Meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell’errore (Manzoni).
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Leggevo recentemente su una rivista di informazione cattolica un articolo che evidenziava come nella Santa Chiesa di Dio, per circa duemila anni il fedele cattolico praticava e trasmetteva ai posteri la sua fede in Gesù Cristo attraverso i canali normali delle preghiere cristiane, della S. Messa, dei Sacramenti, delle opere buone, tradizioni, devozioni ecc. sostenuto essenzialmente dalla presenza del suo parroco, dalla comunità cristiana, dal Catechismo e dalla Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura, senza aver mai visto né conosciuto direttamente il Papa, e pochissime volte anche il suo Vescovo, tranne che per qualche celebrazione
liturgica particolare e solenne riservata a loro. Il
fedele cristiano, pur sapendo che al vertice di tutto c’è la Chiesa nel suo
aspetto gerarchico voluto da Cristo, cioè Papa e Vescovi uniti con Lui a
formare il Magistero, e poi tutti gli altri sacerdoti, religiosi, consacrati,
laici, non sentiva affatto il bisogno di collegarsi direttamente con gli “alti
vertici” per vivere la sua fede.
Con l’avvento delle moderne tecnologie, la
figura del Papa è un po’ alla volta emersa da una sorta di rifugio privato, dal quale
sapeva comunque dirigere efficacemente tutto il gregge del mondo perché la Grazia
di Dio che penetra i cuori è più efficace e veloce della luce, per salire su un
piedistallo da dove ha iniziato a ricevere, talvolta elogi, talvolta biasimi,
ma sempre con rispettosa distanza, come si conviene nei confronti di una “Autorità
Morale Speciale”, la più alta che esista al mondo, perché insignita da Dio stesso
del ruolo di “Mediatore tra Cielo e terra”, tra la Maestà di Dio e la povertà
degli uomini.
Finchè arrivò il 13 marzo 2013 con l’elezione
di Papa Francesco che immediatamente salì alla ribalta di tutti i riflettori con un’esposizione
mediatica tale da suscitare reazioni anche contrapposte tra loro, che vanno da
un’esaltazione collettiva di tipo trionfalistico, fino all’estremo di chi non
può tacere la sua preoccupazione davanti a certi suoi discorsi o comportamenti
davvero insoliti, o contraddittori, comunque non consoni alla figura che deve avere
il Papa, che non è affatto un Vescovo
tra gli altri, e ancor meno uno di noi, perché è nientemeno che il Vicario di
Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, Colui che ha ricevuto da Cristo stesso,
attraverso Pietro, “le chiavi” del Paradiso, il cosiddetto “Primato”, che consiste
non solo nel potere di “sciogliere o legare”, cioè di perdonare o meno i
peccati, ma soprattutto nel potere di “governo” della Chiesa.
Ma ciò
che più stupisce è che Papa Francesco continua a definirsi solo “Vescovo di
Roma”, firma i documenti solo con il nome “Francesco”, senza la sigla che
comunemente appongono tutti i Papi accanto al loro nome: “p.p.” cioè “pastor
pastorum” e perfino sull’Annuario Pontificio 2014 appare solo col titolo di
Vescovo di Roma, mentre troneggia la figura di Benedetto XVI come “Sommo
Pontefice emerito”, a tal punto che viene da pensare che Bergoglio non sia
molto convinto di voler fare il Papa o che, peggio ancora, ritenga “superata” questa
figura della tradizione perenne della Chiesa da sempre collegata con il “Primato
Petrino”, per lasciare spazio a un governo, come egli stesso ha proposto, ancor
più collegiale di quello previsto dalla Tradizione della Chiesa: “Il Papa e i
Vescovi uniti con Lui!”. Un governo “democratico” affidato in buona parte alle Conferenze
episcopali locali alle quali viene data molta autonomia oltre che a pericolosi sondaggi
pubblici, come se la Verità della Chiesa scaturisse dal voto della maggioranza
e non dalla Parola di Dio incarnatasi in Gesù Cristo che il Papa ha il dovere
di custodire e di tramandare nella sua integrità.
E il fatto incredibile che possa essere proprio
il Papa a facilitare, in modo oltretutto non chiaro, ma nebuloso e contorto,
l’abbandono del Primato Petrino è inquietante, ma pare
che riguardi proprio certe profezie che prevedono l’insinuarsi del “fumo nel Tempio”,
come dalle parole di Paolo VI, fino ai più alti vertici della Chiesa. La
certezza che la Chiesa è di Cristo e le porte dell’Inferno non trionferanno
mai, non ci dispensa dal dovere che abbiamo di continuare le nostre battaglie
in sua difesa, chiedendo allo Spirito Santo il dono del discernimento, cioè di
capire che cosa sta realmente accadendo perché il diavolo è astuto nell’imbrogliare
le carte e ci sta prendendo astutamente in giro.
Sono mesi che indugio nel rendere pubblica
questa mia allarmante lettera, soffocando la mia impazienza con la preghiera, essendo
una fedele credente e praticante da tutta una vita, che ama il Papa e la Chiesa
più di sé stessa, ma a un certo punto mi sono detta: “A chi giova questo mio
silenzio, questo mio voler giustificare a tutti i costi certi discorsi, o
azioni, o affermazioni di questo Papa quando stridono ormai in maniera plateale
con la dottrina perenne della Chiesa cattolica? Col mio colpevole silenzio non
rischio di unirmi al “coro” multiculturale, multietnico e multi-religioso che
lo sta osannando?”
In
effetti, al di là del tripudio di folle anonime che sembrano quasi
telecomandate, al di là delle innumerevoli sue pubblicazioni, libri, cd,
magliette, foulard… che tappezzano librerie, tabaccherie, autogrill, ecc.
compresi i cartoncini natalizi dove si vede la Madonna e Papa Francesco che
bacia un bambino, a mo’ di Gesù Bambino, spodestando S. Giuseppe dal presepio,
al di là di questo e di molto altro, sta di fatto che sono moltissimi i buoni fedeli
entrati in crisi a causa dell’enigmatico comportamento di questo Papa, dei suoi
innumerevoli e per nulla chiari pronunciamenti, molti dei quali vengono addirittura
censurati da qualche suo stretto collaboratore nel timore che creino scandalo, altri
devono essere spiegati e ricondotti all’ortodossia da bravi e zelanti parroci,
preoccupati che possano recare turbamento o confusione alle anime del loro
gregge, molti altri, invece, vengono applauditi per lo più da miscredenti o da
cattolici progressisti “adulti” che adorano questo Papa perché si sentono confermati
nei loro errori e protetti dalla divina misericordia, senza necessità di pentimento
o cambiamento di vita.
Due sono state le gocce che hanno fatto
traboccare il vaso della mia pazienza:
- la
visita del Papa al Quirinale dove il presidente Napolitano (scandalosamente
“insignito” della medaglia dalla Pontificia Università Lateranense, lui,
un comunista e relativista mai pentito che sta portando l’Italia alla
rovina!) ha esordito con un discorso che esalta l’operato del Papa con
queste parole: “A tutti, credenti e
non credenti, è giunta attraverso semplici e forti parole la sua
concezione della Chiesa e della fede. Ci ha colpito l’assenza di ogni
dogmatismo, la presa di distanza da posizioni “non sfiorate da un margine
di incertezza”, il richiamo a quel “lasciare spazio al dubbio” proprio
delle grandi guide del popolo di Dio”. Ecco
in sintesi che cosa ha capito la gente di buona cultura dell’insegnamento
di Papa Bergoglio: “il trionfo di relativismo, incertezza, dubbio”
sintetizzati con gioia da un miscredente come Napolitano che si è
perfino congratulato col Papa per questo suo prezioso servizio reso alla
società!.
- L’ultima
esortazione apostolica “Evangelii gaudium” che fa venire i brividi perché
intessuta di qualche verità, di parecchi errori e di molta confusione, che
mettono per lo più in risalto l’abilissima capacità di Bergoglio nel saper
“conciliare tutti gli opposti” in un sincretismo davvero preoccupante. A
tal punto che la Chiesa, “ospedale da campo”, ha il dovere di accogliere
tutti indiscriminatamente per essere aiutati, “non certamente convertiti, solenne
sciocchezza!”, col rischio che tutti, col tempo, reclamino il diritto di
celebrare i loro culti pagani sui nostri sacri altari in nome di una
Chiesa “povera e aperta a tutti” (fra virgolette parole del Papa).
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A questo punto mi sono proposta di uscire
allo scoperto anche perché ritengo doveroso venire in aiuto di quei cattolici
fedeli e praticanti che sono presi da terribili sensi di colpa e da grande sofferenza
per non sentirsi in sintonia con il Papa. A costoro io suggerisco di
mettersi il cuore in pace e di continuare a sentirsi pienamente e fieramente
cattolici leggendo in merito il Catechismo della Chiesa cattolica (n.891, 892),
il Codice di diritto canonico (n.212), la Lumen Gentium, n.25; la Dei Verbum
n.10. Oltre a valide letture offerte da chi è ben documentato sulla “Storia
della Chiesa”, come ad esempio il libro del prof. Roberto de Mattei, “Vicario di Cristo, il primato di Pietro tra normalità ed eccezione” ed. Fede &
Cultura, per la profondità e chiarezza con cui tratta l’argomento; o il libro del
teologo Padre Enrico Zoffoli, “Potere e obbedienza nella Chiesa”, Ed. Segno;
oppure come argomento più attuale, “Chiesa povera, non impoverita”, di Francesco
Cuppello, ed. Fede & Cultura…
Infatti, se è vero che un cattolico deve
obbedire al Papa, è altrettanto vero che l’obbedienza non è mai cieca e
incondizionata perché trova innanzitutto il suo fondamento nella legge
naturale, in quella divina e nella Tradizione della Chiesa, di cui il Papa è
custode e non creatore o rivoluzionario, o ciclone, come viene definito. Un ciclone
ovunque passi, porta solo danno e sofferenza perché spazza via tutto. La moda
oggi diffusa di rifiutare la trascendenza per cercare il divino negli uomini e
nella storia in una sorta di moderno panteismo, può rappresentare un pericolo
perché c’è il rischio di fermarsi alla persona, (la chiamano papolatria) a tal
punto da divinizzarla e sostituirla a Cristo stesso, anche se inconsapevolmente
e molte volte in buona fede.
Le prime delusioni le abbiamo avute proprio
sin dalla sera della sua elezione quando, presentatosi in abito bianco senza la
mozzetta rossa che normalmente portano i Papi almeno nelle occasioni solenni,
esordì con quel suo saluto più da politico che da ecclesiastico: “Cari fratelli e sorelle, buonasera!”, al
posto di “Sia lodato Gesù Cristo” oppure
“Il Signore sia con tutti voi!”, saluto
che ci ha lasciati di gelo, anche se ci ha rasserenato poi il suo invito a
pregare per lui in silenzio e a fuggire il demonio che sempre insidia le anime.
I grandi Papi della storia chiamavano i loro fedeli “Figli! Cari figli!” e ci
sentivamo veramente figli del Papa, figli della Chiesa, figli di Dio con santo
orgoglio! Adesso ci sentiamo orfani in
mezzo a tanto frastuono, per alcuni motivi che spiegherò:
1) E’ stato presentato come segno di povertà,
ad esempio, il fatto che Papa Francesco abbia pubblicamente rinunciato, oltre
che alla citata mozzetta, anche all’abito bianco di fattura e tessuto particolare
riservato ai Papi, (ne porta uno qualunque di stoffa leggera orribilmente
trasparente), al pettorale e all’anello d’oro, senza parlare delle famose
scarpe rosse e della rinuncia all’appartamento papale.
Sembrano
dettagli insignificanti, ma in realtà ognuno di quegli oggetti contiene un
significato simbolico particolarissimo che travalica l’aspetto puramente venale
del valore dell’oro, o delle perle o altro. Il pettorale ad esempio, che consiste in una croce d’oro, contiene
un frammento della reliquia della Santa Croce di Gesù, e l’anello d’oro detto del “Pescatore” ricorda al Papa che Egli, come
S.Pietro, è innanzitutto “pescatore di uomini”. Il materiale usato, l’oro, ha
sempre significato la regalità, la maestà, e sono comunque oggetti preziosi
antichissimi perché vengono tramandati da Papa a Papa come simbolo di un
qualcosa che li trascende e li impegna, cioè come segno di fedeltà e di
continuità con il Mandato che Cristo ha voluto affidare al Primo Papa che è
stato San Pietro. Perché invece non
pensare di portarli spiegando al popolo quale profondo significato essi
racchiudono nella loro bellezza? Rifiutare questi oggetti è emblematico
perché, in un certo senso, è come rifiutare la continuità con i Papi
precedenti!
Se noi,
che nella nostra semplicità di vita, cerchiamo di trasmettere ai nostri figli e
nipoti quegli oggetti cari e preziosi ricevuti dai nonni o bisnonni come segno
di “appartenenza” ad una famiglia, ad un casato, ad una confraternita, nobile o
meno che sia, perché mai il Papa, che rappresenta nientemeno che lo stesso
Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, successore di Pietro, “Roccia” su cui Cristo
ha voluto fondare la Sua Chiesa, Voce Morale universalmente riconosciuta, perché proprio il Papa dovrebbe rinunciare
alle sue sacrosante e doverose insegne, mescolandosi quasi “Uno inter pares” in
mezzo all’anonimato della folla che si crede confermata nella fede solo perché
lo tocca, lo bacia e lo abbraccia, nella più assoluta ignoranza della dottrina
della fede?
Se mi è
permesso il paragone, che ne sarebbe dei vari Corpi dei Carabinieri, o
Bersaglieri, o Polizia, o altri se rinunciassero alle loro belle divise, ai
loro stemmi, coccarde, gradi, segno di comando, ma anche di una precisa
appartenenza, di un servizio pubblico riconoscibile anche dall’abbigliamento e
dal comportamento? Quale concetto ci faremmo di loro se, peggio ancora, si
mettessero a ballare durante il loro servizio, magari quando sono schierati per
una parata, come hanno deplorevolmente fatto molti Vescovi in Brasile
nientemeno che durante la massima delle celebrazioni liturgiche quale è la
Santa Messa, quasi dissacrandola? E su quell’esempio, anche qui da noi adesso
sta avanzando la nuova moda della preghiera liturgica con ballo, col tacito
consenso del Papa!
E se è vero che anche Gesù visse da povero
in mezzo alla gente, perché nacque in una grotta, cercò rifugio in terra
straniera, si mantenne col lavoro delle proprie mani passando umilmente in
mezzo alla folla, ecc. sta di fatto che questa sua povertà e semplicità non furono
mai a scapito della sua identità, dignità e autorevolezza. Infatti accettò
l’oro e l’incenso dei sapienti di questo mondo, sedette alla tavola dei ricchi
e dei potenti per parlare anche a loro del Regno dei Cieli, comandò agli
spiriti immondi e questi gli obbedivano, confuse gli Scribi e stupì i Sacerdoti
che lo riconobbero come discendente di Davide e inviato di Dio, accettò gli
osanna della folla che lo chiamava “Rabbi”, chiedendosi: “Ma chi è costui che
parla con tanta autorità e sapienza?”
Gesù in pratica parlava, agiva, comandava e anche confortava con “grande
autorevolezza!” e non come uno inter pares!
In questo sta appunto il “potere” del Papa di
legare o di sciogliere come Vicario di Cristo, potere che alla fine è servizio,
perché significa governare, e questo implica anche il dovere di giudicare, di
dare un giudizio sul bene o sul male, cioè sul grado di colpevolezza del penitente
in base alla sincerità delle sue disposizioni. Ebbene, quando Papa Bergoglio è
uscito con quella sua storica frase “Chi sono io per…?” è come se avesse
smentito la sua Autorità e il suo altissimo ruolo di Vicario di Cristo dal
momento che non c’è Autorità al mondo più alta e idonea della sua per esprimere
un giudizio morale su qualunque fatto, o evento, o persona della storia!
Realtà
preoccupante ma significativa di una crisi gravissima, che lo Spirito Santo si
incaricherà di chiarire, se lo invochiamo con forza, perché non è la prima
volta nella storia della Chiesa che la presenza di due o tre Papi viventi
contemporaneamente mette in dubbio la validità della loro elezione. Infatti io
chiedo agli esperti di diritto canonico: “Se un Papa eletto sia pure
regolarmente dal collegio cardinalizio, si comportasse non in piena sintonia
con la tradizione e il Magistero perenne della Chiesa, sarebbe da considerare
vero Papa? O ci troveremmo, come alcuni suppongono, in una situazione di
sede-vacantismo, o di ambiguo “papismo” camuffato da buonismo, ecumenismo,
irenismo?” Questo va chiarito al più presto se davvero amiamo il Papa e la Chiesa.
Che la Vergine Immacolata ci aiuti e ci protegga.
(segue seconda parte)
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