Il fuoco dell'Inferno è reale; la sentenza del Giudizio finale‏

Quello che dell’Inferno spaventa in modo speciale, è il fuoco e la sua eternità

di Carlo di Pietro
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Taluni non sarebbero alieni dall’ammettere un certo Inferno, con delle sofferenze blande e dalla durata temporale. Contro le fantasie e le bestemmie eretiche di costoro, sta l’insegnamento chiaro di Gesù Cristo che ripetutamente parla di tormenti, del fuoco e della sua eternità. In riguardo al tormento del fuoco, non vediamo come sia possibile dare alle parole del Vangelo un’interpretazione diversa dalla letterale, dei Padri; parole tanto chiare e ripetute. E tale è il senso unanime dei Padri e della Chiesa, che cioè nell’Inferno c’è realmente il fuoco, e il consenso unanime nel
Deposito è interpretazione vincolante già di suo, oltre il dogma definito a sé.
A parte che anche nell’interpretazione metaforica, la sostanza non cambierebbe, poiché in realtà non possiamo vedere differenza tra il tormento d’un fuoco - necessariamente diverso dal nostro, che tormenta senz’avere materia di combustione, fuoco creato dalla giustizia punitiva di Dio - e un tormento reale, non specificato, ma di tale potenza che esso non può venir meglio indicato che sotto l’immagine e la figura del fuoco. Quindi, nell’interpretazione simbolica e figurativa del fuoco, esso starebbe sempre a indicare un tormento non figurato, ma reale, e di un’intensità e di una gravità indicibile.
A parte ciò, diciamo che non possono, sia il fuoco sia la durata eterna, interpretarsi diversamente dal loro significato naturale e letterale, poiché il fuoco eterno è dichiarato anche nella sentenza del Giudizio finale, sentenza che non può venire espressa in termini figurativi e simbolici.
Quando un giudice pronunzia una sentenza, le sue parole si debbono prendere alla lettera e nel loro significato naturale; esse esprimono la pena non figurata, ma reale a cui il giudice condanna.
Ora Gesù Cristo ci ha riferito anticipatamente la sentenza che Egli pronunzierà e con cui condannerà i reprobi. La sua è sentenza di giudice, del più alto giudice; e perciò non gli sarebbe stato in nessun modo lecito di usare altro linguaggio che quello reale e naturale. Egli parlò come giudice e perciò a nessuno è lecito dire che le parole sue possano avere altro significato che quello che hanno naturalmente, letteralmente. Se Gesù Cristo avesse parlato un linguaggio figurato e metaforico, Egli si sarebbe burlato di tutta l’umanità. In circostanza così solenne non era lecito usare altra parola fuori di quella che esprime letteralmente la pena a cui viene condannato il colpevole. Supponiamo che le parole di Gesù Cristo, così chiare e così evidenti, non si debbano prendere alla lettera ma in senso figurato.
Che cosa ne seguirebbe?
Esprimiamo in tutta la sua crudezza questa orribile conseguenza. Se l’Inferno non fosse come Gesù Cristo disse nella sentenza, e quindi non fosse eterno, i malvagi dopo morte avrebbero diritto di dire al Signore presso a poco così: «Noi ci siamo burlati della vostra parola, noi abbiamo sempre detto  che essa non andava presa sul serio ma che essa era nel suo significato letterale un semplice spauracchio pei gonzi e per le teste piccole; non l’abbiamo creduta; noi l’abbiamo indovinata. I vostri fedeli che temettero l’Inferno, come risultava dal vostro Vangelo e dall’insegnamento della vostra Chiesa, furono semplicemente sciocchi; noi che non credemmo fummo saggi, abbiamo avuto ragione noi che ci burlammo della vostra parola».
In sostanza una frase del genere potrebbe essere detta anche da tanti “teologi” e “preti” post conciliari che quotidianamente si burlano della Parola di Dio, la interpretano a piacimento, preferiscono felicitare protestanti e Giudei piuttosto che Dio, sono apostati travestiti da credenti, eccetera, eccetera. Ma Dio non può prestare la sua Parola a commedia così indecorosa; Dio - noi sappiamo - li punirà tutti nel fuoco eterno, ancor più punirà gli scandalosi e il falsi profeti, quali loro sono.
Gesù Cristo sapeva, quando pronunziava quelle parole, che i buoni le avrebbero interpretate nel loro senso naturale, giusto, e che i malvagi se ne sarebbero fatto beffe, proprio come accade oggi in alcuni ambienti di Chiesa; e avrebbe voluto quest’inganno a danno dei buoni, a favore dei cattivi? Avrebbe voluto che avessero ragione coloro che si sarebbero burlati della sua parola? Giammai.

La ragione protesta contro questa conseguenza; perciò, non essendo ammissibile che Gesù Cristo potesse volere tale enormità, è necessario dire che le sue parole significano quello che naturalmente suonano e perciò manifestano che per i malvagi nell’eternità vi è l’Inferno e l’Inferno eterno. (cfr. Le Verità della Fede. Vita Eterna).

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