Questi nostri tempi

Di Danilo Quinto
Il titolo è preso a prestito da un monologo a firma Gaber-Luporini, per il Teatro Canzone. Il testo è del 1995, ma sembra scritto oggi. Il primo gennaio sono trascorsi dieci anni dalla morte di Gaber. Ricordiamolo così: “In uno dei miei rari momenti di lucidità, mi sono guardato allo specchio e mi sono accorto che il mio pensiero aveva bisogno di un lifting. Al momento ho attribuito questa mia defaillance a un mio
precoce rincretinimento senile. Poi mi sono guardato intorno e… non è che mi sia sentito intelligente, però mi sono consolato.
Ecco, ho capito che un uomo oggi meno esprime il suo pensiero meglio è. Tutt'al più può esprimere un parere. Ma i pareri, si sa, son come i coglioni: ognuno c'ha i suoi.
E così, a poco a poco, in me è maturata l'idea che il mondo occidentale europeo, antica culla della civiltà, avrebbe proprio bisogno di un nuovo pensatore, fresco e pieno di vigore.
No, per carità, non intendo candidarmi. Non sono né fresco né pieno di vigore e soprattutto non sono un pensatore.
Ho soltanto la sensazione che in questi nostri tempi pensare voglia dire vivere in un cimitero.
Eh, sì, bisognerebbe ridar vita alla filosofia, che è morta, poverina. Certo, una nuova filosofia che sappia illuminare la mente e riscaldare il cuore dell'uomo del Duemila.
Solo che filosofare oggi, così ridotti come siamo, è come in una gelida giornata d'inverno farsi addosso una pisciatina per sentire un pò di teporino…”.

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