di Stefano Fontana
Anche se scritto in modo forse frettoloso, l’intervento di Mario Adinolfi su La Croce di domenica scorsa, merita una risposta organica, nella supposizione – avendo egli omessa l’indicazione del termine polemico – che intendesse rivolgersi a noi e a me in particolare. I cattolici democratici, sodalizio a cui è sempre appartenuto il nuovo Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella, non esistono quasi più come specifica corrente politica organizzata e con un proprio leader riconosciuto. In questi giorni hanno rifatto capolino Bodrato e Castagnetti, Rosy Bindi si spellava le mani in Parlamento, ma questa storia è finita. Io stesso, nell’articolo incriminato da Adinolfi, avevo scritto che quella di Mattarella è una vittoria “postuma”.
Però il cattolicesimo democratico come cultura è più ampio dei cattolici democratici come configurata corrente politica. Esso si intreccia inoltre con altre correnti teologiche e politiche postconciliari e mentre la pattuglia dei politici cattolico-democratici si estingue quella cultura è molto diffusa, campeggia in intere realtà diocesane e nella cultura cattolica ha ancora la meglio. Non è per niente cretino né superato parlarne. Questa cultura è tale che nessuno che di essa sia convinto scenderà in piazza con Mario Adinolfi e il suo “Voglio la mamma”, come nessuno di loro è sceso in piazza né ha sostenuto almeno a parole le Sentinelle in Piedi. Lo impedisce l’ideologia del cattolicesimo democratico, secondo la quale la presenza pubblica dei cattolici deve avvenire solo attraverso la singola coscienza, quindi, come direbbe don Sturzo, alla chetichella. Non ostacolando leggi, non favorendo leggi, il che – secondo loro – trasformerebbe il cristianesimo in ideologia, ma solo tramite il giudizio della singola coscienza, libera da dottrine e insegnamenti magisteriali.
Io non ho mai visto un cattolico democratico opporsi in consiglio comunale a una delibera che istituisce i registri delle Dat, oppure i registri dei matrimonio omosessuali contratti all’estero. Al referendum sulla legge 40 i cattolici democratici in genere sono andati a votare, magari per votare “no”, ma ci sono andati. Ecco perché ritengo che anche il nuovo Presidente Sergio Mattarella nulla farà di nuovo per contrastare, o frenare, o rendere più politicamente ragionevole, l’ondata laicista della raffica legislativa Scalfarotto-Cirinnà-Fedeli che sta presentandosi al nostro orizzonte. Secondo Augusto Del Noce, l’errore fondamentale del progressismo cattolico è stato di pensare che un comunismo democratizzato fosse migliore di quello ideologico.
Il cattolicesimo democratico, specialmente nella sua versione morotea, si è molto impegnato in questa secolarizzazione del comunismo italiano ed è riuscito nel risultato. Ma il comunismo italiano, depurato del suo apparato filosofico e ideologico, si è tradotto in un nemico ancora più pericoloso e insidioso, diventando un partito radicale di massa o, come ora sottolinea Scalfari, un Partito d’Azione di massa. Il progressismo cattolico, però, non poteva arrivare a questo risultato senza secolarizzare nel contempo l’esperienza religiosa dei cattolici italiani: in politica non si giocano più significati assoluti. Ed ecco il cattolicesimo adulto.
Mario Adinolfi intende riportare in politica dei significati assoluti? A questo potrebbe fare pensare la sua battaglia contro i “falsi miti del progresso”. Se sì, come può concordare con la cultura di provenienza di Sergio Mattarella? Oppure la vuole negare, sostenendo irrealisticamente che non esiste più? É scioccamente impolitico adoperare in politica valutazione del tipo «è un brav’uomo!», oppure «è un cristiano!» o peggio «è un buon cristiano», come ha fatto Adinolfi a proposito di Mattarella. Anche Obama è un cristiano e le peggiori leggi italiane sono state firmate da cristiani. Questi giudizi non tengono conto dell’importanza fondamentale della cultura politica degli uomini politici. Ma se Adinolfi non vuol fare una nuova proposta di cultura politica, cosa vuole fare? Si legga il riferimento che Mario Adinolfi fa alla Legge 40, considerandola un “buona legge” su cui si sono convogliati i voti dei cattolici.
La Legge 40 non è una buona legge, è una legge sbagliata che contraddice alcuni fondamenti della legge naturale. Secondo Tommaso, Agostino o la Evangelium vitae, non è nemmeno una legge. Essa permette la procreazione fuori della sessualità e l’uccisione, spesso per spappolamento, di embrioni umani che, se lasciati vivere, sarebbero diventati Luigi e Laura, Giuliano e Nicoletta. I cattolici non hanno fatto convergenza su di essa. Si sono mobilitati assieme a tanti altri per impedirne il peggioramento che tuttavia, essendo un fatto culturale, è poi stato realizzato lo stesso dai giudici, nel silenzio di tutti i cattolici democratici di questo mondo, tra cui il silenzio di Sergio Mattarella.
Se il movimento di mobilitazione popolare dal basso di Mario Adinolfi parte da questa visione della Legge 40 avrà vita brevissima, perché ammette il compromesso politico già a monte, figuriamoci poi a valle. Molti potranno fare qualche tratto di strada con lui, ma prima o poi contraddizioni culturali di questa portata sono destinate a deflagrare.
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