L’“Agenda Monti” e il ritorno del catto-comunismo

di Danilo Quinto
 Negli ultimi vent’anni, non è esistito Governo più disastroso di quello presieduto da Mario Monti rispetto all’andamento dell’economia reale e ai conti pubblici dell’Italia nei confronti dell’Europa e a tre indicatori (PIL, disoccupazione, produzione industriale); per altri due indicatori (debito e inflazione) è tra i governi peggiori degli ultimi 15 anni. La
manovra Monti, imperniata all’85% sulle tasse, ha generato povertà e ha distrutto l’economia reale (ricchezza, lavoro, produzione), creando inflazione e ottenendo risultati fortemente negativi sul fronte delle finanze pubbliche rispetto al triennio precedente. Ciò nonostante, con una decisione senza precedenti per quanto riguarda i rapporti tra Chiesa e Stato, la Conferenza Episcopale Italiana, per bocca del suo presidente, il cardinale Angelo Bagnasco, sostiene Monti nel suo proposito di divenire elemento dirimente e decisivo dello scenario politico. «Monti – ha detto recentemente Bagnasco – ha presentato un modo, una strada, che mi pare sia offerta alla riflessione seria e onesta di tutti, indistintamente, creando secondo le scelte di ciascuno un consenso, una posizione. Mi pare sia un metodo innovativo sotto questo profilo e tutti quanti, se vorranno, nel mondo politico e nella gente, potranno misurarsi su queste proposte concrete».
Quali sono queste proposte? Basta leggere l’agenda Monti per farsi un’idea. La “proposta” che sta alla base del programma, è la creazione di un vincolo di dipendenza del nostro Paese nei confronti delle scelte economiche degli organismi europei, primo fra tutti la Banca Centrale, avendo Monti chiarito che rispetto all’unità politica dell’Europa, nutre forti dubbi. Sul piano della crescita e dello sviluppo, nulla viene detto, come del resto hanno dimostrato gli ultimi dodici mesi. Rispetto alla famiglia, cardine di quella “società naturale” di cui la Chiesa si è fatta promotrice in duemila anni di storia, non c’è traccia di alcun elemento che infondi speranza. Sui principi non negoziabili, men che meno. Si sa, di contro, che i futuri alleati di sinistra dei centristi che sostengono Monti, si sono già detti favorevoli al matrimonio tra coppie dello stesso sesso e che nel documento della “truppa” che si è radunata attorno a Italia Futura (Riccardi, Olivero, Costalli e Bonanni), «non vi è alcun riferimento a temi molto cari alla tradizione cattolica, come ad esempio i “valori non negoziabili”, che avrebbero forse posto qualche difficoltà a firmatari provenienti da altre tradizioni», come ha scritto Andrea Romano, intellettuale vicino a Montezemolo, in risposta a Oscar Giannino. Monti chiarisce a Eugenio Scalfari in un’intervista del 23 dicembre apparsa su “la Repubblica”, i suoi propositi: si definisce laico, al pari di Scalfari; non intende rifare la Democrazia Cristiana e ritiene indispensabile una grande alleanza con il Partito Democratico. Sono gli stessi propositi che enuncia il portavoce in pectore di Monti, Andrea Riccardi, che sembra voglia incarnare i richiami di Benedetto XVI sulla presenza di politici “credenti e credibili”, tenendo presente che il Papa non ha mai chiesto a un movimento ecclesiale – tale è la Comunità di Sant’Egidio – di fare politica attiva. Candelina sulla “torta” che si sta preparando, gli editoriali del direttore di “Avvenire”, che declinano il futuro: «Ci sono fasi della vita dei Paesi – ha scritto Tarquinio – nelle quali forze alternative coniugano i propri sforzi anche solo su temi ben definiti nell’interesse nazionale. Ma perché questo accada in Italia, occorre che ci siano almeno due buoni e grandi pilastri in un quadro politico rinnovato». Insomma, lo scenario è quello già visto per molti decenni: il consolidamento di una cultura e di una politica catto-comunista, che rappresenta la negazione dell’essenza stessa del cristianesimo, che è amore per la libertà e per la verità.

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