Di Danilo Quinto(*)
Era impressionante assistere, nello scorso mese di settembre, ad un documentario di Rai Tre nel quale si ascoltavano turisti occidentali ultrasessantenni che con la bava alla bocca descrivevano il piacere che provavano grazie alla compagnia di bambine o bambini thailandesi, comprati per pochi euro. “Le ragazze di qui sono eccezionali – diceva uno di loro. Sanno cucinare bene. Fanno ciò che vuoi. Con loro c’è la libertà, quella totale. Si può fare
l’amore, tutte le volte che si vuole e lo fanno bene. Le nostre, no. Le europee non fanno più l’amore, sono fredde”. E un altro, affermava: “Qui con loro, ti senti veramente giovane. Nei nostri paesi, invece, anche se hai soldi, ti senti un vecchio. Qui invece, con pochissimi soldi, ti senti di nuovo giovane. E’ bellissimo. Stai da Dio”. E un altro ancora, diceva: “Queste donne sono appassionate, affascinanti, sempre servizievoli. Dicono sempre ‘come vuoi tu’. Ti fanno sentire come in Paradiso e sono dolcissime, comprensive. A differenza delle nostre donne, che vogliono essere uguali a noi. Qui in Asia, le donne sono capaci di amare”. Si compra la miseria, per soddisfare le proprie voglie sessuali e lo si chiama pure amore. Dopo aver depredato per secoli i paesi sottosviluppati delle risorse primarie e dopo aver fornito loro solo la prospettiva dell’assistenzialismo, che ha fatto danni rilevantissimi e difficilmente riparabili, ora l’Occidente opulento ed edonista sfoggia in quegli stessi paesi – in molti dei quali, imperversa l’AIDS, nella sola Thailandia vi sono un milione di ammalati – i suoi biechi e sporchi istinti sessuali. I turisti occidentali cercano quei luoghi dove pensano di poter praticare comportamenti criminali gravissimi garantendosi l’impunità, sapendo che troveranno bambine e bambini e adolescenti disposti, innanzitutto per necessità e gestiti dalle organizzazioni criminali facenti capo al traffico degli esseri umani, a fare mercimonio del proprio corpo e a negare la propria dignità di persone.
Contro questo fenomeno, esistono norme internazionali, ma vengono tutte disattese. La Dichiarazione di Stoccolma, adottata in occasione del Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei bambini (1996) definisce il Commercial Sexual Exploitation of Children(CSEC) - lo sfruttamento sessuale commerciale dei minori - come "... una violazione fondamentale dei diritti dei bambini”. Comprende l'abuso sessuale da parte di un adulto e una retribuzione in natura e/o in denaro corrisposta al bambino da terze persone. Il bambino viene trattato sia come oggetto sessuale sia come oggetto commerciale e rappresenta una forma di coercizione e violenza esercitata nei loro confronti ed equivalente ai lavori forzati ed a una forma di schiavitù contemporanea, favorita dagli interessi economici dei gruppi locali che lo gestiscono, che si alimenta e sfrutta la lotta per la sopravvivenza di strati consistenti della popolazione in molti paesi ed in alcuni di questi riveste caratteristiche di massa. Il carattere della transnazionalità e della globalità degli spostamenti ha contribuito alla diffusione e all’ampliamento di questo fenomeno.
Secondo dati dell’UNICEF, lo sfruttamento sessuale minorile a fini commerciali coinvolge ogni anno circa un milione di bambini, ma le stime sono molto difficili da valutare, perché si tratta di un mercato clandestino, le cui forme principali e interconnesse di sfruttamento sessuale commerciale sono la prostituzione, la pornografia e la tratta per scopi sessuali. Altre forme di sfruttamento comprendono il turismo sessuale infantile, i matrimoni precoci e quelli forzati.
Tutto questo avviene, nonostante i principi e le norme internazionali. Come, ad esempio, l'art. 34 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, che stabilisce: "Gli Stati si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e violenza sessuale.."; mentre nell'art. 35, l'impegno degli Stati viene esteso ad impedire il rapimento, la vendita e la tratta per qualunque fine e sotto qualsiasi forma. Questi impegni sono stati reiterati nel Protocollo Opzionale alla Convenzione sulla vendita dei fanciulli, prostituzione infantile e pornografia infantile, del giugno 2000. Tra i programmi delle Nazioni Unite sono da ricordare, nel 1992 il Programma di Azione per la prevenzione della vendita di fanciulli, prostituzione infantile e pornografia infantile e nel 1996, il Programma di Azione per la prevenzione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione.
In base ai dati diffusi da ECPAT (End Child Prostitution, Pornography and Trafficking) - una rete internazionale di organizzazioni, presenti in 78 paesi, che opera per eliminare la prostituzione e la pornografia infantili e il traffico di minori a scopo sessuale – il turismo sessuale ha una dimensione globale, interna ad un problema ancora più grande, che è quello della prostituzione infantile e della tratta di esseri umani.
Le destinazioni prevalenti del turista sessuale - si contano tre milioni di partenze ogni estate nel mondo, nel 90-95% dei casi, sono maschi tra i 20 e i 40 anni di età, appartenenti a classi sociali diverse; 80 mila solo dall'Italia, con una età media di 27 anni, il 60% occasionali, il 35% abituali e il 5% pedofilo - sono numerosi paesi dell’Asia (Thailandia, Vietnam, Laos, Cambogia, Filippine, Nepal, Pakistan, Russia, Taiwan, Cina, Sri Lanka, India, Indonesia) e dell’America Latina: Brasile, Colombia, Messico, Venezuela, Cuba, Repubblica Dominicana. In quest’ultima, sono circa 30.000 i minori, tra gli otto e diciassette anni, coinvolti nel mercato della prostituzione. La percentuale dei turisti che si reca nel paese caraibico per turismo sessuale risulta, invece, attestarsi tra il 15% e il 20% del totale. I principali paesi di provenienza sono i vicini Stati Uniti, e poi il Canada, l’Italia, la Spagna, la Germania e la Francia. Oltre alla prostituzione esiste un vero traffico internazionale di donne dominicane, destinate a essere sfruttate soprattutto in Europa occidentale, Argentina, Brasile e Costa Rica.
In Africa, la meta preferita è il Kenya, dove un rapporto UNICEF rileva che il 38% dei clienti dei minori fatti prostituire sono locali, seguiti dagli occidentali: italiani 18%; tedeschi 14%; svizzeri 12%; francesi 8%. La pratica si è diffusa in tutto il paese, in particolare a Malindi, Lamu, Mombasa e Nairobi. Tra le 10 e le 15mila bambine si prostituiscono e lo fanno per professione.
Dai dati diffusi da Ecpat si rileva che le bambine che vengono abusate sessualmente hanno un’età tra gli 11 e i 15 anni, mentre i bambini vanno dai 13 ai 18 e che gli incontri spesso vengono filmati e immessi nella rete. Il turismo sessuale femminile - e questo è un fenomeno in grande espansione, al quale è stato dedicato perfino un film, “Paradise: Love”, all’ultimo festival di Cannes - si rivolge, invece, oltre che in Kenya, in Gambia, Senegal oltre che a Cuba, in Brasile, in Colombia.
In Europa le partenze principali dei turisti sessuali si verificano da Germania, Olanda, Regno Unito, Francia, Belgio, Spagna e Italia. Dal Continente americano: Stati Uniti, Canada e Brasile.
Negli ultimi anni, un passo importante nella lotta contro il turismo sessuale è stato rappresentato dal tentativo di sensibilizzare il settore del turismo (dai tour operators, agli alberghi, alle agenzie di viaggio, fino ad arrivare direttamente al turista), con l’obiettivo di promuovere buone pratiche per un turismo maggiormente responsabile. Nel Luglio 2007 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (COE) ha adottato la Convenzione di Lanzarote che ha visto la partecipazione attiva dell’Italia in tutte le fasi della stesura del testo. Ad oggi sono 17 gli Stati ad averla ratificata.
La dimensione del fenomeno, che rappresenta una delle piaghe meno conosciute e più violente di sfruttamento di bambini e adolescenti nel mondo, richiederebbe però ben altra volontà e capacità di incidere da parte dei Governi occidentali, soprattutto europei, ormai troppo dediti a porre attenzione ai numeri dello spread piuttosto che ai valori da esportare in quei paesi che vivono solo di miseria.
(*) Fonte: Il Timone – febbraio '13
1 commento:
Alla luce degli stravolgimenti in atto (che minano la stessa base antropologica della ns. società), non mi stupirei se tra breve tempo il problema del turismo sessuale non venisse totalmente derubricato. Dopo tutto verrà considerato come un legittimo orientamento sessuale (tra l'altro si "farebbe del bene" andando a sostenere oggettive situazioni di difficoltà economica in paesi ancora in via di sviluppo ...).
Sembra fantascienza, ma non più di tanto.
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