di Stefano Fontana
Gli approfondimenti e le discussioni circa il tema del Sinodo sulla famiglia, che nel suo momento straordinario si è tenuto lo scorso ottobre e in quello ordinario si svolgerà nell’autunno del 2015, non hanno riguardato direttamente la Dottrina sociale della Chiesa. Certamente le problematiche del matrimonio, dei sacramenti in genere e dell’accesso alla Santa Comunione sono centrali nelle riflessioni sinodali e meritano il primato. Non è inutile, però, riflettere anche sulla
ripercussione storica, sociale e politica – potremmo dire pubblica – sia del sacramento del matrimonio, sia dei sacramenti in genere, sia della Santa Comunione. Così facendo diventa obbligante il riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa.
Ogni sacramento ha non solo un valore personale, intimo e spirituale, ma ha anche un valore storico e cosmico. Il sacramento è il segno efficace della nuova creazione apertaci dal Risorto. Tutti i sacramenti hanno quindi un profondo significato comunitario. Essi sono impartiti nella Chiesa, che è sacramento di unità di tutto il genere umano e la Nuova Gerusalemme nella storia. I benefici del sacramento ricadono su tutto il corpo ecclesiale e sull’intero corpo sociale. Nel sacramento si incontrano la Chiesa pellegrinante, la Chiesa trionfante e la Chiesa purgante. È nei sacramenti che, prima di tutto, si manifesta il significato storico e cosmico dei dogmi cristiani.
Tramite i sacramenti i dogmi fanno la storia dell’umanità. È dal sacramento del matrimonio cristiano che la Chiesa ha salvato l’umanità dall’eresia catara, che sarebbe stata distruttiva della stessa umanità. È dal sacramento del matrimonio cristiano offerto al mondo che oggi la Chiesa può opporsi all’ideologia del gender che, non meno del Catarismo, può distruggere l’umanità. La Chiesa salva il mondo quando parte dai propri dogmi e dai propri sacramenti e non vi fa penetrare lo spirito del mondo.
L’indebolimento della consapevolezza ecclesiale circa la sacramentalità dei sacramenti produce anche una stanchezza nella costruzione della società umana. Se non sorretto dal matrimonio cristiano anche il matrimonio naturale si indebolisce. Se viene manomessa nella coscienza ecclesiale la sacramentalità dell’Eucarestia anche la fratellanza umana naturale si incrina e gli uomini dimenticano di essere una sola famiglia. I principi della legge morale naturale – come per esempio la naturalità del matrimonio e della famiglia fondata sul matrimonio, oppure l’immoralità della sessualità fuori del matrimonio o della condotta omosessuale – hanno anch’essi bisogno di essere sostenuti e redenti dai dogmi cristiani e dalla vita di grazia.
La Chiesa li sostiene, e sostiene così la costruzione di una società a misura umana, quando ne ribadisce il contenuto naturale ma anche e soprattutto quando lo perfeziona nella vita sacramentale. Indebolita questa sono perduti anche quelli. È la famiglia di Nazareth che illumina la realtà della famiglia naturale. È Cristo che illumina l’uomo. Sono i dogmi ad illuminare i problemi storici. Se quell’orizzonte si secolarizza, anche l’impegno sociale e politico si secolarizzerà a sua volta, ossia perderà di tono e di livello, scenderà in basso e perderà motivazione.
I temi del matrimonio, della sessualità, della famiglia, dei figli sono temi anche di Dottrina sociale della Chiesa, perché sono fondamentali per la costruzione della società umana. La Dottrina sociale della Chiesa, però, non ha lo scopo primario di annunciare queste verità, essa ha lo scopo primario di annunciare Cristo nelle realtà temporali. Essa sa che annunciando Cristo annuncia anche la verità della sessualità, del matrimonio e della famiglia, aiutando così gli uomini a vivere meglio, ossia a vivere la verità della propria vocazione e la redenzione già qui. Annunciare Cristo significa fornire a tutti i problemi sociali la luce trascendente di cui hanno bisogno per comprendersi e per attuarsi al loro proprio livello. La Dottrina sociale della Chiesa appartiene alla missione della Chiesa, è “della Chiesa”, e quindi essa non può venire staccata dalla vita liturgica e sacramentale della Chiesa stessa. Senza questo collegamento la Dottrina sociale è una semplice morale politica, e per di più infondata.
Come si vede, la discussione del Sinodo sui temi del matrimonio, della famiglia e dell’accesso ai sacramenti riguarda indirettamente anche la Dottrina sociale della Chiesa e perfino la sua stessa possibilità. È dai sacramenti che la Chiesa trova la forza teologica e spirituale per confermare e purificare la vita umana in tutte le sue dimensioni, comprese quelle sociali.
Commento di Mons. Oliosi
A livello pastorale nel 1972 c’è stato l’indirizzo di sviluppare l’annuncio della Parola di Dio nella testimonianza biblico – evangelica che suscita la fede nell’incontro con Cristo nell’ontologia della sua presenza nella materialità dei sette sacramenti e dei sacramentali.
Come capita spesso si è talmente accentuato l’annuncio della Parola di Dio da relativizzare il punto di arrivo dell’incontro con la presenza e l’azione di Cristo nella materialità dei setet sacramenti e dei sacramentali della Chiesa.
A livello di Dottrina sociale, anziché rifarsi al Vangelo e alla prassi sacramentale della Chiesa, si era arrivati a una silloge di principi come via di mezzo tra il collettivismo marxista e il capitalismo liberale. È stata una posizione ideologica corretta a Puebla da san Giovanni Paolo II.
Comunque a livello pastorale occorre puntare ad un connubio tra Parola di Dio e azione sacramentale di Cristo che l’articolo di Stefano Fontana aiuta a cogliere.
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