di Giovanni Cavalcoli
La Chiesa ha sempre avuto delle forze interne corrosive e demolitrici, che lavorano in varia misura e vari modi contro di lei, forze che non rispettano la disciplina e la comunione ecclesiali e pensano di essere forze riformatrici o progressiste, che invece la deformano o la smembrano o la dissolvono.
La Chiesa ha sempre avuto delle forze interne corrosive e demolitrici, che lavorano in varia misura e vari modi contro di lei, forze che non rispettano la disciplina e la comunione ecclesiali e pensano di essere forze riformatrici o progressiste, che invece la deformano o la smembrano o la dissolvono.
Assomigliano a un cancro in un
organismo vivente: esse sfruttano la vita della Chiesa, ma per distruggerla
dall’interno. Come il cancro, si auto-organizzano, agiscono con una certa unità
interna, onde essere efficaci e scimmiottare l’unità della
Chiesa, ma allo scopo, naturalmente non dichiarato di attirare seguaci, di fondare una Chiesa diversa o contraria a quella voluta da Gesù Cristo. Contengono istanze positive di riforma, altrimenti non susciterebbero interesse; promettono una Chiesa migliore, più conforme al Vangelo: ma tali istanze diventano poi un pretesto per l’opera di falsificazione.
Chiesa, ma allo scopo, naturalmente non dichiarato di attirare seguaci, di fondare una Chiesa diversa o contraria a quella voluta da Gesù Cristo. Contengono istanze positive di riforma, altrimenti non susciterebbero interesse; promettono una Chiesa migliore, più conforme al Vangelo: ma tali istanze diventano poi un pretesto per l’opera di falsificazione.
Esse all’inizio lavorano nel
seno della Chiesa, ma poi gettando la maschera e si rivelano come nemiche, per
cui la Chiesa nelle sue autorità, soprattutto Roma, tradizionalmente le
respinge o esse stesse le si oppongo apertamente. Questa chiarificazione è
utile per chi vuol sapere qual è la vera Chiesa, cosa che finchè sono presenti
quei mestatori, difficilmente si capisce, perché essi con astuzia ingannano e
seducono anche i buoni, oltre che, probabilmente, ingannare se stessi. Ma è
tale e tanta la loro superbia, che non ascoltano correzioni; anzi si sentono
loro in dovere di correggere o cambiare la Chiesa, secondo un modello che in
realtà non è preso dalla Chiesa stessa, ma dalle ideologie di questo mondo.
Spetta soprattutto all’autorità
ecclesiastica, con una zelante vigilanza (episkopèo=sorveglio)
e preparazione teologica, smascherare gli impostori e avvertire i fedeli del pericolo,
e apportare efficaci rimedi, ma i fedeli stessi, se sono avveduti, magari con l’aiuto
di esperti teologi, veggenti, profeti o uomini saggi, possono, anche senza
l’intervento dell’autorità, scoprire anche da soli l’insidia per correre agli
opportuni ripari. Similmente, uno che scopre un incendio può già da sé
adoperarsi per spegnerlo, prima che arrivino i vigili del fuoco.
Solitamente nella storia della
Chiesa i movimenti ereticali coprono delle aree limitate, per cui la
maggioranza dei fedeli resta immune dal contagio e dall’influsso nefasto dei
ribelli e dei seduttori. Gli eretici sono facilmente riconoscibili, per cui chi
vuol restare cattolico dispone di avvisi chiari dei pastori e dei teologi, che
si premurano di indicare con chiarezza la differenza tra la dottrina ortodossa
e quella ereticale, dando anche le ragioni di tale opposizione, simili a buoni
medici, i quali, oltre a chiarire la natura del morbo, indicano la cura adatta
e il perché della sua efficacia.
In passato capitava solitamente
che l’eretico abbandonasse solo qualche dogma della fede, mentre l’insieme del
patrimonio dottrinale restava grosso modo intatto, sicchè non era troppo difficile
isolare l’eresia o le eresie ed espungerle dal complesso della dottrina cattolica,
a meno che non si trattasse di Chiese intere, che si separavano da Roma, come
accadde nei primi secoli con le controversie cristologiche o nel secolo XI con
lo scisma d’Oriente.
Una novità si ebbe invece col
sorgere del luteranesimo, che si presentava come una più autentica interpretazione complessiva del cristianesimo,
della fede e della Chiesa, un recupero dell’autenticità evangelica originaria al
di là della zavorra di idee, usi e tradizioni puramente umani, che secondo
Lutero e seguaci si erano indebitamente accumulati ad opera dei Papi nel corso
dei secoli seguenti.
Un’alternativa eretica alla
Chiesa ufficiale per la verità si era già presentata nel Medioevo con la setta
dei Càtari, ma questi, benchè attivi all’interno della cristianità, più che una
riforma della Chiesa, proponevano un’alternativa in nome di una spiritualità
superiore di tipo gnostico, per cui essi, benchè attirassero cattolici, non
osarono né intesero presentarsi come movimento interno alla Chiesa, tanto era
evidente la loro differenza.
Lutero invece, nonostante la sua eresia,
rimase sempre convinto di rappresentare contro Roma il vero Vangelo e la vera Chiesa
di Cristo, era convinto di appartenere alla Chiesa e pensava di aver ritrovato l’originario,
l’essenziale, la vera Parola di Dio sotto una gran quantità di detriti, ossia di
credenze, leggi, riti e comportamenti che nulla secondo lui avevano a che fare
con la verità divina rivelata dalla Bibbia. Occorreva, secondo Lutero,
sfrondare, semplificare, purificare, ritrovare il vero e l’autentico, la vera
tradizione e la vera fede. E con ciò stesso sublimare, interiorizzare e
spiritualizzare. Ritrovare lo Spirito al di là della lettera.
Altra grande formazione
pseudoecclesiale all’interno della Chiesa è stato il modernismo dei tempi di
San Pio X. Mentre Lutero ha impostato la sua riforma sotto la categoria del
ritrovamento del Vangelo originario,
il modernismo ha impostato la riforma sotto la categoria dell’ammodernamento del Vangelo. Lutero pretendeva
di sopprimere lo spurio. Il modernismo tende alla falsificazione. Per Lutero si
trattava di tornare alle origini; per
il modernismo, di andare avanti.
Lutero mantiene il modulo tradizionale della riforma, anche se con contenuti
ereticali; il modernismo invece assume in pieno il modulo
progressista-evoluzionista tipico della modernità.
Per questo il confronto tra
cattolicesimo e protestantesimo non è troppo difficile: basta vedere che cosa Lutero
ha soppresso (Messa, sacerdozio, papato,
opere, legge, teologia naturale, libero arbitrio, tradizione, sacramenti,
penitenza, purgatorio, culto dei santi e della Madonna, indulgenze, ecc.).
Invece l’inganno del modernismo è più sottile, perché esso non sopprime ma falsifica, mantiene la scorza ma sostituisce
la polpa. Il vino di Lutero si presenta come un Chianti, al quale però mancano alcuni
elementi essenziali; il vino dei modernisti è invece una bottiglia sulla quale
c’è scritto “Chianti”, ma è un vino sofisticato.
Anche nel caso del modernismo i
Papi hanno messo in guardia con chiarezza il pericolo: prime avvisaglie del modernismo
si hanno già col Beato Pio IX e il Concilio Vaticano I. Ecco allora il famoso Sillabo del Santo Pontefice
dell’Immacolata e le condanne contenute nel Concilio. Inutile qui ricordare la Pascendi di San Pio X, che in qualche modo
ritorna nella Humani Generis di Pio
XII. Il popolo di Dio poteva sapere con chiarezza, certezza e sicurezza quali
erano le tesi che contaminavano la purezza della fede cattolica, un po’ come in
un quadro complessivo si possono distinguere i funghi sani da quelli velenosi.
È venuto il Concilio Vaticano
II con l’intento di assumere i valori della
modernità, un Concilio potremmo dire, “progressista”. Ottimo intento, possiamo
dire che era necessario ed improcrastinabile. Infatti da troppo tempo, potremmo
dire dal Medioevo, il Magistero della Chiesa aveva perso il contatto con i valori
culturali emergenti del proprio tempo, sicchè il Vaticano II si trovò di fronte
ad un immenso e diversificato patrimonio accumulatosi negli ultimi secoli, presente
non solo nel cattolicesimo, ma anche nelle altre religioni e nella stessa storia
della cultura laica.
La grave questione, però, era
che tale patrimonio di idee era frammisto a nefasti errori. Da qui la necessità
di un prudente vaglio e di un intelligente discernimento, che il Concilio ha avviato
e del quale ha dato i criteri, ma che non ha compiuto se non in minima parte, data
l’enorme mole di materiale da esaminare, giudicare, criticare, assumere o respingere.
Questo lavoro la Chiesa l’ha lasciato alle generazioni seguenti di pastori e
teologi sotto la guida del Magistero, rimandando all’ispirazione che può venire
dai princìpi di San Tommaso d’Aquino.
Sennonché che cosa è accaduto?
Che il movimento modernista, che nel frattempo aveva finto di chinare la testa,
ma in realtà non si era spento e agiva in clandestinità - per esempio i
rahneriani - era riuscito a far mettere
alcuni dei suoi tra i periti del Concilio, approfittando dell’ingenuo clima di
esagerato ottimismo, che si era diffuso dappertutto, compreso nell’episcopato.
Questo movimento, senza che il Beato Giovanni
XXIII si rendesse conto della congiura, uscì poi spavaldamente allo scoperto,
presentandosi come interprete del Concilio, offrendo e rendendo credibile
un’interpretazione modernista dello stesso Concilio, interpretazione che
cominciò a far presa in molti ambienti ed è venuta aumentando fino al giorno
d’oggi, sorretta da un’astuta e potente campagna pubblicitaria, con la
connivenza di molti vescovi.
L’avvertimento del Card. Alfredo
Ottaviani, ex-Segretario del Sant’Uffizio, il quale già nel 1966 mandò a tutti
i vescovi una messa in guardia contro il risorgere del modernismo, non fu preso
sul serio, apparve come la resistenza di un attardato conservatore, che non
aveva capito lo spirito del Concilio, fece la figura di rompere le uova nel paniere
e lo stesso Papa Giovanni non dette importanza a tale intervento dell’autorevole
Cardinale ormai messo da parte e divenuto zimbello dei sedicenti o cosiddetti “progressisti”,
che in realtà si sarebbero rivelati sempre più non come riformatori nel senso
autentico del Concilio, ma come veri e propri modernisti.
Ma ormai era troppo tardi per
frenarli. Non si era più ai tempi di San Pio X. Eppure, come notò Maritain sempre
in quegli anni, il modernismo che stava sorgendo era molto più grave di quello dei tempi di S. Pio X. Ottaviani, Maritain
ed anche altri illustri studiosi che avevano avvertito il pericolo avevano
ragione e oggi paghiamo le conseguenze per non avere ascoltato questi profeti.
Ma che poteva fare il Papa
subissato da questa febbricitante euforia generale? Nel frattempo era diventato
Pontefice Paolo VI, uomo dotato grande apertura intellettuale (un maritainiano)
e di fine discernimento, ma debole e troppo riguardoso davanti agli astuti
avversari, incapace di scorgere la loro malizia. Da allora il papato non è stato
più in grado di fronteggiare l’ascesa del neomodernismo. I modernisti hanno strappato
il Concilio al vero proprietario, il Magistero, e questi non è più riuscito a rientrarne
in possesso. Certo i Papi hanno continuato a interpretare il Concilio, ma tale
interpretazione è sempre stata filtrata da quella modernista, che di volta in
volta ora approvava ed ora censurava.
Questo è l’elemento essenziale
della situazione drammatica che stiamo vivendo oggi. La Chiesa modernista appare
a molti la vera Chiesa moderna, postconciliare, che ha superato quella
preconciliare che ancora sopravvive nel papato e in altri ambienti ristretti cosiddetti
“conservatori” o “tradizionalisti” e il papato non riesce a sventare questo terribile
inganno per la presenza fra gli stessi collaboratori del Papa di elementi che,
se non favoriscono il modernismo, quanto meno lo tollerano o non sanno o non
vogliono prendere quelle misure che sarebbero necessarie o quanto meno utili per
contenerlo o per impedirgli di rafforzarsi.
E giungiamo all’attuale Papa.
Che cosa sta facendo per eliminare questa chiesa dentro la Chiesa? Non affronta
il nemico esplicitamente e di petto. Tuttavia nei suoi discorsi il Papa allude
spesso seppure in modo velato ai pericoli che vengono dal modernismo e offre
buoni rimedi proponendo i valori tradizionali della dottrina e della morale
cattolica. Ma, potremmo forse chiederci, non sarebbe ora di mettere chiaramente
in guardia con dettagli più precisi, magari con un documento di ampio respiro, i
fedeli circa le insidie, che continuano a ingannare molti e a scandalizzare
altri, facendo precipitare nell’immoralità e nella perdita della fede?
Che cosa potrebbe essere utile?
Un altro Sillabo? Un’altra Pascendi? Nel frattempo i modernisti si
sono veramente organizzati in una chiesa fornita di un corpo dottrinale e fortemente
influente nel campo del potere, che si vale dei ministeri, delle cariche e
degli uffici della Chiesa legittima, ma per usarli per i suoi scopi, mentre negli
anni dell’immediato postconcilio agivano in ordine sparso. Oggi invece la chiesa
modernista potrebbe essere ben descritta un po’ come fece Pio X per il modernismo
dei suoi tempi.
Primi abbozzi dottrinali di questa
chiesa furono il Catechismo olandese pubblicato da noi alla fine degli anni ’60 e il
Corso Fondamentale sulla fede di Rahner
pubblicato nel 1978. Grave trascuratezza o improntitudine della Chiesa conciliare
fu quella di procrastinare la pubblicazione del nuovo catechismo che è uscito
solo nel 1992, dopo che i catechismi modernisti avevano già preso piede. Viene
in mente l’efficace proverbio popolare: è stato come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati.
Il modernismo, come tutti i movimenti
ereticali, non è privo di istanze positive, che in questo caso si riassumono
nell’intento di assumere per la nuova evangelizzazione i valori della cultura moderna.
È quella che si chiama “inculturazione della fede”. L’errore del modernismo si
riduce a consistere nel fatto che esso, invece di rifarsi alla verità del dogma,
usa come criterio di giudizio gli stessi errori della modernità, cadendo in tal
modo in un vicolo cieco che non porta da nessuna parte.
Come venirne fuori? Che tattica
sta seguendo Papa Francesco? Come fermare la prepotenza dei modernisti? Come
difendersene? (vedi la vicenda dei Francescani dell’Immacolata). Come illuminare
le anime e difenderle dai loro inganni? (vedi la diffusione attualmente enorme
del rahnerismo).
È
questo il compito che ora ha davanti a sè Papa Francesco. Dobbiamo immaginare
che la pressione dei modernisti su di lui sia oggi fortissima, considerando il
potere che si sono acquistati dopo tanti anni di scalata nel collegio episcopale,
in quello cardinalizio o nella stessa Curia Romana, (vedi la vicenda Gabriele e
le dimissioni di Benedetto XVI) o negli istituti religiosiUmanamente parlando
la soluzione è impossibile, considerate le forze esorbitanti dei modernisti. Infatti
ai tempi di Lutero l’eresia invase i paesi del nord-Europa, ma restarono risparmiati
quelli del sud, i quali anzi conobbero una meravigliosa rifioritura nella fede
col Concilio di Trento. All’epoca del modernismo classico l’eresia si diffuse
tra i teologi, il basso clero e i laici; ma l’eresia di oggi contamina anche
vescovi, cardinali e lambisce i margini della stessa Santa Sede. La cosa paradossale
e incredibile è che questo disastro è avvenuto dopo un grande Concilio come il
Vaticano II!
Per questo è comprensibile che alcuni diano la
colpa di tanto disastro al Concilio, ma chi vede con attenzione le cose come
stanno, sapendo innanzitutto che le dottrine
di un Concilio sono infallibili, si accorgerà che in realtà il disastro è
dovuto a una falsa interpretazione
del Concilio non corretta a tempo da un
tempestivo ed energico intervento dell’episcopato.
Così, mai come oggi il Papa,
simile ad un generale senza esercito, è
rimasto isolato e quasi circondato dai nemici, che gli sono giunti persino in
casa e nelle immediate vicinanze. Se il demonio inganna alcuni facendo loro interpretare
il Concilio in senso modernista, ne inganna altri facendo loro credere che il
Concilio contenga errori dottrinali o tradisca la tradizione.
Il Papa assomiglia più che mai
a Cristo abbandonato dai suoi. Ciò ha logicamente per concomitanza una notevole
assenza del potere disciplinare del Papa: chi dovrebbe intervenire a correggere
è egli stesso contaminato dall’errore. Il Papa continua a proclamare infallibilmente
il Vangelo e a denunciare vizi ed errori: ma chi lo segue? Chi lo ascolta? Mai
come oggi è stato possibile toccare quasi con mano che nella Chiesa l’unica persona
- tu es Petrus - sulla quale non può prevalere
la potenza dell’errore è il Papa: ma da lui in giù tutti sono fallibili, se si
separano da lui.
Chi,
in nome di qualunque valore, sia la Bibbia, sia la Tradizione, sia Cristo, sia
lo Spirito Santo, sia la Chiesa, sia la propria coscienza vuol convincere il Papa
di eresia o di falso nella fede, è perduto, mentre nulla impedisce che il Papa abbia
difetti dal punto di vista del suo governo o delle sue idee personali o della
sua condotta morale.
Cristo dal canto suo ha assicurato alla Chiesa
che portae inferi non praevalebunt ed
ha affidato a Pietro il compito di confermare nella fede e di pascere i suoi agnelli.
Dunque Cristo stesso, con la potenza del suo Spirito, ha già in serbo i mezzi
per aiutare Papa Francesco a far pulizia e a prendere in mano con forza le redini
del potere per condurre il gregge di Cristo a nuovi pascoli di erba fresca e salutare.
Aggiungo una sinossi degli errori
del neomodernismo. Non è difficile vedere il rapporto con quello classico. In
ogni numero troveremo la loro tesi che nega quella ortodossa.
1. Dal Concilio Vaticano II si
ricava che oggi il Vangelo dev’essere espresso nelle categorie della filosofia
moderna: Cartesio, Kant ed Hegel. S. Tommaso d’Aquino è superato.
2. La verità non è un dato
oggettivo, universale e immutabile, ma è ciò che appare mutevolmente alla
coscienza di ciascuno. Questa è la libertà religiosa.
3. Tra vero e falso non c’è
opposizione netta, ma passaggio (Hegel): il vero diventa falso e il falso
diventa vero. E questo è il divenire, la storia. Dogma ed eresia non sono
nozioni assolute ma relative.
4. Dio non si conosce nei
concetti partendo dall’esperienza delle cose esterne, ma è sperimentato come
fondamento e orizzonte interiore infinito preconcettuale del proprio io.
5. Dio non è immutabile e
impassibile, ma diviene e soffre.
6. La fede non è una conoscenza
concettuale, ma è un incontro esistenziale-affettivo con Cristo.
7. L’interpretazione della
Sacra Scrittura spetta ai biblisti e non ai vescovi.
8. Il cristianesimo non eccelle
sulle altre religioni, ma concorre con esse a formare la vera religione
collegandosi con esse.
9. Ogni uomo tende verso Dio ed
è in grazia di Dio, benchè peccatore (“cristiano anonimo”).
10. La persona non è sostanza
ma autocoscienza (io) e relazione.
11. La distinzione anima-corpo
non è biblica, ma viene dal dualismo greco.
12. La Trinità non sono tre
persone ma tre modalità dell’unica persona divina.
13. Non esiste una legge
naturale universale e immutabile, perché l’uomo è un essere storico, libero
fattore del pluralismo culturale.
14. Il peccato originale non è
stato un fatto storico relativo a una coppia originaria, ma è un mito
eziologico che spiega il peccato attuale del mondo.
15. Il vero peccato non sono i
singoli peccati ma è il rifiuto dell’opzione fondamentale, peccato che del
resto è perdonato dalla divina misericordia, quindi anche gli atei si salvano.
16. Non esistono dannati
nell’inferno, ma tutti si salvano.
17. Il demonio non è una
creatura malvagia, ma è il simbolo del male.
18. Il cattolico non deve
convertire i non-cattolici al cattolicesimo, ma far sì che ognuno sia convinto
della propria fede. Questo è l’ecumenismo.
19. Il Papa non è guida nella
dottrina della fede, ma è il coordinatore del dialogo interreligioso.
20. Il Papa non è guida
dell’episcopato, ma interprete della collegialità episcopale.
21. Il Magistero non è guida,
ma interprete della fede del popolo di Dio.
22. La Chiesa non è una
comunità sovramondana e d’oltretomba, ma è questo mondo in quanto riconciliato
in Cristo.
23. Cristo non ci salva
mediante un sacrificio espiatorio o una soddisfazione vicaria, ma come vertice
dell’autotrascendenza umana e termine dell’autocomunicazione di Dio all’uomo,
che nella morte diventa accetto a Dio.
24. La cristologia è il vertice
dell’antropologia e la teologia è il vertice della cristologia.
25. La Parusia di Cristo non è
in un futuro temporale, ma avviene immediatamente nella morte e con la morte,
come scelta di libertà.
26. l’Apocalisse non è
previsione del futuro ma interpretazione mitica del presente escatologico.
27. L’evangelizzazione non
annuncia nulla di nuovo ma esplicita ciò che il cristiano anonimo già sa nella
coscienza trascendentale.
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