di Mons. Gino Oliosi
“Sul Battesimo vorrei soffermarmi anche oggi, per sottolineare un fatto molto importante di questo Sacramento: esso ci fa diventare membri del Corpo di Cristo e del Popolo di Dio. San Tommaso d’Aquino afferma che chi riceve il Battesimo viene incorporato a Cristo quasi come suo stesso membro e viene aggregato alla comunità dei fedeli (Summa
“Sul Battesimo vorrei soffermarmi anche oggi, per sottolineare un fatto molto importante di questo Sacramento: esso ci fa diventare membri del Corpo di Cristo e del Popolo di Dio. San Tommaso d’Aquino afferma che chi riceve il Battesimo viene incorporato a Cristo quasi come suo stesso membro e viene aggregato alla comunità dei fedeli (Summa
Theologiae, III, q. 69, art. 5; q. 70, art. 1), cioè al Popolo di Dio. Alla scuola del Concilio Vaticano II, noi diciamo oggi che il Battesimo ci fa entrare nel Popolo di Dio, ci fa diventare membri di un Popolo in cammino, un Popolo peregrinante nella storia.
In effetti, come di generazione in generazione si trasmette la vita, così anche di generazione in generazione, attraverso la rinascita dal fonte battesimale, si trasmette la grazia, e con questa il Popolo cristiano cammina nel tempo, come un fiume che irriga la terra e diffonde nel mondo la benedizione di Dio. Dal momento che Gesù disse quanto abbiamo sentito nel Vangelo, i discepoli sono andati a battezzare; e da quel tempo a oggi c’è una catena nella trasmissione della fede mediante il battesimo. E ognuno di noi è un anello di quella catena: un passo avanti, sempre; come un fiume che irriga. Così la grazia di Dio e così è la nostra fede, che dobbiamo trasmettere ai nostri figli, trasmettere ai bambini, perché essi, una volta adulti, possano trasmetterla ai loro figli. Così è il battesimo. Perché? Perché il battesimo ci fa entrare in questo Popolo di Dio che trasmette la fede. Questo è molto importante. Un popolo di Dio che cammina e trasmette la fede.
In virtù del Battesimo noi diventiamo discepoli missionari, chiamati a portare il vangelo nel mondo “Evangelii gaudium, 120). “Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione…La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo” (ibidem) di tutti, di tutto il popolo di Dio, un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati. Il Popolo di Dio è un Popolo discepolo – perché riceve la fede – e missionario – perché trasmette la fede. E questo lo fa il battesimo in noi. Ci dona la grazia e trasmette la fede. Tutti nella Chiesa siamo discepoli, e lo siamo sempre, per tutta la vita; e tutti siamo missionari, ciascuno nel posto che il Signore gli ha assegnato. Tutti: il più piccolo è anche missionario; e quello che sembra più grande è discepolo. Ma qualcuno di voi dirà: “I Vescovi non sono discepoli, I Vescovi sanno tutto; il Papa sa tutto non è discepolo”. No, anche i Vescovi e il papa devono essere discepoli, perché se non sono discepoli non fanno il bene, non possono essere missionari, non possono trasmettere la fede. Tutti noi siamo discepoli e missionari.
Esiste un legame indissolubile tra la dimensione mistica e quella missionaria della vocazione cristiana, entrambe radicate nel Battesimo. “Ricevendo la fede e il battesimo, noi cristiani accogliamo l’azione dello Spirito santo che conduce a confessare Gesù Cristo come figlio di Dio e chiamare Dio “Abbà”, Padre. Tutti i battezzati e le battezzate…siamo chiamati a vivere e trasmettere alcomunione con la Trinità , poiché l’evangelizzazione è un appello alla partecipazione della comunione trinitaria” (Documento finale di Aparecida, n. 157).
Nessuno si salva da solo. Siamo comunità di credenti, siamo Popolo di Dio e in questa comunità sperimentiamo la bellezza di condividere l’esperienza di un amore che ci precede tutti, ma che nello stesso tempo ci chiede di essere “canali” della grazia gli uni per gli altri, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati. La dimensione comunitaria non è solo una “cornice”, un “contorno”, ma è parte integrante della vita cristiana, della testimonianza e dell’evangelizzazione. La fede cristiana nasce e vive nella Chiesa, e nel Battesimo le famiglie e le parrocchie celebrano l’incorporazione di un nuovo membro a Cristo e al suo corpo che è la Chiesa (ibid. n. 175b).
A proposito dell’importanza del Battesimo per il Popolo di Dio, è esemplare la storia della comunità cristiana in Giappone. Essa subì una dura persecuzione agli inizi del secolo XVII. Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi. Non è rimasto in Giappone nessun prete, tutti sono stati espulsi. Allora la comunità si ritirò nella clandestinità, conservando la fede e la preghiera nel nascondimento. E quando nasceva un bambino, il papà e la mamma lo battezzavano, perché tutti i fedeli possono battezzare in particolari circostanze. Quando, dopo circa due secoli e mezzo, 250 anni dopo, i missionari ritornarono in Giappone, migliaia di cristiani uscirono allo scoperto e la Chiesa poté rifiorire. Erano sopravvissuti con la grazia del loro Battesimo! Questo è grande: il Popolo di Dio trasmette la fede, battezza i suoi figli e va avanti. E avevano mantenuto, pur nel segreto, un forte spirito comunitario, perché il battesimo li aveva fatti diventare un solo corpo in Cristo: erano isolati e nascosti, ma erano sempre membra del Popolo di Dio, membra della Chiesa. Possiamo tanto imparare da questa storia!” (Papa Francesco, Udienza Generale, 15 gennaio 2014).
Storicamente la risurrezione è stata come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé,
Tutto ciò avviene concretamente attraverso la vita e la testimonianza della Chiesa, del Popolo di Dio; anzi la Chiesa stessa, corpo di Cristo, costituisce la primizia di questa trasformazione, che è opera di Dio e non nostra. Essa giunge a noi mediante la fede e il sacramento del Battesimo, che è realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione in una vita nuova. “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). E’ stata cambiata la mia identità essenziale e io continuo ad esistere soltanto in questo cambiamento. Il mio proprio io mi viene tolto e viene inserito in un nuovo soggetto più grande, nel quale il mio io c’è di nuovo, ma trasformato, purificato, “aperto” mediante l’inserimento nell’altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza. Diventiamo così “uno in Cristo” (Gal 3,28), concretamente in parrocchia, in una comunità ecclesiale, un unico soggetto nuovo, e il nostro io viene liberato dal suo isolamento. “Io, ma non più io”: è questa la formula dell’esistenza cristiana fondata sul Battesimo, la formula della “novità” cristiana chiamata a trasformare il mondo. “Qui sta – Benedetto XVI nel 2006 a Verona da cui traggo questi contenuti – la nostra gioia pasquale. La nostra vocazione e il nostro compito di cristiani consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nella realtà quotidiana della nostra vita, ciò che lo Spirito santo ha intrapreso in noi col Battesimo: siamo chiamati infatti a divenire donne e uomini nuovi, per poter essere veri testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioia e della speranza nel mondo, in concreto in quella comunità di uomini entro la quale viviamo”. Così è la gioia dell’evengaliezzazione che ci rende credibili.
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