Una delle cose più dolorose, nella vita della Chiesa Cattolica oggi, è aver a che fare con i buoni cattolici. Trascuro per ora il rapporto con gli eretici modernisti progressisti. Essi in realtà non fanno parte della Chiesa perché se ne sono allontanati con l'adesione all'eresia, anche se formalmente ne fanno ancora parte, e spesso ai livelli più alti, abili come sono ad occupare tutti i posti di potere e di lucro interni alla Chiesa. Metto invece a fuoco il rapporto con i cattolici migliori, quelli
non di sinistra (ammesso e non concesso che si possa dire cattolica una persona che aderisca all'ideologia di sinistra), quelli che sono fedeli al Magistero, alla Tradizione, alla Verità. Ebbene il dolore è provocato dal fatto che sono incapaci di assumere posizioni forti e determinate dalla fede nel rapporto con il foro esterno. Magari si tratta di persone devotissime, capaci di sacrifici personali e ascesi individuali durissime, ma quando si tratta di fare scelte che si discostino un pochino dal modo di vivere pubblico del mondo o del mondo ecclesiale allora dimostrano la propria debolezza. Questa riflessione mi è sorta quando qualche giorno fa ho percepito la disapprovazione da parte di un'ottima persona cattolica circa la mia scelta educativa sacramentale dei miei figli.
Dopo la pessima esperienza mia personale di catechismo parrocchiale (oltre 35 anni fa), inutile e in certi casi dannosa, si è rafforzata la mia idea che spesso il catechismo parrocchiale sia un danno per la fede. Conosco personalmente a Verona catechiste (eh sì, al femminile!, strano a dirsi...) divorziate, risposate o concubine che commettono ordinariamente il sacrilegio di fare la comunione tutte le domeniche nonostante sin trovino in stato di peccato mortale pubblico, e oltre a ciò sono benvenute dal parroco a fare catechismo ai bambini. "Eh, ce n'è proprio bisogno di brave catechiste disponibili...". Il catechismo subìto da mia figlia maggiore era tutto tranne che catechismo. Bei discorsi sulla socialità, sulla natura (intesa come gli alberi, i fiorellini e l'aria pura), belle attività ricreative, pizze con le mamme, disegni di cartelloni... La prima comunione si è risolta in un sabba pieno di musica profana in stile New Age dove al centro di tutto c'erano i regali, i vestiti, mentre l'incontro con Gesù sacramentato era cosa marginale per chi ci credeva. Nessuna devozione, nessun momento di silenzio, nessun momento di adorazione, solo la "dimensione comunitaria" della festa. Ovviamente la comunione è stata data in mano. Risultato: poca o nessuna devozione per la Santissima e Divinissima Eucaristia.
Chiuso definitivamente col catechismo parrocchiale.
Il Catechismo lo faccio io, per quanto ne sia capace e ne abbia tempo, io che sono il primo responsabile della trasmissione della Fede ai miei figli. E lo faccio usando l'ultimo catechismo efficace per i bambini che abbia prodotto la Chiesa Cattolica universale: quello di san Pio X, insieme alla narrazione della Storia Biblica della Salvezza. La Prima Comunione i miei figli da allora la fanno senza alcuna baraonda parrocchiale in una chiesetta di montagna che contiene 30 persone, dove abitavano i miei avi, alle 8,30 del mattino della festa dell'Assunta. Canti tradizionali, preghiere in latino, Canone Romano, incenso a profusione, momenti di silenzio e preghiera, comunione in ginocchio. Niente parenti, niente regali, niente "dimensione comunitaria", tutte cose marginali, secondarie, eccipienti. Dannose se prendono il posto, nella realtà o nella percezione dei fanciulli, dell'incontro con Gesù Eucaristia. La festa familiare si farà dopo qualche tempo, uno o due mesi dopo. Le cose marginali saranno - appunto - marginali, anche nel tempo.
Ebbene ho percepito da questa ottima persona cattolica la disapprovazione - ovviamente non espressa in modo netto, non sia mai che si dica la propria opinione in modo forte! si rischia di fare credere di avere la verità in tasca, il vero peccato mortale per i cattolici deboli - perché in questo modo sottraggo ai miei figli la strabenedetta "dimensione comunitaria", li faccio sentire "fuori dal mondo", "diversi".
Ecchè diamine! Ma è proprio quello che voglio!!! Fuori dal mondo, fuori dalla mentalità mondana, diversi da essa anche se essa fosse - come è - una caratteristica ecclesiale, caratteristica viziosa però. Non voglio nessuna "dimensione comunitaria", nessuna comunione sociologica con gente che non crede, che non vive, che non ama quello che si deve andare a credere, vivere ed amare quando si va in Chiesa, cioè Gesù.
- Ma così si sentiranno diversi dagli altri...
Meglio! Chi mai l'ha detto che dobbiamo essere come tutti? Chi mai ha detto che dobbiamo essere amici di tutti? Forse Cristo? Certamente no. Lui mi ha detto che a causa Sua si metterà madre contro figlia e viceversa, che saremo causa di contraddizione, scandalo e divisione non solo fra i miscredenti ma soprattutto fra i credenti. I farisei molto attenti alla "dimensione comunitaria", vale a dire a quello che pensano gli altri, loro che credevano di essere figli di Abramo, Gesù li apostrofa dando loro dei figli del demonio. La stessa cosa è oggi nella Chiesa.
- Ma allora si rischia di far chiudere i nostri figli in una campana di vetro e farli credere meglio degli altri, cosa che Gesù non vuole perché è un peccato di superbia...
Preferisco il rischio dell'orgoglio di appartenere al popolo eletto e fedele che il rischio dell'omologazione alla mentalità ecclesiastico-mondana, ben più pervasiva e sociologicamente vincente, cioè dannosa. Si chiama "rischio educativo". Senza questo rischio, che comprende cioè la verità unita alla libertà, non c'è vera educazione, né umana né cristiana.
Ai miei figli e a tutti quelli che incontro propongo una Fede fatta di scelte forti, di posizioni forti, non comode, non conformi alla mentalità comune, foss'anche la mentalità del cristiano comune. Questa Fede è quella per cui vale la pena di vivere, vale la pena di soffrire, e soffrire spesso in questi tempi per l'incomprensione e persecuzione dovuta innanzitutto ai fratelli nella Fede e poi ai nemici della Fede (che spesso si identificano o fanno comunella negli atti). Questa è la Fede stupenda per cui si può morire, e morire per mano di uomini di Chiesa, come avvenne nel martirio quotidiano che subì Padre Pio ad opera dei suoi confratelli, del Padre Gemelli, di Papa Giovanni XXIII... L'altra, la brodaglia o melassa dolciastra della "dimensione comunitaria", della "comunione ecclesiale" relativista e spersonalizzata, dell'incapacità di prendere decisioni o posizioni forti, la lascio - perdonate la superbia - agli scartini. Nella Fede, come nella briscola, valgono le figure, non i numeri, per quanto grandi.
4 commenti:
Curiosamente nei primissimi secoli
della Chiesa la preminenza veniva
data alla dimensione individuale,come negli eremiti egiziani.Anche con la regola di S.Benedetto i momenti 'collettivi'
erano limitati durante la giornata.Solo recentemente fra i laici si e' creata artificialmente
quest'ossessione del ' fare comunita'' come se in Paradiso si
andasse in gruppo con l'autobus per la strada larga e comoda.E' un'idea difesa tra l'altro strenuamente dal Vescovo di Roma in una delle sue recenti 'leggendarie' uscite...
Hai scritto una serie di cazzate. Poveri figli con un padre così demente. Nessuno che a Verona ti segnali per un t.s.o.?
sei un pazzo da rinchiudere
Poveri figli... Non c'è altro da aggiungere!
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