di Fabio Trevisan
La prima riflessione che ho avuto leggendo la Prolusione del Card. Kasper in preparazione ai lavori sinodali sulle importanti questioni inerenti la famiglia, in particolare alla situazione dei divorziati risposati, è stata quella di una constatazione inerme della distanza tra i contenuti della dottrina della Chiesa ed il vissuto della gente. Com’è possibile che non ci si chieda e non si analizzi in profondità le ragioni di questo iato? Com’è possibile che lo si dia per scontato, come se la marea del secolarismo fosse ineluttabile?
La prima riflessione che ho avuto leggendo la Prolusione del Card. Kasper in preparazione ai lavori sinodali sulle importanti questioni inerenti la famiglia, in particolare alla situazione dei divorziati risposati, è stata quella di una constatazione inerme della distanza tra i contenuti della dottrina della Chiesa ed il vissuto della gente. Com’è possibile che non ci si chieda e non si analizzi in profondità le ragioni di questo iato? Com’è possibile che lo si dia per scontato, come se la marea del secolarismo fosse ineluttabile?
In questa prospettiva l’unica possibilità sarebbe quella di “accompagnare” i poveri agonizzanti cristiani al suicidio assistito, ponendosi alla stregua di “compagni di viaggio solidali” (uso queste espressioni tra virgolette poiché sono sovente utilizzate nei sinodi diocesani) e mostrando loro tutta la nostra comprensione, salendo insieme sul patibolo e chinandosi dinanzi alla capitolazione mondana.
Gilbert Keith Chesterton si poneva, più di un secolo fa, questi interrogativi: “Perché un’opera di teologia moderna è meno sorprendente ed avvincente di un’opera di teologia del passato?”. E rispondeva: “Non può essere cosa giusta che la
religione sia il più noioso degli argomenti. Deve esserci qualcosa di sbagliato se la questione più importante per l’uomo è anche la meno eccitante. Deve esserci qualcosa di sbagliato se ciò che sta alla base di tutto non è interessante” (citazioni tratte da: “L’uomo comune”, capitolo Risolvere l’enigma).
religione sia il più noioso degli argomenti. Deve esserci qualcosa di sbagliato se la questione più importante per l’uomo è anche la meno eccitante. Deve esserci qualcosa di sbagliato se ciò che sta alla base di tutto non è interessante” (citazioni tratte da: “L’uomo comune”, capitolo Risolvere l’enigma).
Che cos’era, secondo il grande scrittore di Beaconsfield, ciò che stava alla base di tutto? Chesterton si rifaceva ad un testo della Nuova Teologia (così lo denominava) dal titolo eloquente: “La soluzione al Grande Problema”. Egli si rendeva conto che la gente acquistava quel volume ritenendolo un romanzo poliziesco moderno perché sa che in esso il grande problema verrà risolto e non lo acquista invece se si tratta di un libro di filosofia moderna perché sa che in esso il grande problema non verrà certamente risolto. Anch’egli era consapevole delle difficoltà di entusiasmare sulle grandi questioni metafisiche: “Questo titolo, se dato a un romanzo poliziesco, fa effetto, se dato invece a un’opera metafisica è un inganno”.
Chesterton però, a differenza di molti teologi moderni, rimproverava il mondo: “Si parla del frastuono e dell’inquietudine della nostra epoca, ma io credo sia alquanto sonnolenta: gli ingranaggi e il traffico conciliano il sonno. Il suono prodotto dai pistoni che stridono e dai martelli che fracassano è un’enorme, tranquillizzante ninna-nanna”. Anche nel saggio Ortodossia del 1908 aveva ricordato il paradosso dell’epoca moderna, in apparenza sempre in movimento, per nascondere tuttavia l’effettiva e reale pigrizia: la difficoltà di pensare. In un breve saggio del 1910: “La teologia dei regali di Natale” egli ribadiva che cosa fosse necessario: “E quando il nuovo teologo rinuncia alla storia e alla metafisica esatta e si limita ad affermare: <Spogliato del suo formalismo, questo è il cristianesimo> , rispetto al vecchio teologo è ancora più indifeso di fronte all’eventuale risposta dell’uomo della strada:<Se questo è il cristianesimo, è meglio che te lo porti via>”.
Chesterton era quindi consapevole dell’importanza della storia e della metafisica (quella vera). Ora, il Card. Kasper afferma, senza mai citare l’importanza della storia e della metafisica, che bisogna far vedere la bellezza del Vangelo ma non lo dice in modo forte, come dichiarava Chesterton: “Se il Vangelo non assomiglia a una pistola che fa fuoco, è come se non fosse per nulla annunciato. E se le nuove teologie suonano come il vapore che esce lentamente da un bollitore che non tiene, allora persino l’orecchio inesperto del principiante può rilevare la differenza tra quel suono e un’esplosione”. Il cristianesimo è un’esplosione, un composto di tuono, di prodigio e di fuoco e consiste, come asseriva Chesterton, in un sistema dottrinale fenomenale e sconvolgente: “Quei moderni teologi che insistono sul fatto che il cristianesimo non consiste in un sistema dottrinale, ma in uno spirito, il più delle volte non si accorgono che, così facendo, si sottomettono a un vaglio ancor più brusco e severo di quello basato sulla dottrina stessa: prima che un uomo possa essere bruciato per le sue opinioni è almeno necessario che siano rispettati alcuni presupposti legali; al contrario, non occorrono preliminari di sorta perché un uomo possa essere ucciso da un colpo di pistola per il solo tono della sua voce”.
Per questo motivo l’autorità della ragione e del dogma sono imprescindibili dalla verità cattolica. Per questo motivo urge far esplodere la gioia ed il rigore della dottrina contro un mondo sordo e sempre più incapace di pensare. La migliore compagnia dell’uomo moderno è quella di restituirgli la verità, come attestava lo stesso Chesterton agli albori del’900: “Un uomo può versare il proprio sangue alla Patria, un altro può dare del denaro: io ho cercato di offrire la Verità” (citazione tratta dalla biografia su Chesterton di Michael Finch).
1 commento:
Il problema nel problema sta nel fatto che spessissimo, sotto una valanga di parole, spunta una dottrina demolitrice delle stesse parole del Divin Redentore, come nella lettera di Kasper, il quale mgiunge a deformare e ad ingigantire fatti storici per contrabbandare l'a "cassazione delle parole di gesù presenti nell'evangelo: p.e. l'esistenza, secondo il porporato di parole giustificatrici dello scioglimento del matrimonio sacramentale,in San GRagorio di nsanzio o, nelle ultime opere di sant'Aagostino in Sant'Agostino, un ammorbidimento; in realtà latitante; della sua nettisima posizione dottrinale circa il matrimonio.
Normanno Malaguti
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