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di David Taglieri
Il
libro riprende un saggio pressoché inedito dell’economista e studioso sociale
Ferdinando Loffredo (1908-2007), uno dei più interessanti e meno conosciuti
ispiratori intellettuali della politica sociale e della famiglia del Regime
fascista, e poi grande intenditore di politiche e legislazioni sociali del
dopoguerra (c.d. Welfare State), del quale l’Autore pubblicò una corposa
biografia qualche anno fa’ su Annali
Italiani, la rivista dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale (ISIIN), diretta
da Oscar Sanguinetti (cfr. “Annali Italiani”, anno II, n. 3, Milano,
gennaio-giugno 2003, pp. 179-230).
L’opera
di Brienza si apre con l’analisi della figura di Papa Pacelli (A margine del processo di canonizzazione di
Pio XII, pp. 13-16), troppo spesso accusato da parte dei gruppi
progressisti di aver praticato il “silenzio” sullo sterminio degli ebrei
durante la seconda guerra mondiale, senza analizzare la strategia del Pontefice
mirata invece a proteggere la comunità ebraica.
Per
quanto riguarda il suo processo di beatificazione troppe ritrosie, resistenze, a causa del suo
orientamento conservatore, con la continua comparazione fra la visione teologica
pacelliana e la presunta spinta in avanti di Giovanni XXIII, che invece per
innovare la Chiesa avrebbe deciso di convocare il Concilio Ecumenico Vaticano
II. Paolo VI, anche per evitare rigide contrapposizioni e la logica delle
fazioni all’interno della Chiesa decise per l’avvio della beatificazione di
entrambi i suoi predecessori. Altra data importante rammentataci da Brienza e’
il giorno 19 maggio del 2009 nel quale Papa Ratzinger attestò pubblicamente le
virtù eroiche di Pio XII.
Dopo
aver contestualizzato, come in ogni saggio che si rispetti, la realtà storico-politica,
i rapporti con la Chiesa, e la visione di ordine ed autorità di Fernando
Loffredo, una parte importante del libro è dedicata alla sua biografia,
presentata per la prima volta a seguito di un’accurata ricerca documentaria
(cfr. Ferdinando Loffredo e lo sviluppo
delle politiche familiari in Italia, pp. 17-73).
Loffredo,
studioso e docente universitario, funzionario prima dell’Istituto Nazionale
Fascista della Previdenza Sociale, poi dell’INPS, è intervenuto in maniera
decisiva nella politica sociale e demografica del regime collaborando con
Giuseppe Bottai. Respinse poi nel dopoguerra l’invito di Amintore Fanfani a
collaborare con la Dc perché si sentiva molto diverso da “quella gente” e non
voleva finire apparire come un “riciclato”. L’esperienza fanfaniana, in
effetti, rappresenta una sorta di spartiacque nell’evoluzione politico-sociale
della “I Repubblica”, perché da lì parte l’esperienza del Welfare State nel nostro paese.
Studiando
Loffredo possiamo meglio delineare quella linea critica interna alle tendenze
totalitarie del fascismo, detta “covata Bottai”, composta da un gruppo di
intellettuali cattolici che Bottai, ministro della Educazione Nazionale, tentò
di costruire per creare una classe dirigente che andasse a compiere quelli che
riteneva i più alti e autentici ideali di libertà ed autorità.
Forte
la testimonianza anticomunista di Loffredo, in tempi nei quali non tutti
conoscevano a fondo i pericoli che si celavano dietro i messaggi accattivanti e
subdoli del marxismo. La sua opera maggiore Politica
della Famiglia (Bompiani 1938), vede la prefazione di Bottai, con il quale
sui temi della famiglia e della società si era creata fin da subito una
sintonia importante.
Politica
demografica e familiare perché da lì parte tutto, dalla centralità del nucleo
che deve sostenere la società e accompagnare l’individuo alla responsabilità,
alla maturità e alle scelte decisionali del futuro.
Alla
base delle scelte sociali e politiche
c’è sempre un senso della morale, una mission
religiosa, e questo rappresenta senza dubbio il valore aggiunto dell’opera e
testimonianza di Loffredo. I suoi studi meritano attenzione innanzitutto perché
estremamente documentati, attinenti alla realtà, privi di sbavature od
imprecisioni. La stampa fascista dell’epoca ne prese atto, tanto che presto lo
stesso venne convocato per essere personalmente ascoltato in tema di
rielaborazione delle politiche per la natalità e la famiglia del regime, da
parte di Benito Mussolini.
Brienza
si sofferma anche sui contenuti e sull’impostazione di fondo delle politiche consigliate
dall’economista romano a Mussolini, ovvero sul fatto che promozione della
famiglia e della natalità dovessero basarsi
su principi spirituali, al fine di educare alla onestà ed alla purezza.
Varie
le fasi della vita di Loffredo trattate ed approfondite con grande piglio
storico in questa parte del saggio, dall’esperienza della guerra, al dopoguerra
e la collaborazione con l’Azione Cattolica di Luigi Gedda, alla mancata
carriera nella Dc.
Da
segnalare come Loffredo scelga l’Azione Cattolica e non la Dc, senza voler
incorrere con ciò in nessuna contraddizione, perché un conto era a suo avviso l’associazionismo,
altro il partito dei cattolici. Non si sarebbe trovato a suo agio in un partito
dove emergevano tendenze disgregatrici della famiglia, e componenti
divorzistiche.
C’è
poi il paragrafo dedicato all’incarico
di caporedattore nella rivista dell’INPS “Previdenza Sociale” e gli
scritti di dottrina sociale cattolica ma, ancora più attuale, è il pensiero di
Loffredo quando denuncia come annichilendo la famiglia, e innalzando
l’individuo ad unico attore senza orizzonti comunitari e legami nucleari, il
materialismo novecentesco avrebbe aggravato la crisi spirituale ed identitaria
di tutto il mondo occidentale. C’è in queste pagine di Loffredo anche la
denuncia dell’assistenzialismo, e del principio dell’aiutare de-responsabilizzando,
quindi senza insegnare il modo di cavarsela da sé.
E
ancora il diritto naturale, il buon senso che sorreggono la dottrina cristiana,
a sua volta elemento di coesione della tradizione familiare italiana finché la
stessa ha retto.
Tre
i capisaldi dell’impostazione loffrediana: la considerazione del magistero
ecclesiale come cardine della società tradizionale; l’ispirazione alla dottrina
sociale cattolica, la visione della famiglia come “istituzione” della società,
seguendo in ciò la scuola del sociologo francese Frédéric Le Play (1806-1882).
Un
Loffedo per certi versi critico della emancipazione femminile appare negli
ultimi paragrafi della ricostruzione biografica di Brienza, ma in realtà non
nelle premesse, bensì nei risultati di violenza e di svilimento della stessa femminilità
che si saranno in effetti avuti, soprattutto dopo il Sessantotto.
Nell’opera
di Loffredo scopriamo l’influenza fondamentale di due matrici, la Nazione ed il
Sociale, integrate in una maniera spirituale di concepire i rapporti umani, e
gestire contestualmente la cosa pubblica.
Nel
volume si passa poi al tema più specifico dei principi della politica e legislazione
sociale con la riproposizione, curata e integrata nell’apparato bibliografico
dallo stesso Brienza, del saggio di Loffredo intitolato “La sicurezza sociale nelle dichiarazioni del Pontefice Pio XII”, originariamente
pubblicato su “Previdenza Sociale.
Rivista bimestrale dell’I.N.P.S.” (anno XIV, n. 4, Roma luglio-agosto 1958,
pp. 781-795). In tale poco noto contributo, emerge il pragmatismo e la inculturazione
del messaggio della Dottrina Sociale della Chiesa nella impostazione adottata
da Loffredo, nonché nelle conclusioni proposte sul Magistero sociale di Papa
Pacelli (pp. 74-92).
Il
volume si conclude con una rassegna bibliografica delle pubblicazioni di
Loffredo sul tema dello "Stato sociale" in Europa e negli Stati Uniti
dagli anni 1930 agli anni 1960 (cfr. Bibliografia
“tematica” fra gli scritti di F.E. Loffredo su Stato sociale e politica della
famiglia, pp. 93-103). Ci si chiederà perché questo arco temporale: si
tratta degli anni in cui Loffredo scrisse di più sul tema su riviste e
pubblicazioni nazionali ed internazionali, a proposito di libri e studi usciti
in materia, anche nelle aree di lingua tedesca, inglese e spagnola, lingue che
parlava e intendeva perfettamente.
Brienza dimostra con la ricerca su questo personaggio ingiustamente
sconosciuto dalla storiografia nazionale, che esiste la possibilità anche nel
futuro di determinare scelte sociali d’ispirazione cattolica che non
contrappongano libertà ed autorità, modernità e tradizione. Scelte e politiche
che riprendano l’evoluzione pur presente nella contemporaneità di una sana modernità, perché cristianamente
anche se spesso inconsapevolmente radicata, al fine di rigettare il teorema
progressista della negazione toto corde, delle radici cristiane dell’attuale
civiltà occidentale.
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