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di Piero Vassallo
In Verona, dai torchi della vivacissima casa editrice Fede & Cultura, è uscito in questi giorni il libro dell'intervista, che il coraggioso e dotto sacerdote romano Ennio Innocenti ha rilasciato allo scrittore Fausto Belfiori e al di lui collaboratore Carlo Fabrizio Carli.
Il libro è un'occasione per ricostruire il cammino spirituale e intellettuale di un nobile protagonista della resistenza cattolica all'aggressione, che è orchestrata dai promotori della suggestione neognostica, torbida menzogna trionfante sotto la copertura della contraffatta scienza e della libertà tiranna.
La vicenda spirituale di don Ennio ha inizio nel campo di concentramento di Coltano, dove il futuro sacerdote, prigioniero giovanissimo degli americani, recupera miracolosamente la serenità e ricostruisce la memoria del Padre Nostro.
A Coltano Ennio era prigioniero alla fine della guerra civile: giovanissimo (aveva solo tredici anni) e senza colpa. Sulla sua esistenza incombeva la memoria dell'attentato in cui era stato assassinato il padre, eroico combattente di due guerre e istruttore dell'esercito repubblichino.
Rimasto orfano, Ennio aveva ottenuto generosa ospitalità presso il reparto fascista di cui era stato comandante il babbo. Una colpa che gli costò insulti, percosse e infine la prigionia.
Nel campo di concentramento, rammenta don Ennio, tuttavia "la mente si aprì a nuovi orizzonti, grazie a intellettuali fascisti prigionieri che impartirono lezioni di cultura generale ai trenta adolescenti rinchiusi come me. ... Nel campo ritrovai poi la Chiesa: fu lì che potei confessarmi e comunicarmi e rimettere ordine nella mia visione del mondo".
Ennio uscì da Coltanto e si rifugiò da amici di Lucca, convinto che dopo la caduta del fascismo agissero soltanto tre attori: Dio e la Chiesa, da una parte, dall'altra gli americani egemoni e i russi.
Se non che gli accadde di ascoltare una predica di padre Riccardo Lombardi, il quale spiegava agli italiani che l'unico protagonista della storia era Cristo.
Di qui la vocazione al sacerdozio, contrastata da un'imprevista difficoltà: Ennio aveva quattordici anni e aveva frequentato solamente la quinta elementare.
Ottenuta la licenza media grazie all'aiuto di un sacerdote che lo fece accogliere nel seminario dei gesuiti a Cesena. In seguito frequentò il liceo nel seminario di Fano e, ottenuta una borsa di studio, fu accolto nel prestigioso Collegio Capranica.
Nel 1958, quando era già ordinato sacerdote, conobbe padre Virginio Rotondi, che lo persuase a scrivere di spiritualità, indirizzandolo alla straordinaria avventura del testimone saggio e intrepido.
Affascinanti sono sopra tutto le pagine del libro nelle quali don Innocenti disegna il profilo degli innovatori - filosofi e teologi - che hanno causato il disagio del cattolicesimo postconciliare, alzando le bandiere del compromesso con la (agonizzante) filosofia di Kant.
Di padre Henri de Lubac, ad esempio, rammenta che nel racconto della sua storia personale "riferisce che i Teologia, da studente, si era orientato verso Maréchal, ossia verso il Trascendentalismo (Maréchal è, infatti, il gesuita che ha tentato la conciliazione tra Tomismo e Kantismo) ... In un primo tempo pensavo che il suo errore fosse soltanto di metodo; invece con gli anni e con lo studio mi sono accorto che l'errore è molto più grave, perché apre le porte a un irenismo indiscriminato".
Di von Balthasar scrive: "mi accorsi chiaramente che mancavano le basi filosofiche serie per poterlo considerare un teologo sicuro. ... Fu instradato da De Lubac e dal gesuita Przywara, che era anche lui sulla linea marechalliana".
A proposito dell'avventuroso ecclesiologo Congar, don Ennio afferma: "egli ha influito certamente, però si è trovato bloccato nelle sue speranze perché il papa Paolo VI, messo sull'avviso, emanò quella famosa nota previa che ha vanificato le ambizioni di una Chiesa ... di tipo anglicano".
Su Martin Heidegger, il maestro e l'ispiratore di Karl Rahner, don Ennio formula alcune considerazioni originali: "Alla scuola trascendentalista di Husserl, egli (Heidegger) ha concepito il suo libro Essere e tempo, che subito apparve come un conato di distruggere tutta la metafisica cristiana, come un tentativo di chiudere l'Essere nel Tempo".
In definitiva don Ennio dimostra che il malessere cattolico ha origine dall'influsso esercitato dalla filosofia di Kant, un oggetto polveroso e obsoleto, che è custodito solamente in conventicole anacronistiche. E dall'opera oracolare di Heidegger, un autore screditato dagli esiti paradossali del suo funambolico pensiero.
L'intervista a don Ennio Innocenti, pertanto, è raccomandata al lettore cattolico quale efficace contrasto ai complessi d'inferiorità, che spingono le sedicenti avanguardie cattoliche a cercare un rifugio sontuoso nelle tane dei topi morti.
Recensione tratta da Riscossa Cristiana del 25 gennaio 2013
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