marco Bracchi, «sia una maggior fedeltà verbale, connessa all’adeguamento con la lingua italiana contemporanea, sia di colmare le parti mancanti che, sicuramente in buona fede, il primo traduttore aveva omesso» (p. 10). Sono poi state introdotte delle migliorie nell’economia dell’opera, comprese nelle note. Lo stesso Bracchi ha anche invitato il filosofo Monsignor Antonio Livi a scrivere una Prefazione all’opera.
In questo testo è chiaramente riscontrabile il carattere che contraddistingue Garrigou-Lagrange dalla maggioranza dei teologi e filosofi suoi contemporanei, ovvero emerge qui, come altrove, non solo tutta la sua alta valenza speculativa, ma anche il suo approccio mistico alle Sacre Scritture, come a tutto ciò che è studio del divino. Egli realmente incarnò la definizione che veste l’ordine dei Padri Predicatori: «Contemplari et contemplata aliis tradere», contemplare, attingere la verità nell’ascolto e nella comunione con Dio e donare agli altri il frutto della propria contemplazione. Il programma di San Domenico è il medesimo proposto agli Apostoli: «noi ci dedichiamo alla preghiera e al ministero della parola» (At. 6, 4). «La vita propria dell’Ordine – si legge nella Costituzione fondamentale dei Domenicani – è l’autentica vita apostolica: una vita in cui la predicazione e l’insegnamento sgorgano dall’abbondanza della contemplazione».
Garrigou-Lagrange era un uomo di intensa preghiera e di profonda contemplazione, e quando studiava contemplava. Il suo approccio alla scienza su Dio era senz’altro d’impronta mistica, perché egli era un mistico, attratto dal misticismo. Non è infatti un caso che andò a far visita alla mistica Marthe Robin (http://www.santiebeati.it/dettaglio/93621 ) e, umile quale egli fu (dote rarissima fra i teologi), ebbe a dire: «Chi sono io di fronte a questa umile ragazza?», inoltre: «Ho la possibilità di farvi sapere sin da ora, senza tradire alcun segreto, che vi è nella Drôme una santa donna che vive una vita contemplativa come vittima d’amore, Marthe Robin. Sono andato a trovarla su richiesta personale del Papa, per giudicare l’espressione teologica della sua fede. Ne sono rimasto meravigliato e l’ho scritto al Papa». Particolarmente apprezzato da Papa Pio XII – che di lui disse nel 1957: «Abbiamo avuto sovente la prova del talento e dello zelo con i quali avete, con la parola e con lo scritto, difeso e salvaguardato l’integrità del dogma» – e che invitò il Padre domenicano a visitare Marthe Robin. Ebbene, egli incontrò più volte la mistica francese. Il primo incontro, comunque, fu quello decisivo. Venne chiesto a Marthe, per pesare la consistenza delle sue rivelazioni private: «Cosa c’è di più grande in Maria, la sua grazia personale o la sua Divina Maternità?». La sua risposta fu immediata: «Se Maria è piena di grazia, è perché è la Madre di Dio». Garrigou-Lagrange fu felice di questa risposta e la ringraziò per la correttezza dell’affermazione, malgrado l’opinione contraria della maggioranza dei teologi modernisti del suo tempo. Ma le parole di Marthe, come le convinzioni del Padre domenicano, erano e restano senza tempo perché illuminate dalla Sapienza di Dio.
La sintesi tomistica dovrebbe essere letta dai seminaristi ai quali spesso e volentieri non vengono proposti i sussidi formativi del Dottore Angelico e da tutti coloro che desiderano conoscere l’immensa opera di San Tommaso.
Caldamente sconsigliata è, invece, la lettura del saggio Chiesa cattolica. Essenza-Realtà-Missione di Walter Kasper. Interessante considerare questo fatto: mentre, sia San Tommaso sia Padre Réginald Garrigou-Lagrange non prendono mai le mosse da loro stessi e la loro esistenza non trapela dalle loro parole e spiegazioni, facendosi piccoli piccoli, umili, umili di fronte alle immensità di Dio, Kasper inizia, invece, proprio da sé e dalle sue personali esperienze. Il Cardinale offre, infatti, una parte autobiografica introduttiva, illustrando esplicitamente il suo cammino soggettivo e in questo modo prepara il terreno per l’esposizione di una ecclesiologia cattolica nuova e rivoluzionaria che attinge anche da quegli elementi ambigui e pastoralmente dirompenti del Concilio Vaticano II. La Chiesa di Kasper, dunque, è una Chiesa oltre che biblica, anche esperienziale, che si modella soprattutto sulle esigenze non tanto di Nostro Signore Gesù e di come Lui ha voluto e vuole la Sua Chiesa, ma sulle esigenze del mondo postmoderno. Non c’è da stupirsi… lo stesso Cardinale afferma di essersi formato alla Scuola di Tubinga e suoi padri furono Karl Rahner, Henri de Lubac, Yves Congar, Hans Küng e, pertanto, non c’è sta stupirsi che faccia del Cardinale John Henry Newman un antesignano «dell’ecclesiologia del XX secolo, che attraverso il concilio Vaticano II si è imposta in tutta la chiesa». A tale asserzione rispondiamo con le parole proprio di Newman, che si fece cattolico grazie ai Padri della Chiesa e alle chiese che visitò e alle sacre liturgie a cui assistette a Milano e in Sicilia. Disse nel 1877: «In questi cinquant’anni ho pensato che si stiano avvicinando tempi di diffusa infedeltà, e durante questi anni le acque, infatti, sono salite come quelle di un diluvio. Prevedo un’epoca, dopo la mia morte, nella quale si potranno soltanto vedere le cime delle montagne, come isole in un vasto mare. Mi riferisco principalmente al mondo protestante; ma i leaders cattolici dovranno intraprendere grandi iniziative e raggiungere scopi importanti e avranno bisogno di molta saggezza e di molto coraggio, se la Santa Chiesa deve liberarsi da questa terribile calamità, e, sebbene qualunque prova che cada su di lei sia solo temporanea, può essere straordinariamente dura nel suo decorso»[1].
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[1] C. Siccardi, Nello Specchio del cardinale John Henry Newman, Fede & Cultura, Verona 2010, p. 186.
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