di Giovanni Cavalcoli
Non c’è dubbio che in questi ultimi anni, sia grazie ad interventi della Chiesa o dei Pastori, sia grazie alla pubblicazione di valide opere sull’argomento o alla fama acquistata da valenti esorcisti, come il Padre Amorth e altri, in molti ambienti cattolici è stata recuperata la consapevolezza dell’azione di Satana in questo mondo. Tuttavia molto resta da fare per eliminare due persistenti errori opposti fra loro, il primo, più diffuso negli ambienti colti,
che consiste nella negazione tout court dell’esistenza del diavolo; il secondo, presente invece negli ambienti popolari, che consiste nella spettacolarizzazione dell’azione satanica e nella troppa facilità con la quale si vorrebbero spiegare certi fenomeni odiosi o certe sventure a ripetizione. Capita di incontrare idee sbagliate sul demonio sia nel primo che nel secondo caso.
Generalmente, riguardo all’azione di Satana si dà spazio e pubblicità, a volte per una certa inutile curiosità o ricerca di successo da parte delle pubblicazioni sull’argomento, ai fenomeni più eclatanti, sconcertanti ed impressionanti, come le possessioni, le apparizioni e il satanismo. Questa fenomenologia, però, grazie a Dio, è piuttosto rara.
Viceversa, esiste un altro aspetto dell’azione di Satana, più frequente e più importante, ma meno appariscente e più trascurato, ed è quello che ci tocca tutti da vicino, per cui è d’interesse primario per il nostro cammino di salvezza, anche se non ha la spettacolarità propria del primo, ma al contrario, ponendosi schiettamente sul piano dello spirito - del resto, Satana non è uno spirito? - colpisce meno i sensi, le emozioni e la fantasia e interpella maggiormente il delicato lavoro dell’intelligenza, della coscienza e della volontà, soprattutto in relazione all’esercizio delle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, nonchè all’esercizio dei doni dello Spirito Santo.
Il fenomeno delle possessioni o delle vessazioni tutto sommato costituisce una dura prova per l’ossesso e impegna certamente l’abile esorcista, ma in fin dei conti non compromette o non mette in pericolo la condotta morale del paziente, dato che, come è noto, durante la presenza del demonio, il paziente si trova in uno stato inconscio, per cui non può esercitare la volontà.
Invece l’arrivo di Satana nella nostra coscienza è il vero problema circa l’azione di Satana, perché egli, con le sue suggestioni, seduzioni e tentazioni, mette in serio pericolo la salute spirituale del soggetto, spingendolo al peccato. Infatti tutta l’azione di Satana in questo mondo si può riassumere in quest’unico fine: ingannare l’uomo appunto con “dottrine diaboliche” per persuaderlo a peccare sapendo di peccare, facendogli apparire bene il male o male il bene.
Immaginarsi Satana come un essere spaventoso o repellente vuol dire fermarsi sul piano della metafora e dell’immaginazione, senza cogliere il significato vero dell’azione satanica, ossia senza vedere in Satana la sua vera pericolosità che, ripeto, sta nella sua arte raffinata di condurci a peccare, di mostraci il peccato come attraente, facendo leva eventualmente su debolezze provenienti dal peccato originale.
In questo senso Satana non appare ripugnante ma al contrario appare affascinante, seducente e ammaliatore. Satana cerca di ottundere la nostra coscienza, sì da non pentirci del peccato commesso. Qui sta la vera caratteristica, del resto quotidiana per chi sa avvertirla, dell’azione satanica. Oppure istilla dei falsi sensi di colpa per bloccarci nel compimento del bene e per indurci alla disperazione.
Sotto questo profilo, che è quello che deve starci più a cuore se ci teniamo alla nostra salvezza, l’azione di Satana non ha un carattere esterno e materiale, attinente ai sensi, alle emozioni o agli stati del nostro fisico, come nel primo caso, ma un aspetto sottile, interiore, insinuante, potremmo dire “serpentino”, che tocca appunto la vita del nostro spirito, il nostro intimo, le nostre idee, le nostre convinzioni, sentimenti, tendenze o aspirazioni spirituali, i nostri atti morali, il nostro rapporto con gli altri e con Dio. Si pone sul piano delle idee, della comunicazione del pensiero (i cosiddetti “cattivi pensieri”), dei messaggi verbali, degli impulsi o degli stimoli dati alla volontà.
La mira principale di Satana non è neppure tanto la corruzione delle passioni ma la corruzione dello spirito. Non spinge tanto ai peccati carnali, ma a quelli spirituali: la superbia, l’empietà, la presunzione, l’invidia, l’odio, l’ipocrisia, la menzogna, la doppiezza. Egli pone l’ostacolo più grave al conseguimento del bene, della virtù, di Dio, ostacolo che non viene dalla carne ma dallo spirito o, come dice Cristo, non viene dall’esterno, ma dall’interno, dal cuore, dalla volontà.
Egli mira rendere torbida e falsa l’intelligenza, sleale, doppia e cattiva la volontà. Il peccato di Satana è stato ovviamente un peccato spirituale, essendo egli puro spirito, e per questo i peccati spirituali possono essere detti “diabolici”. Questi peccati contaminano innanzitutto l’intelletto e la volontà, il pensiero e l’azione, che sono le potenze proprie dello spirito.
E per questo, il primo peccato spirituale, il punto di partenza della perdizione concerne il pensiero: quella che S. Paolo chiama “dottrina diabolica”. Essa consiste nell’istigazione alla menzogna e nell’apologia della menzogna circa i valori più importanti, che sono quelli che riguardano la salvezza, quindi la falsificazione della Parola di Dio, della verità di fede, della dottrina della Chiesa.
Nel peccato di pensiero gioca ovviamente la volontà, giacchè ogni peccato comporta la cattiva volontà. Ma poi il peccato diabolico concerne anche quegli atti che riguardano l’impegno specifico della volontà, ossia i peccati propriamente attinenti all’azione o all’operazione, l’esecuzione pratica del pensiero diabolico, e qui abbiamo tutti i più gravi gesti della violenza, della crudeltà, del sacrilegio, dell’incredulità, della disperazione, dell’ingiustizia, del furto, dell’assassinio, dell’aborto, del sadomasochismo, della contesa, della diffamazione, della denigrazione, della disobbedienza, della sedizione, della strage, del terrorismo, e simili.
L’uomo diabolico può essere moderato, casto, temperante, misurato, controllato, gentile, dalle buone maniere, cortese, affabile, beneducato, simpatico, allegro, psichicamente normale, colto, dal tratto raffinato, apparentemente pio e sereno; anzi il demonio di preferenza sceglie queste persone aliene dagli eccessi emotivi, dagli scoppi di ira, dagli impulsi incontrollati, persone che non destano sospetti, magari altolocate, prelati, teologi o religiosi, e che quindi sono oggetto di stima e di rispetto, per renderli strumenti della sua azione quando vuol compiere danni veramente gravi e di lunga durata alle anime: si tratta soprattutto degli eresiarchi, il cui influsso maligno è capace di durare secoli.
Sono questi gli autori di quelle che S. Paolo chiama “dottrine diaboliche” (I Tm 4,2). La persona diabolica può rivestirsi di un’apparenza nobile, può sembrare una persona molto spirituale, un profondo teoreta, un profeta ispirato, un veggente, un mistico, giacchè, come dice S. Paolo, “Satana si maschera da angelo di luce”(II Cor 11,14).
Satana sa in qualche misura simulare persino la santità, anche se l’occhio esperto riconosce facilmente le contraffazioni e le imposture, giacchè è per Satana un’impresa tutto sommato troppo difficile. Da qui il proverbio popolare: “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”. La finzione diabolica non può durare a lungo.
Ci casca solo chi ci vuol cascare. Ordinariamente il demonio non mira così in alto, anche perché pochi amano la santità ed egli vuol conquistare il numero più alto possibile di allocchi e citrulli. Per questo ordinariamente si nasconde sotto i lineamenti e lo stile di personaggi di successo che attirano le folle, falsi filosofi, teologastri, abili sofisti e impostori, riformatori della Chiesa e della società, geni del pensiero e della scienza, seduttori, leaders politici, spiritisti, ipnotizzatori, attori, artisti, poeti e maghi.
Ma citiamo l’espressione paolina nel suo contesto, che è molto interessante: “Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza”.
Innanzitutto il riferimento allo Spirito Santo, che è lo Spirito della verità, serve a dar certezza di questa dichiarazione. Gli “ultimi tempi” o “pienezza dei tempi” nel linguaggio biblico rappresentano i tempi apocalittici, ossia quelli conclusivi e decisivi, i più altamente drammatici, della storia della salvezza, i tempi dello scontro finale. Ricordiamo l’apostasia della quale parla l’Apostolo (2 Ts 2,3). Riguardano innanzitutto il futuro, ma possono interessare anche il presente, poiché già nel presente si decide e si edifica la nostra salvezza.
La stessa venuta di Cristo, secondo il Vangelo, inaugura gli “ultimi tempi” preannunciati dai profeti, ultimi sì in senso cronologico, ma soprattutto intensivo: i tempi più carichi di significato, i tempi risolutivi, detti anche “tempi della fine”, fine di questo mondo di peccato e inizio del nuovo mondo della giustizia, tempi dello scontro finale delle forze del bene contro quelle del male.
In questa lotta finale emergono le dottrine più pericolose, che sono appunto le “dottrine diaboliche”. Esse vanno smascherate e confutate con la stessa potenza di quello Spirito, che ne rivela la comparsa e la pericolosità. È lo Spirito Santo, Spirito della verità, accompagnato dalla preghiera, che scopre e scaccia lo spirito impuro, lo spirito della menzogna.
Queste dottrine si prefiggono soprattutto la distruzione o la falsificazione della fede - l’eresia -, di quella fede che è l’inizio della salvezza. Il demonio tenta di sopprimere la vita cristiana alla radice, spegnendo la luce della fede con dottrine che ce la fanno apparire falsa, odiosa, irrazionale, degradante, disumana, intollerante, illiberale, superata, schiavizzante e molti altri inganni del genere.
S. Paolo inoltre è molto severo nel giudicare questi “spiriti menzogneri” che diffondono l’eresia. Dichiara, infatti, che sono “bollati a fuoco nella loro coscienza”; dunque non sono in buona fede, cosa che invece può capitare quando uno difende un’eresia senza sapere che è un’eresia. In tal caso già dai tempi di S. Agostino la Chiesa parla di eresia “materiale”, che non è colpevole, in quanto il soggetto scambia involontariamente l’errore per la verità e la verità per l’errore.
Invece nell’eresia vera e propria, detta “formale”, vi è vera colpevolezza, data dal fatto che l’eretico sa che la sua idea è eretica e con tutto ciò la difende presentandola come verità cattolica. Si tratta di una colpa gravissima, ben descritta dall’Apostolo con l’espressione “bollati a fuoco nella loro coscienza”, quasi a significare il fuoco dell’inferno che già in questa vita comincia a tormentare gli eretici.
Certo non è sempre facile all’atto pratico distinguere l’eretico formale da quello materiale, ma è molto importante, ed è ben diverso il comportamento che occorre tenere nei due casi. Tuttavia ci sono, in linea di principio, dei segni che indirettamente ma con certezza ci permettono di distinguere e quindi di adottare l’opportuno comportamento che occorre nei due casi.
La differenza essenziale tra i due tipi di eretico è data dalla presenza di alcune caratteristiche morali: l’eretico formale è superbo, presuntuoso, sleale, arrogante, ostinato, ambizioso, vendicativo, crudele, sprezzante e beffardo verso gli avversari, un implacabile odiatore di coloro che osano criticarlo o rimproverarlo, astuto custode della sua immagine o del suo look, sì da procurarsi la maggior fama possibile nel mondo, impegnato a cercare mezzi e a formare discepoli e collaboratori che lo sostengano nella sua empia attività.
L’eretico è oggetto di fanatica ammirazione da parte dei seguaci, che lo pongono al di sopra di qualunque altra autorità, quasi sia un dio. Esempio classico è Lutero, benchè ovviamente si debbano riconoscere in lui alcune qualità, come la sua “profonda religiosità”, come ebbe a dire il Beato Giovanni Paolo II. Anzi, spesso gli eretici hanno delle buone qualità, anche eccezionali, ma il guaio è che le spendono male, mentre potrebbero dare ottimi frutti se le impiegassero per la gloria di Dio e non per la propria.
Viceversa l’eretico semplicemente materiale è in realtà ortodosso e può essere anche un santo. Non si può neppur dire propriamente eretico, ma è solo una persona che sbaglia. Semplicemente non si rende conto del suo errore e se ne prendesse coscienza, lo respingerebbe decisamente, ma Dio può permettere che per lungo tempo e forse anche per tutta la vita non se ne accorga.
Si tratta d’ignoranza non colpevole, cosiddetta “invincibile”, causata o da una insufficiente formazione ricevuta o a limiti intrinseci della sua intelligenza o da fraintendimenti o equivoci insormontabili magari legati all’ambiente, al linguaggio o a difetti del carattere o della sua psiche.
L’eretico materiale, che potremmo anche dire pseudoeretico, erra solo in alcuni punti nell’ambito di un sistema di pensiero sostanzialmente ortodosso e che anzi sotto questo punto di vista può essere di grande valore e fare molto bene alla cultura e alla Chiesa. Può essere addirittura un mistico e un maestro di santità.
È fedele alla Chiesa, coscienzioso, preoccupato dell’ortodossia, nemico degli eretici, umile, pio, prudente, modesto, disinteressato, magnanimo, caritatevole, generoso, pronto a correggersi ove si rende conto dell’errore, mite e paziente con gli avversari, che magari lo maltrattano, non attaccato alle sue idee, non preoccupato di una fama mondana ma solo di piacere a Dio, non chiuso nelle sue idee, ma sempre pronto ad imparare. Esempio famoso è il Beato Antonio Rosmini.
Come risulta dal passo di S. Paolo, molto importante collaboratrice di Satana è l’ipocrisia. Quanto spesso Gesù lancia accuse di ipocrisia! E contro chi? Contro i pubblicani, le prostitute e i peccatori? No; contro sacerdoti, scribi e farisei! Quale lezione per noi preti, per noi religiosi, votati alla perfezione e alla guida delle anime! È dunque tra di noi che il demonio trova il terreno più adatto per seminare le sue dottrine!
Dunque, la prima cosa da fare nella vita e ciò vale anche e soprattutto per chi è chiamato a insegnare la teologia o le verità di fede, e a guidare le anime alla salvezza, è agire in buona coscienza davanti a Dio, distaccati dalla gloria umana, cercare Dio innanzitutto e ad ogni costo: se gli uomini approvano, bene, e se non approvano, pazienza. Occorre quindi evitare la gloria umana e non essere schiavi del parere altrui. Invece l’eretico cerca innanzitutto se stesso e il favore degli uomini; Dio e la religione per lui sono solo un mezzo per affermarsi nel mondo e per ottenere una gloria effimera che apre a lui ed ai suoi discepoli la via della perdizione.
Nessun commento:
Posta un commento