di Danilo Quinto
È il 1472. Il Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca del mondo, nasce come “Monte Pio”, per volere delle Magistrature della Repubblica di Siena e viene espressamente istituito per dare aiuto alle classi più disagiate della popolazione in un momento particolarmente difficile per l’economia locale. La
sua attività, in ideale prosecuzione delle grandi tradizioni commerciali e creditizie della città di Siena, ebbe una rapida evoluzione in senso tipicamente bancario, specie a seguito delle riforme del 1568 e del 1624.
Così inizia, sul sito del Monti dei Paschi di Siena, il racconto della storia della banca. Oggi, quella stessa banca, è al centro di un intrigo, di cui peraltro non sono ancora chiari i contorni e le intere responsabilità. Una cosa, però, è chiara, anche grazie a questa vicenda: l’opacità nella quale si muove un’intera classe dirigente e politica, incline all’inseguire il consolidamento economico e finanziario dei grandi interessi costituiti, in funzione di lobby e gruppi di potere sempre più accaniti e a negare qualsiasi dignità ai bisogni e agli interessi anche materiali, di sopravvivenza, di un numero sempre più elevato di persone.
L’importo di denaro pubblico devoluto alla salvezza di questa banca – sempre che quell’importo sia sufficiente – è pari a quanto gli italiani hanno versato per l’imposta sulla casa. In nessun paese del mondo accadrebbe una tale abnormità. In Italia succede perché il sistema, ormai putrefatto nelle sue fondamenta, si autoalimenta e perpetua nell’ignoranza dei più e nella complicità di molti.
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